L’inflazione non molla e il pranzo di Natale sarà più caro di un anno fa

LA PROVA SUL CAMPO. Volantini a confronto: la stessa spesa per le feste segna un aumento del 5% . Secondo i consumatori Bergamo è la decima città d’Italia con i rincari maggiori su base annua.

Ormai, la metafora è quella delle temperature: c’è l’inflazione reale e quella percepita. Le statistiche e la prova sul campo. La corsa dei prezzi non s’arresta, al netto di lievi oscillazioni, e Bergamo paga un conto salato: secondo i calcoli dell’Unione nazionale consumatori che ha rielaborato i dati ufficiali diffusi ieri dall’Istat, Bergamo è la decima città d’Italia con i più alti rincari su base annua. Nello specifico, a fronte di un tasso d’inflazione annua che a novembre si è attestato all’1,6%, a Bergamo una famiglia media ha una ripercussione pari a 459 euro: è questo il conto complessivo del caro-prezzi diluito lungo i dodici mesi sulla base dei livelli attuali dei prezzi.

La classifica nazionale è guidata da Bolzano (+608 euro annui), con Roma (+518 euro annui) e Genova (+495 euro annui) a completare il podio, mentre Bergamo risulta la città lombarda col salasso peggiore (poi ci sono Como con 363 euro e Milano con 343 euro). Ormai l’andamento dei dati ufficiali dell’inflazione – quelli diffusi ieri dall’Istat fotografano la situazione di novembre – si conferma un tortuoso saliscendi. Se si osserva la variazione annuale dei prezzi, la corsa è ancora discreta: l’indice di Bergamo si attesta appunto al +1,6%, di nuovo in espansione rispetto al +1,1% segnalato a ottobre. In concreto, la traiettoria dei prezzi è sempre più elevata rispetto a un anno fa, seppur la corsa ai rincari non abbia il passo rapidissimo del periodo più critico a cavallo tra 2022 e 2023. Gli aumenti maggiori, in Bergamasca, riguardano ora i pacchetti vacanza (+9,6% su base annuale), le assicurazioni (+7%), gli affitti (+4,5%). Se si scruta invece l’ultimo miglio dell’inflazione, cioè la variazione dei prezzi su base mensile, l’indice generale si attesta al -0,2%, con un rimbalzo dopo il +0,2% del mese precedente.

L’analisi dei prezzi

E se le tredicesime danno fiato a lavoratori e pensionati, le feste sono però periodo di grandi spese. È così soprattutto per gli alimentari, all’avvicinarsi di pranzi e cenoni, tra Vigilia, Natale, San Silvestro e Capodanno.

L’incremento dei costi riguarda generalmente sia i prodotti a marchio del supermercato sia quelli griffati dalle grandi aziende alimentari

Tirando le somme, lo stesso carrello che un anno fa si riempiva con 200 euro, ora «vale» 210 euro. Non sarà un salasso, ma è l’ennesima conferma che l’inflazione non fa marcia indietro

Qual è, per davvero, l’impatto dei prezzi sul consumatore? Una prova sul campo indica che, al di là del complesso sistema di calcolo che l’Istat usa per stabilire il «paniere» e rilevare l’inflazione, i rincari degli alimentari si attesterebbero in realtà attorno al +5% rispetto a un anno fa. Il test si basa sulla spesa in una delle principali catene della grande distribuzione italiana, presente con diversi punti vendita anche in Bergamasca: comparando gli stessi prodotti di un anno fa – spesso marchio e stessa confezione, «depurati» dagli sconti occasionali e da promozioni riservate a fidelity card – sulla base dei «volantini» di dicembre 2023 e dicembre 2024, ecco che il rincaro è servito. L’incremento dei costi riguarda generalmente sia i prodotti a marchio del supermercato sia quelli griffati dalle grandi aziende alimentari. Qualche esempio? Il vitello tonnato aumenta del 5%, le lasagne di gastronomia del 4%, il salmone affumicato in busta schizza al +40%, i tortellini alla carne segnano un +3%, l’olio extravergine un corposo +15,8%. Ma c’è qualcosa che cala? In realtà sì. In ribasso ci sono ad esempio alcuni vini (un bianco di media qualità, -3%) ma anche il prosciutto cotto in busta (-3,5%); stabile, in generale, il prezzo del pesce fresco. Tirando le somme, lo stesso carrello che un anno fa si riempiva con 200 euro, ora «vale» 210 euro. Non sarà un salasso, ma è l’ennesima conferma che l’inflazione non fa marcia indietro: la spesa resta sempre più salata.

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