Peste suina, è allerta massima: allevamenti «blindati»

IN BERGAMASCA. Nelle aziende procedure straordinarie di disinfezione. Borella (Coldiretti): in caso di contagio necessario avvisare subito le autorità.

Peste suina: allevamenti «blindati» e rafforzamento delle misure di sicurezza anche in Bergamasca per evitare possibili contagi. Gli imprenditori agricoli e le istituzioni hanno infatti alzato la guardia dopo i casi di Psa in provincia di Pavia dove un allevatore non avrebbe segnalato i primi casi di morti sospette di animali, avvenute ad inizio agosto. Nei suoi confronti, così come in quelli del veterinario aziendale, è scattata un’indagine della procura di Pavia.

Summit a Roma sui cinghiali

Ieri a Roma riunione interministeriale con le Regioni e le associazioni di categoria per fare il punto sulla situazione. Al centro dell’attenzione anche l’applicazione del «Piano straordinario di catture, abbattimento e smaltimento dei cinghiali». Tra le ipotesi al vaglio anche quella del coinvolgimento della forza pubblica per la caccia. «Ho rappresentato - dichiara l’assessore regionale all’Agricoltura Alessandro Beduschi - tutta la preoccupazione della Lombardia che oggi è prima linea nella lotta alla Psa. Ho chiesto più risorse per gli abbattimenti e la messa in sicurezza degli allevamenti perché serve creare una filiera della biosicurezza che coinvolga tutti, dal più piccolo allevatore alle grandi industrie di trasformazione, fino agli enti di governo».

Il problema oggi è che ci si trova difronte a un’infezione non più presente solo negli animali allo stato brado, in particolare i cinghiali, ma coinvolge i suini in cattività. Gli allevamenti sono collegati e di conseguenza può accadere che la malattia passi da un’azienda ad un’altra con un semplice trasporto di animali o di mangimi. Anche il singolo ingresso di un camion negli allevamenti crea preoccupazione. Proprio per questo sono in corso procedure di disinfezione straordinaria sia nelle aziende che nei macelli. Con un aggravio di spese e burocrazia. Da ieri sono obbligatori nuovi controlli e ogni carico movimentato è garantito da Ats tramite prelievi in allevamento, analizzati dall’istituto zooprofilattico di Brescia, a cui si somma una visita in azienda, proprio per limitare la diffusione della peste suina.

«Non bisogna abbassare la guardia e in caso di contagio occorre avvisare subito le autorità competenti – avverte Gabriele Borella, presidente di Coldiretti Bergamo e imprenditore con oltre 3 mila capi di suini allevati nella Bassa bergamasca -. Si tratta di una problematica molto seria che rischia di creare gravi danni a tutto il comparto». In provincia di Bergamo si allevano circa 312.000 suini, una realtà che rappresenta il 7% del patrimonio suinicolo lombardo che ha un valore complessivo di 1,18 miliardi. L’80% delle cosce degli animali allevati in Bergamasca rappresentano la materia prima per la produzione del prosciutto di Parma e S. Daniele.

«Preoccupati per l’export»

Anche Natascia Brandani, titolare di un’azienda agricola di Mornico al Serio, allevatrice con circa 6500 animali in provincia di Mantova sottolinea come «la situazione si è evoluta molto rapidamente e oggi dobbiamo prestare molta attenzione con misure cautelative per garantire la sicurezza del mercato. C’è infatti molta preoccupazione, soprattutto per quanto riguarda il mercato estero in tema di salubrità di tutto l’indotto legato al settore suinicolo. I prodotti italiani sono molto rinomati e dobbiamo far di tutto per tutelare la filiera».

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