Lavoro, Bergamo cerca 8 mila addetti al mese

L’ANALISI . In crescita di 2 mila unità rispetto a marzo-maggio 2022. Competenze non facili da trovare, giovani attenti anche al welfare.

La nostra provincia ricerca circa 8 mila lavoratori al mese. È questo il dato che emerge per il trimestre marzo-maggio 2023 secondo le rilevazioni Excelsior Unioncamere. Un dato in linea con il trimestre precedente e superiore di 2 mila unità se paragonato allo stesso periodo del 2022. Non solo: l’industria torna ad aumentare la propria richiesta e se nel trimestre precedente erano 2.500 le richieste di personale contro le 4 mila dei servizi, in questo periodo ne chiama a rapporto almeno 3.700 al mese, a fronte di un settore terziario stabile nelle richieste. Ciò significa che in materia di lavoro la Bergamasca sta bene e il dinamismo non manca - le imprese che prevedono assunzioni sono il 14% del totale - eppure l’ingranaggio non è ottimale e le imprese continuano ad essere in difetto di figure professionali valide mentre i giovani, e non solo, continuano a cercare qualcosa di meglio per il loro futuro. Il 39% delle offerte di lavoro riguarda operai specializzati e conduttori di impianti e nel 64% dei casi viene richiesta una esperienza professionale specifica o nello stesso settore. Uno dei requisiti più difficili da centrare in questo momento.

I timori di «migrazioni»

Il problema del «mismatch», ovvero l’incontro tra domanda e offerta, ormai è sul tavolo di tutti gli imprenditori, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda. Ne sono dimostrazione eventi come il Career Day, che l’Università di Bergamo organizza a maggio e che, già ora, sta ricevendo un numero altissimo di richieste proprio dalle aziende. Ma lo testimoniano bene anche le tante dichiarazioni rilasciate da imprenditori di tutti i settori. Il lavoro non manca, i professionisti sì. Anche per questo le aziende temono i fenomeni di «migrazione» dei propri dipendenti, che, soprattutto negli ultimi mesi, hanno visto anche intere aree di competenza spostarsi da una realtà ad un’altra capace di offrire di più. Questo sta portando, soprattutto gli industriali, a cercare di mantenere al proprio interno le competenze acquisite, per evitare che la perdita di personale possa corrispondere a mancanza di capacità lavorativa, condizionandone la crescita.

«Quando si parla di lavoro giovanile è fondamentale inquadrare il contesto a cui gli stessi si approcciano, consapevoli che oggi siamo in presenza di un mercato che offre possibilità maggiori rispetto al passato»

Lavoratori esperti e giovani da far crescere

Dall’altro lato ci sono i lavoratori, distinti in due categorie: esperti e giovani da far crescere. I primi sono ormai ricercatissimi, perché, forti di 10, 15 o 20 anni di esperienza sul campo, rappresentano il vero valore aggiunto del nuovo ingresso. E sono sempre più le realtà imprenditoriali che li cercano e se li contendono. I secondi sono il vero enigma del mercato del lavoro attuale, come spiega anche Danilo Mazzola, segretario della Cisl di Bergamo: «Quando si parla di lavoro giovanile è fondamentale inquadrare il contesto a cui gli stessi si approcciano, consapevoli che oggi siamo in presenza di un mercato che offre possibilità maggiori rispetto al passato. Si cerca “il” lavoro, non “un qualsiasi lavoro”, che alla soddisfazione di svolgerlo possa conciliare i tempi di vita, esigenza fortemente presente in particolare nelle professioni medio alte».

Non solo la retribuzione

Ecco quindi che chi è più appetibile nella propria offerta non è più la realtà che offre lo stipendio più alto, ma che parla di smartworking, di crescita professionale, di welfare aziendale. «Il contratto di lavoro, tra tempo determinato o tempo indeterminato, fa la differenza», continua Mazzola, toccando uno dei punti focali dei dati dell’indagine Excelsior: crescono le richieste per i tempi determinati (45%, il 2% in più rispetto al trimestre precedente), diminuiscono quelle per il tempo indeterminato (22%, il 4% in meno rispetto al trimestre precedente) e il rapporto tra le due si trascina l’aumento dei contratti somministrati (19%, il 5% in più rispetto al trimestre precedente).

In giorni in cui il governo spagnolo riporta i disoccupati al minimo storico dal 2008 e fa scuola combattendo la flessibilità penalizzando i contratti a termine rispetto al posto fisso, queste percentuali fanno riflettere. Se la pandemia ha mostrato, infatti, che qualcosa è cambiato nelle richieste del lavoro, forse al mercato non è ancora chiaro che a mancare è una visione generale più nitida e ferma, capace di ridare al lavoro quell’occasione di dignità e futuro che il tempo della flessibilità gli ha tolto.

Guardando i numeri, Mazzola spiega: «Il mercato del lavoro giovanile nella nostra provincia è particolarmente dinamico e ogni anno il 40% delle assunzioni sul totale è di giovani con meno di 29 anni. Tutto da decifrare, invece, è il dato in aumento relativo agli inattivi, dove troviamo la maggioranza di giovani che studiano, ma anche una parte di giovani che non studiano né lavorano e in provincia, nel 2021, erano 27 mila».

Un problema reso ancora più stridente dalla velocità con cui la tecnologia sta stravolgendo anche il mercato del lavoro, richiedendo formazione continua e competenze sempre più all’avanguardia. Viene da pensare che, come gli scienziati hanno lanciato la moratoria per fermare e ripensare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, forse anche i giovani, in maniera meno organizzata, stanno chiedendo, anche nella nostra provincia, di fermarsi e ripensare il mercato del lavoro.

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