Economia / Bergamo Città
Mercoledì 17 Luglio 2024
Nel carrello «pesa» il conto della crisi: due anni dopo la spesa costa il 36% in più
IL TEST SUL CAMPO. L’inflazione ha rallentato la corsa, ma rispetto a prima del conflitto russo-ucraino si registra un aumento generalizzato dei prezzi. Uno scontrino che a gennaio 2022 era di 94 euro ora è salito a quasi 128.
Sembra passato un secolo, invece sono trascorsi «solo» due anni e mezzo. Dal punto di vista dei consumatori è però cambiato molto. Moltissimo: fare oggi la stessa spesa – di gennaio 2022 – con gli stessi prodotti, nello stesso supermercato – può costare circa il 36,59% in più. Da un altro punto di vista: per comprare le stesse cose di allora, oggi si spende almeno un terzo in più. Così, ad esempio, da uno scontrino di circa 94 euro si passa a uno di quasi 128 euro, circa 34 euro in più, 34,22 euro per la precisione.
Lo dimostra una prova concreta. Il punto di partenza è il volantino di una grande catena di supermercati distribuito a gennaio 2022, cioè poco prima che si innescasse la corsa dell’inflazione: i prezzi – dall’energia agli alimentari – hanno infatti conosciuto una brusca accelerazione a partire da febbraio 2022, in concomitanza con l’invasione della Russia in Ucraina, per poi proseguire tra alti e bassi sino a oggi. Sulla base di quei prezzi (i prezzi «pieni», senza considerare sconti e offerte), basta fare un confronto col presente. E il «salto» è forte.
I prezzi – dall’energia agli alimentari – hanno infatti conosciuto una brusca accelerazione a partire da febbraio 2022, in concomitanza con l’invasione della Russia in Ucraina, per poi proseguire tra alti e bassi sino a oggi
Il test
Il test è stato fatto su una grande catena della distribuzione organizzata, con più punti vendita in Bergamasca, scegliendo sia prodotti di marca sia prodotti «private label» (cioè quelli a marchio della catena), riempiendo il carrello con una spesa-tipo. Si comincia dal banco frigo: la bresaola confezionata è aumentata del 16,62%, il provolone addirittura del 55,47%, la mozzarella di bufala campana solo del 6,08%; viaggiano invece a passo spedito i surgelati, con i fiori di merluzzo a +85,21% e la pizza margherita a +84,94%. La pasta è schizzata alle stelle anche con prezzi più che raddoppiati (+116,67%), per non parlare dell’olio extra vergine made in Italy: una bottiglia da un litro presa a campione ha visto sostanzialmente triplicato il prezzo. I rincari hanno contagiato più la birra che il vino, mentre la carne viaggia invece attorno al +13-14%.
Variabile il prezzo del pesce fresco: la stessa orata (già pulita) è aumentata del 69,5%, il filetto di branzino «solo» del 14,69%. Capitolo igiene personale: il dentifricio scelto è rincarato del 30,40%, il bagnodoccia si ferma al +4,01%. Così, quella spesa che a gennaio 2022 sarebbe costata 93,53 euro (promozioni escluse) oggi è passata a 127,75 euro. Osservazione «scontata»: nessun prodotto è diminuito di prezzo.
I consumatori
Proprio ieri l’Istat ha diffuso le stime ufficiali sull’indice dei prezzi, con dati riferiti al mese di giugno. In Bergamasca l’inflazione su base annuale si attesta al +0,4% (gli alimentari e le bevande analcoliche al +0,5%), mentre quella su base mensile è ferma allo 0% (gli alimentari e le bevande analcoliche al +0,2%); rispetto ai mesi scorsi, le fluttuazioni restano minime. «La vera fotografia sull’aumento dei prezzi è quella della prova sul campo – sottolinea Christian Perria, presidente di Federconsumatori Bergamo –. Pasta, farine e olio sono i prodotti che più sono cresciuti di prezzo in questi anni, da quando l’inflazione ha iniziato a correre. Alla base ci sono le tensioni internazionali: dopo l’aumento rapido, però, quei prezzi non sono più scesi». Perria posa la lente su quest’ultima considerazione: «È notizia di questi giorni il crollo dei prezzi del grano duro, ma certo non si vede una discesa dei prezzi dei prodotti. Il tutto, naturalmente, in uno scenario in cui stipendi e pensioni non hanno retto il passo dell’inflazione, e oggi anche il ceto medio comincia a fare rinunce. I rimedi? La soluzione non è nei bonus vari: quelli sono solo dei cerotti per tamponare delle voragini».
«I prezzi non stanno più crescendo negli ultimi mesi, ma non c’è stato un ridimensionamento rispetto a due anni fa. Questo ha portato a un aggravio di spesa a tutti i livelli»
«Oltre ad aumentare i prezzi, c’è la tendenza a ridurre il formato delle confezioni – ricorda Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo –. Spesso le persone non ci fanno caso, ma è un fenomeno sempre più diffuso: oggi bisogna andare a fare la spesa con la lente d’ingrandimento... Sarebbero da rivedere anche i criteri con cui l’Istat calcola l’inflazione, il paniere non sembra adeguato rispetto a quello che è il riscontro reale della vita quotidiana. Le persone così sono in difficoltà: nei nostri uffici riceviamo sempre più persone che non arrivano alla fine del mese, e che devono scegliere tra il mangiare e il pagare le bollette o l’affitto».
I commercianti
Dalla grande distribuzione al commercio di vicinato, il tema è trasversale. «I prezzi non stanno più crescendo negli ultimi mesi, ma non c’è stato un ridimensionamento rispetto a due anni fa. Questo ha portato a un aggravio di spesa a tutti i livelli – riconosce Oscar Fusini, direttore di Confcommercio Bergamo –, anche nella filiera Horeca (hotel, ristoranti, catering, ndr). Anche i piccoli commercianti hanno subìto questi aumenti, senza avere margine di negoziazione con i grandi player della filiera, e giocoforza li hanno traslati sulla clientela: purtroppo, agire sul sistema dei prezzi è una delle cose più complicate». Così sono cambiate anche le abitudini di spesa: «Sono cresciuti i discount e c’è un passaggio dai prodotti della grande marca ai prodotti delle catene – segnala Fusini –, oltre a un’attenzione spasmodica alle promozioni con un nomadismo commerciale». «Le stime più recenti di Istat confermano il processo di normalizzazione dei prezzi al consumo – rileva Filippo Caselli, direttore di Confesercenti Bergamo –. Restano però alcune ombre sui beni energetici: su questo fronte, il percorso di rientro dei prezzi appare più lungo del previsto».
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