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Lunedì 18 Novembre 2024
Via al bonus per pagare la baby sitter, «ma ottenerlo è una corsa a ostacoli»
L’AIUTO. Dalla Regione 400 euro al mese per il rientro al lavoro delle mamme. Amboni (Cgil): «Proposito buono, però requisiti stringenti: difficile accedere».
L’obiettivo, messo nero su bianco, è quello di «sostenere l’ingresso o il rientro nel mercato del lavoro delle donne con carichi di assistenza e cura nei confronti di figli e parenti». Per farlo, Regione Lombardia ha lanciato un nuovo voucher da 400 euro al mese per contribuire al pagamento delle baby sitter, ma col rischio – osserva la Cgil – che i requisiti per richiederlo lo trasformino in una «corsa a ostacoli».
Chi può richiederlo
Il bando, dal titolo «Lombardia per le donne», è aperto sino al 15 dicembre sul sito www.bandi.regione.lombardia.it. Potranno richiederlo le donne che abbiano sottoscritto un nuovo contratto di lavoro subordinato o parasubordinato da non più di 60 giorni e con la durata di almeno 6 mesi, purché precedentemente disoccupate da almeno tre mesi; oppure le donne che da non più di 60 giorni abbiano trasformato da part-time a tempo pieno il proprio contratto. Nel perimetro della misura rientrano anche le donne con partita Iva aperta da non più di 60 giorni o titolari di impresa individuale da non più di 60 giorni, purché fossero prive di occupazione da almeno tre mesi.
Il voucher non ha limiti Isee: se la domanda viene accettata, il contributo della Regione sarà di 400 euro al mese per un anno, più un bonus una tantum fino a 300 euro a rimborso delle spese per i servizi di gestione amministrativa del contratto
La Regione: «Lombardia apripista»
Per accedere al bonus, queste donne devono avere a carico figli fino a 14 anni, oppure fino a 18 anni con disabilità, oppure parenti fino al secondo grado maggiorenni con disabilità, e devono aver stipulato un regolare contratto per prestazioni di baby- sitting, educazione, assistenza o cura. Il voucher non ha limiti Isee: se la domanda viene accettata, il contributo della Regione sarà di 400 euro al mese per un anno, più un bonus una tantum fino a 300 euro a rimborso delle spese per i servizi di gestione amministrativa del contratto. Per Simona Tironi, assessore regionale al Lavoro, «Regione Lombardia fa da apripista a livello nazionale. Per le donne, la decisione di lavorare e le modalità con cui svolgere questa attività sono spesso influenzate dalla responsabilità di assistenza che hanno nei confronti di minori o parenti non più autosufficienti. Sono quindi costrette ad accettare una sfida di particolare difficoltà che, inevitabilmente, si riflette su persone che non hanno a disposizione servizi di sostegno. “Lombardia per le donne” consente di conseguire due obiettivi importanti: garantire posti di lavoro alle mamme che possono guardare al tempo pieno con maggiore serenità e, contemporaneamente, contribuire all’emersione del lavoro nero di colf e badanti che non sempre sono regolarmente contrattualizzate».
La Cgil: «Troppi paletti»
Per la Cgil, però, il rischio è quello di una «corsa a ostacoli». Con una premessa: «Gli obiettivi dichiarati, cioè il sostegno all’occupazione femminile e il contrasto del lavoro nero nei servizi domestici e di cura, non sono solo “buoni”, ma “ottimi”», specifica Orazio Amboni, del Dipartimento Welfare della Cgil Bergamo. Il nodo, per il sindacato, è nei paletti piuttosto stringenti per accedere al bonus: «Peccato che, come spesso accade nei bandi regionali, si tratta di una corsa ad ostacoli. Un bel titolo e quindi elevate attese – è il parere di Amboni -. Ma poi passando ai requisiti di accesso crescono gli ostacoli e alla fine della corsa solo pochi riescono ad accedere. In questo caso bisogna prima di tutto essere occupate, poi si scopre che occupate sì, ma non da più di 60 giorni. Ma non basta, andando avanti si scopre che prima bisognava essere disoccupate da almeno tre mesi, e così via. Forse avrebbe avuto più effetti un potenziamento del programma “Gol”, Garanzia Occupazione per i Lavoratori», cioè il programma gestito da Regione per l’inserimento e il reinserimento lavorativo e la qualificazione o riqualificazione professionale dei lavoratori.
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