Lavoro, dallo smart working alle dimissioni: tutte le novità

IL PROVVEDIMENTO. Dal Senato via libera definitivo al ddl. Le opposizioni e Cgil-Uil all’attacco. Ma la ministra Calderone: «Non spinge la precarietà».

Arriva dopo oltre un anno il via libera definitivo al ddl Lavoro. Nato insieme al decreto Primo maggio dell’anno scorso, poi collegato alla manovra di allora, dopo il lungo percorso che ha impegnato i due rami del Parlamento, il provvedimento ottiene l’ultimo sì dall’Aula del Senato. Tra le novità, le misure sulle dimissioni per assenze ingiustificate, sui contratti a termine e di somministrazione e sugli stagionali. Rilanciate dalla maggioranza e contestate dalle opposizioni e, tra i sindacati, da Cgil e Uil. La ministra Marina Calderone difende il provvedimento e agli attacchi ribatte: «Non spinge la precarietà e non ripristina le dimissioni in bianco».

Lo smart working

Novità anche per lo smart working: si prevede che il datore di lavoro comunichi, in via telematica al ministero, i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di fine del lavoro agile entro cinque giorni dalla data di avvio o termine del periodo. Al centro della polemica c’è in particolare la possibilità di superare, in certi casi, il tetto del 30% previsto per i lavoratori con contratto di somministrazione a tempo determinato rispetto al totale dei lavoratori con contratti stabili. La nuova norma esclude infatti da questo computo i lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle agenzie per il lavoro o lavoratori con determinate caratteristiche o assunti per determinate esigenze: come stagionali, di aziende start-up, per sostituzione o con più di 50 anni. Una via, secondo Cgil e Uil, che precarizza ulteriormente il mondo del lavoro e peggiora le condizioni delle persone. I dati, replica la ministra come tutta la maggioranza, dicono che «crescono i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, non quelli a termine».

Le dimissioni

L’altra questione dibattuta riguarda le dimissioni. Nei casi in cui l’assenza ingiustificata del lavoratore vada oltre il termine previsto dal contratto o, dove non sia previsto, oltre i 15 giorni scatta la risoluzione del rapporto per volontà del lavoratore: cioè le dimissioni, non il licenziamento. Quindi l’impresa non paga il ticket di licenziamento e l’ex lavoratore non accede all’indennità di disoccupazione (Naspi o Dis-coll). Anche su questo punto, le letture sono contrapposte. Per la ministra si tratta di un intervento per chiarire la questione su quelle che tecnicamente si chiamano «dimissioni per fatti concludenti». Per le opposizioni, Pd in testa, è un modo per aggirare il divieto delle dimissioni in bianco ed è «un ulteriore attacco ai diritti di donne e uomini, esponendoli a licenziamenti senza giusta causa», sostiene il M5S. Il collegato lavoro «è una sommatoria di norme pericolose», sostiene la senatrice dem, ex segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.

«Nulla di tutto questo», replica Calderone in conferenza stampa al Senato, dopo il via libera definitivo al ddl. «È il completamento di un anno di lavoro, che si accompagna ad una serie di interventi fatti, all’insegna della semplificazione e della stabilità del lavoro, non certamente di aumento della precarietà. Sosteniamo il lavoro sicuro e di qualità», rimarca la ministra. Il provvedimento «è di una gravità inaudita», sostiene la Cgil con la segretaria confederale Maria Grazia Gabrielli. Esprime «forte contrarietà» la Uil con la segretaria confederale Ivana Veronese: «È totalmente sbilanciato a favore delle imprese». Sull’altro fronte resta la Cisl. Mentre si avvicina il traguardo per il suo cavallo di battaglia sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili di impresa. «La prossima settimana ho intenzione di calendarizzare la proposta di legge», afferma Rizzetto sottolineando la volontà di «andare avanti rapidamente».

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