Economia / Isola e Valle San Martino
Martedì 27 Agosto 2024
La grande «sete d’acqua» dell’IA, il data center Aruba corre ai ripari
INNOVAZIONE. I chip di ultima generazione hanno necessità di essere mantenuti «al fresco».
Altro che scarsità di energia elettrica e chip: il bisogno numero uno dell’IA è l’acqua. Fondamentale per il raffreddamento dei data center, l’acqua è una risorsa scarsa, specie nei mesi estivi. E, per giunta, la sua temperatura va abbassata per tenere «al fresco» i chip di ultima generazione. Lo sanno bene negli Usa, dove il Financial Times riporta che il consumo d’acqua della Virginia - lo Stato con la maggior concentrazione di server - è aumentato del 67% tra il 2019 e il 2024, toccando i 7 miliardi di litri l’anno. Secondo la Bank of America, solo sul territorio statunitense i consumi di liquido di raffreddamento per l’IA arriverebbero a 284 miliardi di litri l’anno, rendendo il neonato - e in rapidissima crescita - settore dell’intelligenza artificiale uno più energivori dell’economia americana. Per Forbes, entro il 2027 useremo più di 6.600 miliardi di litri d’acqua per raffreddare i server sparsi nel mondo. Un numero impressionante, che arriva a spaventare se viene incrociato con i dati sulla provenienza dell’oro blu consumato dalle «big tech»: Microsoft preleva più del 40% della«sua» acqua da regioni che soffrono di scarsità idrica, Google il 15%.
Secondo la Bank of America, solo sul territorio statunitense i consumi di liquido di raffreddamento per l’IA arriverebbero a 284 miliardi di litri l’anno, rendendo il neonato - e in rapidissima crescita - settore dell’intelligenza artificiale uno più energivori dell’economia americana
Lo stress per il grande cado
Eppure, l’acqua resta insostituibile per l’IA. A dimostrarlo è quanto accaduto nella notte tra l’11 e il 12 agosto al data center Tier Quattro di Fastweb, andato in tilt per circa 10 ore a causa - pare - di un guasto al suo sistema di raffreddamento, ovviamente a liquido e non ad aria come quelli delle nostre case.
Dopo una giornata tra le più calde dell’anno, con punte di 36°, la struttura messa a punto da Fastweb sembra essere collassata, forse per via di una fuoriuscita di acqua dalle tubature o forse perché raggiungere le temperature richieste dai chip era impossibile. Le schede video destinate all’IA, infatti, operano a 20°C: per mantenerle stabili, l’acqua utilizzata per raffreddarle viene portata a circa 4°C, 32 in meno della temperatura esterna nei giorni più caldi.
Problema risolto in poche ore: «Si è trattato di un imprevedibile malfunzionamento del sistema di gestione dell’impianto di condizionamento. Le cause sono state individuate e il sistema è stato messo in sicurezza», spiegano da Fastweb. Ma la dipendenza dall’acqua resta. Passare a sistemi raffreddati ad aria è fuori discussione: la dissipazione garantita dai gas è troppo lenta per l’enorme mole di calore prodotto dai chip per l’intelligenza artificiale.
L’azienda sostiene che i liquidi garantiscano una maggiore efficienza termica ed energetica rispetto ai tradizionali sistemi ad aria, migliorando la densità di calcolo del data center di Ponte San Pietro: più potenza computazionale in meno spazio, insomma
Raffreddamento «liquido»
Così, anche il data center bergamasco di Aruba si è dovuto adeguare. Il 31 luglio, il colosso dell’hi-tech ha annunciato l’implementazione di un sistema di raffreddamento ad acqua («liquid cooling») nel campus di Ponte San Pietro. «L’integrazione delle soluzioni di raffreddamento liquido nelle nostre infrastrutture è volta a esplorare e supportare tutte le soluzioni che permettono di offrire il massimo in termini di qualità, prestazioni e sostenibilità ambientale», spiega Giancarlo Giacomello, head of data center offering di Aruba. L’azienda sostiene che i liquidi garantiscano una maggiore efficienza termica ed energetica rispetto ai tradizionali sistemi ad aria, migliorando la densità di calcolo del data center di Ponte San Pietro: più potenza computazionale in meno spazio, insomma. Ma il rischio dell’incidente resta dietro l’angolo. E dei consumi dell’IA si parla ancora troppo poco.
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