«Paradosso lombardo: motore d’Europa ma la burocrazia frena il nostro sviluppo»

L’INTERVISTA. L’assessore regionale Guidesi: «Le lungaggini di Governo e Ue ci fanno perdere competitività. Un esempio? Centinaia di migliaia di euro bloccati sulle energie rinnovabili in attesa delle autorizzazioni»

«Siamo uno dei motori d’Europa, abbiamo opportunità e competenze, ma le lungaggini del Governo e dell’Europa rischiano di frenarci e di farci perdere competitività». È appena tornato dalla Spagna l’assessore regionale allo Sviluppo Economico Guido Guidesi, dove con i rappresentanti delle altre regioni europee più produttive (Catalogna, Baden Württemberg e Rhône-Alpes) sta provando a costruire una sinergia per bussare, insieme, alle porte di Bruxelles, con la forza del 34% del Pil continentale. In primavera ci sarà una nuova Commissione europea e la Lombardia sarà capofila dei 4 motori d’Europa. Un’opportunità in più da sfruttare. «Vogliamo costruire qualcosa di più concreto, convinti che il futuro dell’Europa continuerà a dipendere da chi produce», dice Guidesi.

Assessore, qual è il problema della Lombardia?

«Gli altri hanno più competenze e più risorse rispetto a noi. E da noi le tempistiche per le autorizzazioni sono lunghissime e noi non possiamo stare ai tempi dei ministeri. Gli investitori esteri li attraiamo se assicuriamo tempi certi per sviluppare il loro piano industriale».

Altrimenti scappano, o non arrivano neanche.

«Appunto. Attualmente abbiamo centinaia di migliaia di euro bloccati sulle energie rinnovabili, in attesa delle autorizzazioni; non dipende da noi, ma per noi è devastante. Abbiamo anche una richiesta di zona logistica speciale, ferma da un anno e mezzo per i porti di Mantova e di Cremona, che per noi sono strategici per il trasporto merci».

Dall’assemblea di Confindustria arriva la richiesta di avere più competitività dei territori. Come si fa?

«È il ragionamento che stiamo facendo con gli altri motori d’Europa: la competitività continentale non può prescindere dalle regioni che producono. Lavoriamo per fare in modo che i territori produttivi abbiano la forza d’influenzare la prossima Commissione europea».

Il Piemonte ha stanziato 50 milioni di euro per riconvertire le aziende dell’automotive. Qual è la vostra strategia?

«Noi non promuoviamo strumenti settoriali, perché pensiamo che all’interno del nostro ecosistema non ci siano uno o più settori strategici. Quella sull’automotive è una battaglia che portiamo avanti sul metodo che l’Europa sta cercando d’imporre: noi condividiamo gli obiettivi di decarbonizzazione, ma per raggiungerli ci serve tutta la capacità tecnologica e di ricerca delle nostre imprese e delle nostre università. Questo percorso viene messo a repentaglio quando l’Europa ci dice che per arrivare all’obiettivo c’è una strada sola: vuol dire costringerci a non usare tutto il know-how di cui disponiamo. Il nostro tentativo è raggiungere gli obiettivi ambientali con una crescita economica e l’anno scorso abbiamo dimostrato di poterci riuscire».

Come?

«La Lombardia è cresciuta più in termini di Pil e di occupazione e il 34% dei nuovi assunti è finito a lavorare nel Green Job. Ciò vuol dire che siamo riusciti ad accompagnare la crescita economica con la transizione ambientale. Chiediamo solo continuare ad essere liberi di farlo, altrimenti rischiamo di perdere competitività».

Cosa può fare il sistema lombardo per raggiungere quegli obiettivi?

«Noi forniamo un documento scientifico che dimostra come i biocarburanti siano in grado di abbattere le emissioni sul parco circolante, ma abbiamo bisogno di un aiuto dal Governo per la messa in distribuzione dei biocarburanti e di un’apertura da parte dell’Europa ai biocarburanti».

Le aziende lamentano ancora la stretta del credito. Voi come le aiutate?

«In primavera abbiamo riattivato lo strumento per l’abbattimento dei tassi d’interesse sui contributi, mettendo a disposizione le stesse risorse di 4 anni fa (16 milioni di euro, in aggiunta ai 160 milioni stanziati per l’abbattimento dei tassi sui finanziamenti, ndr). I soldi stanziati allora sono stati utilizzati in 4 anni, quelli di quest’anno in 10 giorni. Oggi non abbiamo più risorse per una compensazione sui tassi d’interesse».

Alternative ce ne sono?

«Abbiamo chiesto di riattivare il fondo europeo messo a disposizione delle imprese in pandemia, ma la nostra richiesta è rimasta finora inascoltata. Intanto le aziende prorogano la pianificazione degli investimenti e questo non incentiva la crescita economica».

Voi quali scelte avete fatto?

«Aiutiamo gli investimenti con un fondo perduto e con la garanzia della Regione sui finanziamenti, attraverso una convenzione tra Finlombarda e le banche. Poi abbiamo cambiato la strategia, siamo passati da strumenti di aiuto a singole imprese ad aiuti ai settori».

È il tema delle filiere.

«Esatto. Abbiamo creato una manifestazione d’interesse per progettualità di settore sugli ecosistemi, che supporteremo con strumenti finanziari. Fanno parte di un ecosistema le aziende di settore, le università, i centri di formazione professionale e gli Its. A volte anche le banche. Siamo convinti che il nostro potenziale inespresso sta nella mancata connessione dei know-how di cui disponiamo. E la Regione si candida a fare questo collegamento, convinti che funzionerà anche se impone un certo cambio di mentalità. E qui torniamo ai motori d’Europa: stiamo provando a costruire insieme un’idea di futuro per determinati settori, affinché il nostro progetto di filiera di ecosistemi possa diventare interregionale e transfrontaliera».

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