
Economia / Bergamo Città
Venerdì 14 Marzo 2025
«Rsa, no ai tagli ai contributi per le rette»
LA MISURA. Emendamento in Senato cancella il contributo del 50% per la parte di assistenza ai non autosufficienti. La Cisl: «Si vuol scaricare tutto sugli utenti». Le Case di riposo: «Si creano problemi nel rapporto con le famiglie».
Non c’è ancora una pronuncia definitiva, perché si è ancora alla fase discussione parlamentare. Ma il rischio c’è. Nell’ambito del disegno di legge sulle prestazioni sanitarie (e sulle liste d’attesa), che attualmente pende in Commissione Affari sociali del Senato, la maggioranza ha varato un emendamento che «taglia» il contributo che le Regioni dovrebbero riconoscere ai pazienti non autosufficienti ricoverati in Rsa con patologie cronico-degenerative, per esempio l’Alzheimer. In concreto, oggi il costo mensile di un posto letto in Rsa supera mediamente i 3mila euro: circa il 50% è a carico delle Regioni e rappresenta la «quota sanitaria», legata appunto all’assistenza di tipo sanitario, mentre l’altro 50% è a carico del paziente e copre gli altri aspetti della degenza, comprese le attività di assistenza nell’aiuto a vestirsi, a lavarsi e a mangiare; una quota, quest’ultima, che può essere in parte rimborsata dalle Asl (Ats in Lombardia) in base ai redditi.
Cosa dice l’emendamento
La normativa vigente prevede che «sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali» (e cioè quelle attività socio-assistenziali tipicamente sostenute per i non autosufficienti), mentre l’emendamento cambia il quadro, specificando che «sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario anche se connesse con quelle socio-assistenziali». La nuova formulazione, di fatto, escluderebbe qualsiasi rimborso della quota legata all’assistenza socio-sanitaria.
La protesta della Cisl
Che succederebbe qualora il disegno di legge venisse approvato includendo anche questo emendamento? «Ancora una volta si vuole scaricare sulle famiglie la responsabilità di coprire l’intera spesa di ricovero nelle Rsa, cancellando il diritto universale all’assistenza, soprattutto per le persone con disabilità gravi o gravissime», interviene G iacomo Meloni, segretario generale della Fnp Cisl Bergamo, che solleva la questione. Secondo il sindacato, sono oltre mille i bergamaschi ospiti di Rsa (su 6.500 totali) che si trovano in situazione di non autosufficienza e con redditi bassi: se quella spesa non sarà coperta dalla Regione, toccherà alle famiglie o in ultima istanza ai Comuni.
«È una scelta inaccettabile – sottolinea Meloni – che fa ricadere su malati di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative i costi di un’assistenza che non è possibile separare da quella sanitaria, e che va contro a ogni proposito che si era concordato con la riforma per la non autosufficienza. Il governo dovrebbe intervenire per alleviare il peso che già grava sulle persone più fragili e sulle loro famiglie, mentre oggi scopriamo che rischiano di essere penalizzati con costi aggiuntivi. L’emendamento, che ci auguriamo venga ritirato, rappresenterebbe un enorme passo indietro, tra l’altro di una gravità e pericolosità sociale importante. Una pugnalata alle spalle per le famiglie e le persone fragili e non autosufficienti». Poi, la chiosa: «Avanza la cultura del riarmo a discapito degli investimenti su welfare e sanità».
Le Rsa
La questione è ancora più ampia e complessa e s’inserisce in una normativa spinosa. A fronte di norme contrastanti, in tempi recenti è andata affermandosi una giurisprudenza secondo cui per i malati di Alzheimer l’intera retta deve essere a carico delle Regioni, sostanzialmente accomunando queste situazioni a quelle previste dai Lea, i Livelli essenziali di assistenza che lo Stato deve garantire. Da mesi Uneba – tra le principali associazioni a livello nazionale nel settore sociosanitario non-profit – aveva lanciato un appello alla politica affinché facesse chiarezza sulle norme, sia per le famiglie sia per le strutture. La situazione è quindi di stretta attualità: «L’emendamento proposto in Senato – spiega Fabrizio Ondei, presidente di Uneba Bergamo – è stato recentemente riscritto in una riunione di pochi giorni fa dalla conferenza Stato-Regioni con l’esclusivo fine di garantire il permanere dell’attuale assetto di compartecipazione economica, che nei servizi per anziani prevede il 50% di costo a carico del fondo sanitario e la restante parte a carico dell’ospite ed eventualmente i suoi familiari o il Comune, laddove vi sia una situazione di bisogno valutata attraverso l’Isee. La stessa Uneba si è fatta parte attiva per garantire questa situazione di certezza normativa, con particolare attenzione al fatto che in ogni caso le Regioni garantiscano agli ospiti il 50% dei costi, e non valori inferiori come attualmente effettuato da molte realtà territoriali».
«La questione sta ponendo diversi problemi anche nel rapporto tra Rsa e famiglie – rileva Cesare Maffeis, presidente dell’Acrb, l’Associazione delle case di riposo bergamasche -: il problema è legato ad alcune sentenze e a una normativa poco chiara, con conseguenze che mettono in cattiva luce le case di riposo, quando invece la responsabilità è di chi disciplina le norme (cioè lo Stato, ndr)».
«È un tema anche di finanza pubblica – osserva Fabrizio Lazzarini, direttore generale di Fondazione Carisma, la più grande Rsa della Bergamasca, impegnata particolarmente sui pazienti con Alzheimer -: garantire l’intera copertura delle rette ai pazienti Alzheimer ha dei costi che difficilmente lo Stato o le Regioni possono coprire. Ma lasciare tutto a carico delle famiglie è pericoloso, sarebbe un salto indietro nel tempo».
«Credo che una manovra così pesante non possa essere assolutamente accettata – sottolinea Barbara Manzoni, presidente dell’Associazione San Giuseppe che rappresenta le Rsa d’ispirazione cattolica -. Ci sono molti interessi contrapposti: le Rsa devono garantire assistenza e posti di lavoro, il Servizio sanitario nazionale la possibilità di sostenere tutti i cittadini e le famiglie che non possono sostenere interamente l’assistenza data dalle Rsa. Tutto ciò si somma alla sentenza della Cassazione che già imputa totalmente al servizio sanitario l’assistenza per i malati di Alzheimer. Anche questa pronuncia non può essere accettata poiché farebbe “saltare il banco” del servizio sanitario, convogliando tutte le risorse per una sola tipologia di assistenza, privando tutti gli altri cittadini della possibilità di essere adeguatamente assistiti con prestazioni a carico del servizio sanitario. In questo quadro è evidente il necessario e urgente intervento del legislatore, che faccia chiarezza, tenendo conto degli interessi di tutti, affinché il sistema possa funzionare garantendo a ogni cittadino una adeguata assistenza e accesso alle prestazioni sanitarie in regime di Ssn».
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