Economia / Bergamo Città
Domenica 22 Settembre 2024
Nel terziario troppo pochi apprendisti. E i giovani cercano di mettersi in proprio
DELTA INDEX. Due ricerche indicano le difficoltà nell’accedere al mondo del lavoro. Tra gli ostacoli maggiori le poche competenze, la burocrazia e l’accesso ai finanziamenti.
Il settore terziario ha vissuto negli ultimi anni una trasformazione, soprattutto in relazione al coinvolgimento dei giovani, sia come dipendenti sia come imprenditori. Questo cambiamento è stato influenzato dalla pandemia e dalle nuove tendenze del mercato del lavoro, con un focus crescente sulla digitalizzazione, la flessibilità e l’autoimprenditorialità. I dati di quest’anno ci indicano che il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni nel settore terziario è del 45%. In Lombardia, il tasso raggiunge il 53,4%, mentre nel Sud Italia è al 33,1%. La precarietà resta un problema diffuso: circa il 41% degli under 35 ha un contratto a tempo determinato o stagionale.
I dati di quest’anno ci indicano che il tasso di occupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni nel settore terziario è del 45%. In Lombardia, il tasso raggiunge il 53,4%, mentre nel Sud Italia è al 33,1%. La precarietà resta un problema diffuso: circa il 41% degli under 35 ha un contratto a tempo determinato o stagionale
Due ricerche recenti, condotte da Confcommercio e OneDay Group, forniscono una panoramica sulle aspirazioni, sfide e opportunità per i giovani nel settore terziario tra il tentativo di cercare un futuro e di costruirselo. Secondo i dati dell’Osservatorio Lavoro Confcommercio, il terziario è stato il motore principale del recupero occupazionale dopo la crisi pandemica, assorbendo gran parte della forza lavoro giovanile. Il 73% delle nuove opportunità è stato creato nei servizi, evidenziando la resilienza e la capacità del terziario di adattarsi alle nuove condizioni di mercato. Le professioni più dinamiche includono i servizi alle imprese, la sanità privata e il turismo, settori che hanno visto un notevole incremento tra i giovani.
Quote minime di apprendistato
Non tutto è roseo, però. Un indice importante che è specchio dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro è anche l’applicazione di una forma contrattuale di una certa rilevanza formativa, ossia l’apprendistato. Nel recente report di Confcommercio emerge purtroppo una relazione negativa tra dimensione d’impresa e quota di apprendisti sul totale addetti. Da tempo si dice che l’apprendistato può funzionare bene come porta d’accesso preferenziale nel mercato del lavoro per i giovani, eppure nel terziario questo tipo di contratto appare trasversalmente sottoutilizzato. C’è senz’altro una stortura di fondo perché appare abbastanza strano «che negli 85 settori a livello di Classe NACE, su un totale di 252, che superano i dieci addetti dipendenti – evidenza che trova conferma nell’aggiornamento dei dati a giugno 2023 del report di Confcommercio – solo 6 micro-settori impieghino più dell’8% della forza lavoro totale come apprendisti».
Competenze e barriere d’ingresso
Il poco utilizzo dell’apprendistato come contratto per i giovani, sottolinea come l’accesso al mercato del lavoro nel terziario non sia privo di sfide. Dal report di OneDay Group, commissionato da Confcommercio giovani imprenditori per valutare l’autoimprenditorialità e l’accesso al mercato delle imprese, emerge che una delle principali difficoltà segnalate dai giovani riguarda la mancanza di competenze adeguate. La transizione verso nuove professioni richiede skill sia tecniche che trasversali, come la leadership, la gestione aziendale e la creatività, considerate fondamentali per intraprendere una carriera imprenditoriale. Un giovane su tre segnala difficoltà nel reperire collaboratori con le competenze necessarie, evidenziando la necessità di un miglioramento nei percorsi formativi. Un’altra barriera significativa riguarda gli aspetti finanziari: molti giovani percepiscono l’accesso ai finanziamenti e la burocrazia come ostacoli maggiori rispetto a chi è già avviato in percorsi imprenditoriali. Questa percezione suggerisce un divario di informazione o formazione, che potrebbe essere colmato attraverso programmi di supporto specifici e associazionismo, come indicato dal 40% dei giovani intervistati.
Autoimprenditorialità
La propensione dei giovani a mettersi in proprio è un altro tema centrale emerso dalle ricerche. Sebbene il periodo pandemico abbia rappresentato una sfida, molti giovani continuano a vedere nell’autoimprenditorialità un’opportunità per unire passione e lavoro. Il 64% degli imprenditori giovani intervistati dichiara che fonderebbe oggi una nuova azienda, dimostrando ottimismo e fiducia nel futuro. Gli intervistati sottolineano che fare impresa significa avere la determinazione e l’ottimismo necessari per affrontare le sfide e fare la differenza ogni giorno.
Nuovi modi di lavorare
Le nuove generazioni di imprenditori mostrano un forte desiderio di innovare e implementare nuovi modi di lavorare, con un focus sulla flessibilità totale: lavorare dove, quando e come si vuole. Questo atteggiamento, però, non sempre coincide con il favorire lo smart working, che non è prioritario né per gli imprenditori né per i loro team, preferendo invece forme di lavoro che enfatizzano il team building e un buon equilibrio tra vita privata e professionale.
Le sfide del cambiamento
Il settore terziario rappresenta una grande opportunità per i giovani, ma richiede anche un impegno significativo nell’acquisizione di competenze e nella navigazione delle barriere strutturali come la burocrazia e l’accesso ai finanziamenti.
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