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Lunedì 28 Ottobre 2024
«Pensioni e manovra, aumenti irrisori». Beffa minime, 3 euro lordi in più al mese
LEGGE DI BILANCIO. Il paradosso: l’inflazione più bassa determinerà incrementi massimi fino a 38,30 o 43,10 euro. I sindacati: «Una mancetta, non si recupera il potere d’acquisto perso negli anni. E lievitano i costi per la sanità».
La premessa, quando si parla di legge di bilancio e soprattutto di pensioni, è che qualcosa potrebbe ancora cambiare. C’è tempo fino al 31 dicembre, giorno ultimo per il via libera definitivo del parlamento alla manovra. Ma la prima bozza fissa comunque già alcuni paletti sulla rivalutazione, cioè l’adeguamento degli assegni all’inflazione. E la sintesi pare un paradosso: l’indicizzazione all’inflazione sarà più «generosa» rispetto agli ultimi due anni; ma siccome l’inflazione nel 2024 è stata più bassa, il valore reale degli aumenti sarà più contenuto. Altro tema: l’aumento per le minime appare irrisorio, appena 3 euro lordi in più al mese rispetto a oggi.
Il meccanismo
Il punto di partenza è nel valore stimato per l’inflazione: con la corsa dei prezzi che si è attenuata (almeno sulla carta, cioè secondo i parametri dell’Istat), l’«adeguamento base» per il 2025 dovrebbe essere del +1,6%, contro il +5,4% calcolato per gli adeguamenti del 2024. Ma non è così semplice il tema, perché – come di consueto – l’adeguamento all’inflazione varia a seconda dell’importo delle pensioni; quelle più basse hanno un adeguamento pieno all’indicizzazione, gli assegni più «pesanti» avranno un adeguamento proporzionalmente più basso.
Platea e scaglioni
Gli ultimi dati dell’Istat dicono che i bergamaschi percettori di pensione sono circa 290mila, partendo dai circa 35mila che percepiscono la «minima»: il balzo – per via di un sistema particolare di calcolo calibrato sul 2022, perché per il 2023 e 2024 c’erano state misure «transitorie» più premianti – sarà di circa 3 euro lordi al mese, dai 614,77 euro attuali ai 617,90 euro del 2025 (+2,2% sul 2022).
In concreto, tutte queste pensioni saranno aumentate dell’1,6%, con un balzo fino a 38,30 euro lordi al mese
Poi c’è la partita più complicata su tutti gli altri assegni. La bozza della legge di bilancio indica che per gli assegni fino a 4 volte il minimo (cioè per le pensioni fino a 2.394,40 euro lordi al mese) il recupero dell’inflazione sarà pari al 100% del valore Istat: in concreto, tutte queste pensioni saranno aumentate dell’1,6%, con un balzo fino a 38,30 euro lordi al mese (al netto sono ovviamente meno); in questa fascia dovrebbero rientrare circa 195mila pensionati bergamaschi.
C’è poi il secondo scaglione, quello dei pensionati che percepiscono un assegno tra 4 e 5 volte il valore minimo, cioè fino a 2.993,05 euro lordi al mese: in questo caso l’adeguamento sarà al 90% del valore dell’inflazione, contro l’85% dell’anno scorso, e si tradurrà in un aumento reale dell’1,44% (cioè il 90% dell’1,6%) equivalente a un massimo di circa 43,10 euro lordi al mese; sono circa 25mila i bergamaschi in questa fascia.
L’incertezza riguarda il gradino più alto degli assegni (altri 35mila bergamaschi),
La prima reazione dei sindacati oscilla tra il critico e il tiepido
perché circolano due ipotesi. La prima, più premiante, introdurrebbe un’unica «aliquota»: per tutti questi assegni, l’indicizzazione sarebbe al 75% dell’inflazione (mentre lo scorso anno era in una forbice tra il 22% e il 53%, con più scaglioni), quindi un aumento reale dell’1,2%. La seconda ipotesi spacchetterebbe la rivalutazione: per gli assegni tra 5 e 6 volte il minimo (fino a 3.591,70 euro lordi al mese) l’adeguamento sarebbe del 75% (cioè un +1,2% reale), mentre per gli assegni 6 volte il minimo (oltre cioè i 3.591,70 euro) l’adeguamento sarebbe del 50% (cioè un +0,8% reale). Si saprà di più nelle prossime settimane.
I sindacati
La prima reazione dei sindacati oscilla tra il critico e il tiepido. «La preoccupazione è fortissima – sottolinea Augusta Passera, segretaria generale dello Spi Cgil Bergamo -, perché non si recupera il potere d’acquisto perso negli ultimi due anni a causa delle rivalutazioni proporzionalmente più basse. Si continua a fare cassa su pensioni 3-4-5 volte l’assegno minimo, come se fossero pensioni d’oro, ma sono gli assegni di persone che hanno lavorato tutta la vita, versando i contributi, e che oggi sono appena dignitose. È una mancetta che non cambia nulla, in confronto ai rincari che si affrontano tutti i giorni».
«Prima di valutazioni complete servirà capire quale sarà il testo definitivo – premette Giacomo Meloni, segretario generale dell’Fnp Cisl Bergamo -. Noi chiediamo con forza l’indicizzazione piena all’inflazione, quella che è mancata negli ultimi anni. Certo, se da un lato c’è un recupero, dall’altro lato i valori reali degli aumenti sono quasi irrisori perché viene calcolata un’inflazione più bassa rispetto agli anni scorsi. Forse sarebbe il caso di rivedere i parametri con cui si calcola l’inflazione».
Sullo sfondo restano le preoccupazioni che più impattano sulla vita dei pensionati, a partire dalla sanità. «Un problema terribile», spiega Passera, «con liste d’attesa lunghe e costi del privato che non tutti possono sostenere, mentre aumentano le spese legate alla non autosufficienza, senza misure davvero efficaci». «Le risorse per la sanità vanno alzate – concorda Meloni -, anche se poi la vera partita si gioca a livello regionale».
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