Tra i bergamaschi a Tuttofood torna la voglia d’America

LA FIERA. Le aziende provinciali soddisfatte per i contatti con i tanti buyer: affari in vista tra Stati Uniti e Canada. «Il made in Italy e la qualità fanno ancora la differenza».

Sono arrivate in tante: hanno creduto nella ripartenza e sono state ripagate da centinaia di contatti che fanno sperare in una nuova espansione. Le 22 aziende orobiche a Tuttofood escono rinfrancate dalla kermesse che si è chiusa ieri sera: «Finalmente il post Covid è alle spalle, le difficoltà ci sono sempre, ma abbiamo toccato con mano, dialogando con i buyer esteri, quanta voglia di made in Italy ci sia ancora nel mondo», raccontano un paio di espositori mentre chiudono lo stand nell’ultima ora di fiera. La sensazione tra gli operatori provinciali è che sia soprattutto tornata la voglia di America, intesa come Usa, ma anche Canada. «I segnali sono stati evidenti – spiegano dallo stand di Molino Nicoli, di Costa di Mezzate, specializzata in prodotti per la prima colazione-: noi abbiamo già una sede commerciale in Usa e da lì arrivano le nuove tendenze: puntiamo a un incremento Oltreoceano, ma dai contatti avuti vogliamo crescere anche in Europa».

Dominano dolciario e caseario

Tra i settori dominanti, a livello orobico, come presenze a Tuttofood, spiccano il dolciario e il caseario. Nel primo gruppo, molto soddisfatto è Nicolò Vezzoli, figlio del titolare Italo Vezzoli dell’omonima azienda dolciaria di Carobbio degli Angeli. «I contatti con i buyer sono stati tanti – spiega -in particolare dagli Usa e dai paesi anglosassoni è piaciuto molto il nostro panettone senza canditi e uvetta: la qualità artigiana è ancora un valore che pesa». Concorda Federico Pizzoccheri della Piuma d’Oro di Treviglio: «le chiacchere, nostro prodotto di punta, sono state oggetto di attenzione da parte di operatori sia di Usa e Canada».

Dall’Asia al Golfo Persico

E sugli Usa punta anche la Fonti Prealpi di Almé. «Per noi è un mercato cruciale, così come quello asiatico – spiega il responsabile vendite Francesco Magni -: l’obiettivo per la nostra acqua e le bibite è avanzare ancora all’estero, anche in presenza di una concorrenza agguerrita, giocando non solo sul fattore prezzo, ma soprattutto sulla qualità». Anche dalla Casa del Dolce di Fara d’Adda, la sensazione è che sia stata «un’edizione vivace – spiega Elena Bonalumi, responsabile marketing -: molti i contatti, anche per il mercato domestico, anche se il nostro obiettivo è crescere ancora all’estero dove abbiamo già un 30% di fatturato: proprio gli Usa sono il mercato a cui puntiamo nel medio termine». America ma non solo, come conferma Fabio Quaranta, dell’omonima azienda dolciaria di Caravaggio: «Ci sono stati abboccamenti interessanti con i Paesi del Golfo Persico: anche durante la pandemia là il business non si è mai fermato e la nostra presenza costante alla fiera di Dubai ha fatto sì che ora a Milano si concretizzino alcune situazioni. Il mercato ama le novità e i nostri prodotti suscitano sempre curiosità e attenzione». Più interessata all’Europa è invece la Martinelli Factory di Madone, produttrice di scatole di latta per il food. «Nel nostro settore – conferma Silvia Martinelli, responsabile commercio estero -, con la forte concorrenza cinese, ci distinguiamo per una maggiore qualità, per cui l’Europa è più in grado di apprezzare le differenze».

Anche dal fronte caseario, giudizi positivi, col caseificio Preziosa che con la Mozzarella di Seriate punta a un maggior radicamento in Europa, mentre il caseificio Taddei di Fornovo ha incontrato «buyer europei e americani, con l’obiettivo di una crescita export più incisiva». Stesso discorso per i prodotti ittici della Ge.Ne. di Treviolo: «Tanti gli incontri che ci auguriamo di mettere a frutto nei prossimi mesi». Ma Tuttofood serve anche per consolidare il feeling coi clienti storici. «Per noi - spiega Claudio Paleni del caseificio di Casazza -, la fiera serve anche per consolidare vecchi rapporti che col Covid si erano fatalmente allentati».

Monoporzioni e regolamenti Ue

La fiera cambia pelle anche per le confezioni e nel loro formato. «Se il mercato evolve - spiegano Malrico e Sabrina Defendi, del caseificio di Caravaggio-, ci si deve adeguare in fretta: da qui una serie di prodotti da cento grammi, monodose per venire incontro ai single o a piccoli nuclei familiari». Anche alla Nuova Gastronomia di Azzano San Paolo che produce piatti per la Gdo «le richieste della clientela evolvono: è richiesto un cibo meno elaborato e più naturale, abbiamo studiato una linea di piatti unici con le proteine ben evidenziate per il consumatore». Nuovo corso che Bruno Gritti, titolare del caseificio Quattro Portoni di Cologno al Serio, ben conosce: «Abbiamo sviluppato confezioni di piccola pezzatura per avvicinarci ai consumi sempre più a misura di singolo». Un segmento in crescita quindi, a condizione che i nuovi possibili regolamenti Ue non penalizzino involucri e buste di plastica, non solo per insalate e frutta, ma un po’ per tutto l’agroalimentare. «Sarebbe un grosso guaio», ammettono in molti.

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