Alternanza politica, la democrazia ne beneficia

Politica. Le democrazie moderne si basano su tre capisaldi: la libertà, la legittimità, la legittimazione. La libertà implica uno spazio autonomo nel quale ciascuno può operare, facendo con ciò valere i suoi interessi e i suoi diritti. Ciò a patto, naturalmente, di non invadere la sfera dei diritti altrui e di tenere conto degli interessi degli altri componenti la società.

Il perimetro della «libertà dei moderni» viene circoscritto, di conseguenza, nel bilanciamento di diritti e doveri. In un continuo intersecarsi dei due elementi. Nelle società democratiche la legittimità, a sua volta, trova il suo pilastro nel principio di legalità. Le leggi sono l’estrinsecazione di tale principio e definiscono in concreto le norme alle quali tutti i cittadini sono tenuti a conformarsi. Ne consegue che non c’è libertà senza legalità e che, quest’ultima, rappresenta il baluardo che tutela coloro che agiscono secondo le regole e, nel contempo, punisce i trasgressori. Il terzo pilastro – la legittimazione – si inserisce sul rapporto tra poteri pubblici e cittadini, concretizzandosi nel principio della rappresentanza politica. In base a questo presupposto, prevalere nelle competizioni elettorali conferisce ai vincitori (quale che sia il sistema elettorale) il diritto di governare.

Anche per quanto riguarda la legittimazione come esito di scelte dei cittadini elettori, esiste un vincolo, teso a porre un limite: la maggioranza di governo deve – pur nella legittima parzialità delle scelte politiche – operare nell’interesse generale, rispettando i diritti delle minoranze. Le Costituzioni, già a partire da quelle emanate nel 1848, sanciscono i principi fondamentali dei diritti e dei doveri e ne fissano gli ambiti. Il circuito libertà/legittimità/legittimazione rappresenta un archetipo che, nel tempo e nello spazio, ha trovato attuazione difforme. Sotto tale profilo, le dittature affermatesi in alcuni Paesi europei nella prima metà del Novecento hanno rappresentato una rottura profonda con i principi democratici. Non a caso, in Italia la Costituzione repubblicana ha come presupposto basilare il suo essere antifascista.

Di conseguenza, le norme costituzionali fissano con chiarezza i principi ai quali la legislazione deve corrispondere. Nella storia repubblicana si sono avuti ondeggiamenti e cambiamenti legati alla forza dei singoli partiti politici e/o delle alleanze tra alcuni di essi. Di fatto ciò che è praticamente venuta a mancare è una concreta possibilità di alternanza di governo tra le forze progressiste e quelle conservatrici. Nei primi quattro decenni successivi alla guerra mondiale le forze di sinistra erano escluse dal governo o rappresentavano una piccola appendice a quelle centriste guidate dalla Dc. Il terremoto politico del 1992 ha scompaginato gli equilibri precedenti. A farne le spese sono stati i partiti tradizionali che hanno visto franare il consenso popolare.

All’opposto, a lucrare un vantaggio sono state poi le formazioni politiche di natura populista. Ne è conseguita una sequela di governi traballanti, inframmezzati da «governi del Presidente», determinati dalla mancanza di maggioranze parlamentari solide. Attualmente, l’esito elettorale del settembre 2022 ha portato alla formazione di un esecutivo fortemente sbilanciato a destra. In siffatta situazione l’elezione di Elly Schlein alla guida del Pd costituisce, insieme, un’incognita e un’opportunità. L’incognita si diraderà in tempi brevi. L’opportunità è data dai tempi. Le prossime elezioni politiche si dovrebbero tenere tra oltre quattro anni. La segretaria del Pd ha il tempo di rilanciare il partito, ridando fiato alle esigenze dei ceti sociali più deboli, e di ricostruire una rete di consensi utile a farne il perno di una possibile alleanza di forze progressiste in grado di competere con quelle conservatrici. Se l’alternanza diverrà un elemento stabile del quadro politico, se ne avvantaggerà il sistema democratico nel suo complesso. Con il risultato di mandare in cantina le risse da condominio che continuano a campeggiare nel dibattito politico.

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