Strachitunt, dieci anni di Dop: «Erano 1.500 forme, ora 6mila»

CHICCA CASEARIA. Per il «papà del gorgonzola» un traguardo importante. Il presidente del Consorzio Ravasio: «Volàno del territorio per i giovani».

Non un semplice Consorzio di tutela. Ma molto di più. Quello dello Strachítunt, meraviglioso formaggio a due paste, rarità apprezzata da mezzo mondo, festeggia in questo 2024 i dieci anni dal riconoscimento europeo della Dop, traguardo che rappresenta non solo una vetrina fondamentale, ma anche un motore di sviluppo socio-economico per la Val Taleggio.

Consorzio che dimostra come la montagna possa essere opportunità, non limite, e che in questi anni ha trasformato una produzione di nicchia in un esempio virtuoso di sostenibilità e rilancio territoriale. L’iter per la Denominazione d’Origine Protetta era iniziato nel 2004, con il riconoscimento arrivato dieci anni dopo, nel 2014. All’epoca, le forme prodotte del cosiddetto «papà del gorgonzola» per la sua erborinatura naturale, erano circa 1.500: oggi si è arrivati a quasi 6mila, con un giro d’affari stimato di oltre mezzo milione di euro. «Numeri che raccontano di un territorio che ha saputo reinventarsi – spiega il presidente del Consorzio Alvaro Ravasio –. Questo consorzio ha dimostrato che, se ben gestito, il connubio tra tradizione, cultura e innovazione può creare valore anche in aree considerate svantaggiate, dando lavoro anche ai giovani».

I numeri del Consorzio di tutela dello Strachitunt

Il Consorzio lavora con 3 produttori, 5 stagionatori e una cooperativa che raccoglie il latte di 6 conferenti. E, come sottolineava Ravasio, è significativa l’età dei conferenti, tutti giovani tra i 20 e i 40 anni: una nuova generazione che sceglie la montagna come luogo di vita e di lavoro. Complessivamente, la filiera dello Strachitunt impiega direttamente 15 persone, ma considerando l’intero sistema di produzione, stagionatura e commercio locale legato al mondo caseario, i posti di lavoro salgono quasi a un centinaio.

Oltre a occuparsi della produzione di formaggio il Consorzio ha svolto negli anni e continuerà a svolgere una funzione socio-economica, creando indotto e lavoro e «aiutando» così i giovani e non solo a restare sul territorio. Ma non chiamateli «sentinelle» della montagna.

«Non siamo sentinelle – afferma Ravasio–, ma generali. Il nostro lavoro non si limita alla produzione di formaggio, ma riguarda il vivere la montagna: ci occupiamo di prati da falciare, bo

«La montagna non è un luogo di disagio, ma una scelta e un’opportunità»

schi da curare, strade da mantenere e bestiame da accudire. Ma non possiamo fare tutto da soli. Dei servizi, ad esempio, devono occuparsi gli enti preposti. Il nostro ruolo è quello di dimostrare che, con il giusto supporto amministrativo e politico, la montagna non è un luogo di disagio, ma una scelta e un’opportunità».

Questa visione si riflette nella missione più ampia che il Consorzio si è posto: valorizzare la Val Taleggio non solo economicamente, ma anche culturalmente e socialmente. «Il recupero dei pascoli – aggiunge –, l’aumento dell’attività locali e la creazione di nuovi posti di lavoro sono alcuni dei risultati ottenuti». «La cultura dei bergamini è stata per secoli un esempio di imprenditorialità – commenta Sara Invernizzi, collaboratrice del Consorzio –. Se quelle comunità sono state protagoniste nel nord Italia nei decenni passati, possiamo esserlo anche noi oggi. La differenza sta nel dialogo con le amministrazioni locali e non, che devono considerare le esigenze di un territorio in continua evoluzione».

Un modello di sviluppo sostenibile

Oltre alla produzione casearia, il Consorzio si propone come modello di sviluppo sostenibile per le aree montane. «La nostra attività dimostra che con piccoli accorgimenti amministrativi e di gestione si possono ottenere grandi risultati – continua Ravasio –. Non chiediamo

«Non chiediamo favoritismi, ma servizi essenziali

favoritismi, ma servizi essenziali che permettano a chi vive qui di condurre una vita aggiornata ai tempi e alle esigenze. La montagna non è un luogo inferiore alla pianura, alla collina o al mare, è semplicemente diversa. Come tutti questi luoghi lo sono tra loro». L’auspicio di Ravasio è che si stringa un patto aperto e leale fra pubblico e privato, per valorizzare queste realtà civili e produttive: «La fatica non è un limite, ma una realtà condivisa da chiunque lavora, non solo in montagna. Bisogna portare avanti progetti che abbiano senso e valore, come prova a fare lo Strachitunt, dimostrando come la tradizione possa essere il punto di partenza per un nuovo sviluppo».

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