Economia
Lunedì 08 Maggio 2023
Si lavora troppo, c’è l’ipotesi settimana corta
ATTUALITÀ. L’Eurostat certifica che il 9,4% degli italiani resta in ufficio per quasi 50 ore, 10 in più di quelle stabilite negli accordi sindacali. Tra i 27 Paesi Ue, va peggio solo in Grecia, Francia, Portogallo e Cipro. Urso apre: «Il venerdì libero? Se ne può parlare».
«Lavorare meno, lavorare tutti»: lo storico slogan sessantottino torna alla ribalta mentre in Europa e in Italia si discute con insistenza di settimana lavorativa corta. Ma stare al lavoro dal lunedì al giovedì con lo stesso stipendio, è ancora un sogno per molti, quasi tutti. E in Italia solo due gruppi al momento (Intesa e Lavazza) stanno sperimentando questa soluzione nata anche dalla necessità di riorganizzare il lavoro durante il periodo della pandemia, tra la necessità di protezione e quella del risparmio energetico negli uffici arrivata poco dopo con l’aggressione russa in Ucraina.
I primi passi
Un’ipotesi però già sperimentata in Gb dove di recente un rapporto governativo ha dato vita ad un intenso dibattito: la maggior parte delle aziende che ha partecipato alla sperimentazione (una sessantina) ha deciso di voler proseguire e in 18 casi l’esperimento è diventato pratica permanente. In Italia Intesa Sanpaolo ad esempio ha già riorganizzato il lavoro e introdotto un nuovo modello per i 74 mila dipendenti. Tra le principali novità appunto la settimana corta di 4 giorni da 9 ore lavorative (36 ore in tutto) a parità di retribuzione, su base volontaria e compatibilmente con le esigenze tecniche e produttive. Lo stesso ha fatto Lavazza già nel 2022.
La situazione attuale
In realtà dagli ultimi dati dell’Eurostat (aggiornati al 2022) risulta un po’ in tutta Europa una tendenza contraria: nel Belpaese, ad esempio, circa 2 milioni di lavoratori restano sul posto per 50 ore a settimana, contro le canoniche 40 ore (8 ore al giorno per 5 giorni). Si tratta del 9,4% dei lavoratori totali (circa 23 milioni) e il fenomeno in Europa riguarda molto di più gli autonomi (30%) che gli impiegati (4%). Il dato italiano è tra i più alti d’Europa: ci superano i lavoratori francesi con il 10,2%. Ma il top si raggiunge in Grecia: 12,6%. Gli irlandesi si affiancano con il 9,1%, i portoghesi sono come noi al 9,4%. In Romania il dato precipita al 2,2%, in Bulgaria allo 0,7%.
Le posizioni
In Italia il pressing dei sindacati sull’argomento è forte e lo è anche quello delle opposizioni ma il governo sembra aver già accennato un’apertura sull’argomento anche se di recente il dibattito si è concentrato con più insistenza sul taglio del cuneo fiscale nel decreto lavoro: «Sono disposto a riflettere partendo dalla realtà. - diceva a febbraio il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso - Tutto va messo in sintonia con una saggia politica industriale con l’obiettivo di aumentare produttività e occupazione». Molto cauti nella risposta i sindacati che però fanno della settimana di 4 giorni un cavallo di battaglia: «Sono chiacchiere», replicava infatti a stretto giro il leader della Cgil, Maurizio Landini. Ma anche gli industriali stanno riflettendo sulla possibile novità: «Siamo dispostissimi a sederci e a ragionare, ma non in maniera ideologica, o vanno in crisi l’occupabilità e l’occupazione in Italia», commentava il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Insomma i tempi sembrano maturi per affrontare l’argomento per la gioia soprattutto dei 2 milioni di italiani che invece al lavoro ci restano di più.
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