Precario un giovane su tre. «Progetti di vita frenati da stipendi troppo bassi»

L’ANALISI. Under 30, la retribuzione media è sotto i 17mila euro lordi annui. I sindacati: «Instabilità e costi allontanano la prospettiva di indipendenza».

Quando può prendere forma un progetto di vita? Realisticamente e nella maggior parte dei casi, ormai è dopo i trent’anni che i giovani raggiungono quella stabilità fondamentale per l’autonomia, l’indipendenza, il costruir famiglia. Anche a Bergamo è così, guardando ai dati oggettivi. Tra gli under 30 che lavorano come dipendenti nelle aziende private o nella pubblica amministrazione, all’incirca uno su tre è ancora precario, non ha cioè un contratto a tempo indeterminato e tutte le garanzie connesse, mentre la retribuzione media non supera i 17mila euro lordi annui, l’equivalente – spalmato sulle tipiche 13 mensilità – di 1.300 euro in busta paga. E con affitti che in città toccano i 700 euro al mese per un bilocale e quotazioni immobiliari per l’acquisto sempre più alte, la strada per l’autonomia è in salita. La fotografia è ricavata dagli ultimi dati dell’Inps sul lavoro dipendente, riferiti al 2023 e «depurati» peraltro del lavoro in somministrazione (interinale) e di quello intermittente (a chiamata), forme solitamente ancor meno stabili, mentre sono compresi i lavoratori autonomi.

La strada per l’indipendenza

Certo «diventare grandi» è un percorso progressivo e differenziato: nel privato la stabilità si raggiunge prima ma gli stipendi medi sono più bassi, nel pubblico – al di là del mito del posto fisso – il precariato dura di più ma la retribuzione è mediamente più corposa. Sommando le due categorie, i lavoratori bergamaschi fino ai 24anni (poco più di 47mila in tutto) solo nel 55,4% dei casi hanno già un contratto a tempo indeterminato, e la retribuzione lorda annua non arriva a 13mila euro. Va specificato che questo è il segmento più sfaccettato e complesso, perché mette insieme chi è già entrato «davvero» nel mondo del lavoro dopo il diploma e chi invece cerca impieghi a tempo parziale e più saltuari per mantenersi negli studi universitari.

Nei flussi di assunzioni c’è ancora un’importante quota di tempo determinato, ma soprattutto il tempo tra la fine degli studi e l’approdo alla stabilità si è allungato ormai ad alcuni anni, e questo allontana la prospettiva di indipendenza di una persona

Nella fascia 25-29 anni i lavoratori bergamaschi sono attorno ai 45mila, e s’inizia a intravedere il miglioramento: il 72,4% ha il posto fisso, la retribuzione sfiora i 21.300 euro lordi l’anno. Se però si guarda al totale degli under 30, ecco che solo il 63,7% di questi 92.621 lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato (nemmeno due su tre), e lo stipendio medio annuo è di 16.691 euro. La svolta, tendenzialmente, matura così tra i 30 e i 34 anni: in questa fascia il 77,4% dei lavoratori bergamaschi (più di tre su quattro) ha il posto fisso e la retribuzione media tocca i 24.548 euro annui lordi, quasi 1.900 euro al mese considerando le 13 mensilità tipiche del lavoro dipendente.

«Valorizzare i giovani»

Non è solo questione di soldi, di contratti. Quei numeri si traducono in concreto nella possibilità di uscire di casa, di pagare un affitto, di accendere un mutuo, di progettare una vita indipendente, una famiglia, figli. «Se si vogliono aiutare i giovani e le giovani famiglie a rendersi indipendenti – ragiona Marco Toscano, segretario generale della Cgil bergamasca -, il primo punto è fare in modo che arrivino quanto prima a un contratto stabile. Nei flussi di assunzioni c’è ancora un’importante quota di tempo determinato, ma soprattutto il tempo tra la fine degli studi e l’approdo alla stabilità si è allungato ormai ad alcuni anni, e questo allontana la prospettiva di indipendenza di una persona». Il mondo del lavoro è così chiamato in causa: «Deve valorizzare i giovani – sottolinea Francesco Corna, segretario generale della Cisl Bergamo – che sono portatori di cultura, di innovazione, di istruzione: ciò che può dare un valore aggiunto alle aziende e ai luoghi di lavoro. I giovani devono essere inseriti con percorsi formativi come l’apprendistato, un modello che prevede formazione e stabilità, perché a tempo indeterminato. Occorre avvicinare il mondo formativo al mondo del lavoro». «Il tema del precariato è più diffuso nel pubblico impiego – rileva Pasquale Papaianni, coordinatore territoriale della Uil Bergamo – dove un collaboratore scolastico guadagna 1.080 euro al mese: sono somme che non consentono di far progetti».

Nella fascia 25-29 anni i lavoratori bergamaschi sono attorno ai 45mila, e s’inizia a intravedere il miglioramento: il 72,4% ha il posto fisso, la retribuzione sfiora i 21.300 euro lordi l’anno. Se però si guarda al totale degli under 30, ecco che solo il 63,7% di questi 92.621 lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato

«Precarietà e bassi salari – prosegue Toscano – portano i giovani italiani ad andare all’estero. Così si acuisce ancor di più la crisi demografica: abbiamo bisogno che i giovani restino in Italia e di attrarne dall’estero, con nuove politiche di accoglienza e integrazione». Altro tema che incide sui giovani è quello del lavoro povero: «Occorre contrastare le forme di sfruttamento – rimarca Corna -, il lavoro povero e le false partite Iva: un fenomeno, quest’ultimo, di cui i giovani non comprendono immediatamente le complicazioni, pagando il conto dopo alcuni anni tra tasse e complicazioni burocratiche». L’intreccio tra le tematiche è profondo: «L’indipendenza dei giovani, la genitorialità e le politiche abitative devono essere affrontate in maniera sinergica – osserva Papaianni -. Le misure dei bonus non sono efficaci, servono interventi strutturali. Sono questioni nazionali che devono trovare soluzioni anche sul piano locale: abbiamo lanciato la proposta che anche i comuni e i consigli comunali dedichino più attenzioni all’abitare, attraverso misure locali e l’istituzione di osservatori per comprendere la realtà e ipotizzare proposte».

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