L'Editoriale
Giovedì 08 Novembre 2018
Alleati litigiosi
Equilibri fragili
Vivere pericolosamente. Grillini e leghisti stanno imparando a loro spese e molto in fretta quanto è difficile la vita di un governo di coalizione. Sono lontani i tempi in cui, scrivendo il «Contratto», riuscivano ad evitare uno scoglio semplicemente mettendo giù una frase generica (come sulla riforma della prescrizione), e adesso è venuto il momento delle scelte, dei compromessi reciproci, delle trattative che rischiano ad ogni passo di portare ad una rottura politica.
È esattamente quello che sta capitando in questi giorni sui vari provvedimenti riguardanti la giustizia e la sicurezza: anticorruzione, prescrizione, sicurezza e politica migratoria. Molti vedono nelle continue tensioni in aula tra i due gruppi di maggioranza impegni a discutere i decreti l’avvio di un logoramento del governo che potrebbe portare ad elezioni in primavera, addirittura prima delle elezioni europee di maggio. Intendiamoci, a questo mondo nulla si può escludere, soprattutto in politica, ma è improbabile che M5S e Lega decidano di suicidarsi affondando un governo a pochi mesi dal suo varo: ne sarebbero danneggiati entrambi.
È semmai più probabile che continui questo andamento nervoso e litigioso, quasi un conflitto a bassa intensità, che tuttavia ogni volta viene compensato da un accordo dei capipartito. I quali naturalmente, come tutti gli alleati, vivono di sospetti reciproci e si comportano di conseguenza. Un esempio lampante lo abbiamo visto proprio ieri.
Ieri Salvini ha ottenuto la fiducia del Senato sul «suo» decreto sicurezza. Molti hanno notato le defezioni al momento del voto da parte di Di Maio e dei ministri grillini, altri hanno trovato nel discorso del capogruppo dimaiano una ostentata avarizia nel riconoscere la validità del provvedimento. Ma ciononostante – e nonostante l’uscita dall’aula per protesta di cinque senatori pentastellati dissidenti che presto verranno puniti – il decreto ha avuto la fiducia di Palazzo Madama con i numeri che ci si aspettava. Adesso però il testo deve ricevere anche quella di Montecitorio. Per arrivare bene a quell’appuntamento Di Maio pretenderà in cambio da Salvini un impegno sull’emendamento presentato dai suoi al decreto «anticorruzione» che blocca la prescrizione sin dal primo grado di giudizio, anche in caso di assoluzione. La Lega non ne vuol sapere, pensa che sia una «follia» e vi vede un regalo alla discrezionalità del magistrato: così si resta sotto processo per tutta la vita, dicono. Per cavarsi di impaccio e prendere tempo, Salvini butta la palla in avanti e dice che servirebbe ben altro, una riforma organica della giustizia che non funziona, e che insomma ci vuole tempo oltre che idee chiare su tutto. I grillini capiscono l’antifona e insistono: se non passa la prescrizione, niente fiducia sulla sicurezza. In qualche modo si metteranno d’accordo, beninteso.
Ma tutto questo ci dice che siamo dentro una «normale», incerta e ambigua vita di coalizione, quella stessa che i governi hanno vissuto, nello stesso modo di oggi, nella Prima come nella Seconda Repubblica. Questo è il logoramento che prima o poi qualcuno dei partiti di maggioranza pagherà. C’è da aggiungere che non viviamo nemmeno in tempi normali. La data del 13 novembre si avvicina e per quel giorno il governo italiano dovrà rispondere alla bocciatura della manovra da parte della Commissione europea. Se la risposta non soddisferà i commissari di Bruxelles, sostenuti da tutti i Paesi della Ue e dell’eurozona, nessuno escluso – sarà inevitabile l’apertura della procedura di infrazione con pesanti penalità per l’Italia (che secondo alcuni sarebbe già tornata in recessione) messa all’angolo come Paese fuori delle regole. È chiaro che difficoltà di questa portata non giovano alla tranquillità della vita di governo.
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