Economia / Bergamo Città
Martedì 15 Novembre 2022
La nuova svolta Ue sugli imballaggi spaventa le aziende bergamasche
Scadenza. Il regolamento rivisto pronto il 30 novembre. Peserà sulle imprese italiane: milioni di posti a rischio. In provincia settori plastica, alimentare e legno in allerta.
Ancora non c’è, ma già infuria la polemica. Il testo del nuovo regolamento dell’Unione europea sugli imballaggi che dovrebbe essere divulgato ufficialmente dalla Commissione il 30 novembre come emendamento dell’attuale direttiva europea 94/62/CE sta creando non poche preoccupazioni.
Il provvedimento ruota intorno a una parola chiave, riuso, a scapito del riciclo, nel quale il nostro Paese è al primo posto in Europa. Secondo dati Conai, nel 2021 il nostro Paese ha riciclato il 73,3% degli imballaggi immessi sul mercato, nonostante l’aumento dell’8,5% del packaging circolante rispetto al 2020, ed è al primo posto tra i 27 membri dell’Unione per indice di circolarità, più avanti di altri Stati - anche di Germania, Francia e Spagna - per energia consumata per unità di Pil e consumo di materia sempre per unità di Pil.
«L’Italia non lo può accettare e dirà no - dichiara il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin -. Siamo pronti a discutere sulle modalità, dobbiamo confrontarci, ma sul fronte dell’economia circolare siamo i primi della classe e dobbiamo andare in quella direzione, per cui dico no».
Secondo le stime Confindustria «per le imprese italiane vuol dire quasi sette milioni di posti di lavoro messi a rischio - sostiene il presidente Carlo Bonomi -. Già il fatto che si parli di regolamento (che hanno efficacia diretta e immediata negli Stati membri, ndr) è indicativo del fatto che si vogliono bypassare i controlli politici a livello europeo da parte del commissario Timmermans».
La preoccupazione è palpabile anche fra gli imprenditori bergamaschi. «Il tema degli imballaggi riguarda tanti materiali e coinvolge produttori e utilizzatori, quindi un intero sistema economico del Paese che nell’insieme deve affrontare la sfida della corretta gestione - sottolinea Silvio Dorati, presidente del gruppo gomma-plastica di Confindustria Bergamo -. Bisogna quindi far un’analisi più approfondita senza ideologie, tenendo conto dell’evoluzione importante che le tecnologie hanno avuto negli ultimi anni». Per Dorati è «fondamentale posticipare la presentazione della Commissione per avere il tempo di far comprendere gli effetti di questa decisione sulla filiera Italiana in un sistema di eccellenza come il riciclo. La sostenibilità tiene conto di tre fattori importanti - ambiente, sociale ed economia - e i provvedimenti devono tenere conto di tutti e tre” per non mettere in ginocchio imprese e lavoratori.
La questione non riguarda soltanto la plastica, ma anche gli imballaggi in carta, cartone, legno. «Nel nostro caso - spiega il presidente del gruppo Legno di Confindustria Bergamo, Piero Paganoni - abbiamo una materia prima riciclabile al 100%, mentre il riuso è complicato: riusciamo con i pallet, che restano sul territorio nazionale, ma è impossibile farlo con le casse, perché finiscono in altri Paesi».
Secondo il presidente del Gruppo Alimentari di Confindustria Bergamo, Matteo Zanetti, «se ridurre l’inquinamento è uno scopo nobile, sono però sbagliati gli strumenti: questa rischia di essere l’ennesima mossa autolesionistica da parte del legislatore europeo, una decisione che cambia gli scenari competitivi a livello mondiale come quella dello stop alle auto diesel e benzina dal 2035».
Per gli involucri alimentari in Italia «ci sono misure di smaltimento molto efficaci che riducono l’impatto ambientale mentre una norma restrittiva a livello europeo non fa altro che spostare la competitività su altre aree geografiche del pianeta. Allo stato - continua Zanetti - le tecnologie esistenti non permettono di produrre plastiche efficaci come quelle esistenti in termini di sicurezza e conservazione dei cibi. Senza contare che la riconversione avrebbe ricadute pesanti sia sulle imprese, perché ogni linea di confezionamento costa in media 700 mila euro, sia sui consumatori, perché vedrebbero aumentare i prezzi dei prodotti».
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