Premi per trattenere i lavoratori, ma busta leggera per i neolaureati

L’INDAGINE. Tasso di turnover nelle «piccole» al 42%, spinto anche dalle dimissioni volontarie. Rota (Confindustria): «La politica retributiva è sempre più personalizzata nelle imprese».

Assorbire (i superminimi) o non assorbire: questo è il dilemma. Ovvero: corrispondere ai propri dipendenti gli aumenti stabiliti dal rinnovo dei contratti nazionali di riferimento, oppure no? C’è da dire che, da questo punto di vista, nel settore metalmeccanico - che insieme al tessile assorbe più della metà dei dipendenti delle aziende iscritte a Confindustria Bergamo - la nostra provincia si rivela tutto sommato virtuosa. Infatti, «il 35% delle imprese - una su tre - assorbe il superminimo, ma solo in modo parziale, e riguarda soprattutto gli impiegati - come spiega Stefano Malandrini, responsabile dell’area Lavoro e previdenza dell’associazione degli industriali -. Contro il 50% della media nazionale».

L’occasione per fare il punto sulle retribuzioni (e non solo) è l’ampio report, presentato lunedì 9 settembre al Kilometro Rosso, «I numeri per le risorse umane», a cura di Confindustria Bergamo e Confindustria Lombardia. E, Paolo Rota, vicepresidente di Confindustria Bergamo, sottolinea che «le soluzioni di politica retributiva sono sempre più personalizzate nelle imprese, attente a individuare il modo per trattenere le persone in azienda».

Chi lascia il posto di lavoro

Anche perché il turnover non fa sconti. Se è vero che nelle aziende bergamasche che hanno aderito all’indagine (in tutto 96, per un totale di 15.400 dipendenti), nel 2023 il tasso di turnover è stato pari al 20,7%, in calo rispetto al 23,6% del 2022 e inferiore alla media regionale, nelle «piccole» il tasso raddoppia al 42%. Proprio in queste ultime, i lavoratori che nel 2023 hanno optato per le dimissioni volontarie sono il 15%, contro il 6,2% di quelli che lavorano in una grande azienda.

Come se non bastasse, ben il 74% delle imprese bergamasche ha difficoltà nella ricerca di personale, contro la media regionale che si attesta al 65%. Le problematiche maggiori riguardano le competenze e le mansioni tecniche, a cui si fa fronte, in molti casi, con un impegno maggiore in formazione interna. Non va dimenticato che, come sottolinea Massimo Longhi, responsabile dell’area studi di Confindustria Bergamo, «la popolazione residente in Bergamasca, nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni,nel 2043 diminuirà di quasi il 10%, che si traduce in 70 mila persone in meno: come se scomparisse una cittadina».

A «pagare» maggiormente sono le lauree magistrali in discipline tecnico-scientifiche quando il posto di lavoro è nell’industria, seguite dalle lauree magistrali economico-giuridiche nel comparto dei servizi

Per tutte queste ragioni, una busta paga più «pesante» può fare la differenza in termini di attrattività di un’azienda. E allora vediamo qual è il salario corrisposto ai neolaureati. Iniziamo col dire che in Lombardia la retribuzione d’ingresso varia tra i 25.834 e i 27.936 euro, mentre nella nostra provincia si colloca su valori leggermente inferiori, compresi tra i 25.065 e i 26.993 euro. Un gap influenzato dalla presenza di Milano. A «pagare» maggiormente sono le lauree magistrali in discipline tecnico-scientifiche quando il posto di lavoro è nell’industria (27.464 euro), seguite dalle lauree magistrali economico-giuridiche nel comparto dei servizi (24.250). Gli aumenti dopo il primo anno di lavoro in Bergamasca sono del 4,5%, più della media lombarda che si ferma al 4,2%.

Più in generale, nel 2024 gli aumenti retributivi - per le sole politiche di merito - programmati dal campione di imprese lombarde aderenti all’indagine si attestano a un più 3,6%, sostanzialmente in linea con il dato bergamasco (più 3,5%). Per quanto riguarda i premi di risultato, sono - ça va sans dire - più diffusi nelle aziende di grandi dimensioni (85%), piuttosto che nelle «piccole», dove c’è una maggiore propensione a distribuire premi individuali. Ad ogni modo, i Pdr sono erogati dal 76% delle imprese bergamasche partecipanti all’indagine, contro il 70% di quelle lombarde. Diffusi tanto nell’industria, quanto nei servizi, in quest’ultimo comparto prevalgono i premi individuali. L’anno scorso il valore medio si è attestato a 1.650 euro lordi, contro i 1.471 erogati a livello nazionale.

Contratti scaduti

C’è da dire che quasi l’80% dei lavoratori delle aziende iscritte a Confindustria ha il contratto nazionale scaduto o in scadenza, vedi tessili, metalmeccanici, chimici, gomma plastica e legno. E, riguardo alla metalmeccanica, gli industriali si aspettano un «autunno caldo», con «qualche frizione» anche nella nostra provincia, afferma Malandrini. Che precisa anche come i dati sulla rappresentanza sindacale (iscritti e numero di Rsu) nelle aziende «a livello nazionale mostrino una forte preponderanza della Cgil in tutti i settori, in controtendenza con il quadro bergamasco, dove prevale la Cisl».

Secondo Rota, «l’impegno nella formazione, l’attenzione alla premialità e al welfare, smart working compreso, oltre all’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato, concorrono a delineare un quadro coerente di attenzione e grande consapevolezza rispetto alla necessità di attrarre, trattenere e valorizzare le persone nel loro percorso professionale».

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