Economia / Bergamo Città
Giovedì 06 Ottobre 2022
La corsa dei prezzi pesa sulle famiglie ma le entrate volano
I dati Istat. Migliorano i conti pubblici, nel secondo trimestre il rapporto deficit/pil cala a 3.1%. Ma se la pressione fiscale sale, scende il potere di acquisto.
I conti pubblici lasciati del governo Draghi migliorano, il Pil del secondo trimestre 2022, secondo le stime Istat, vola al +5%, il rapporto deficit/Pil scende in modo sostanziale dal 7,6% al 3,1%, grazie all’inflazione e all’Iva le entrate volano a +13,4% (periodo gennaio-agosto). Eppure contemporaneamente le famiglie tirano la cinghia, sono costrette a intaccare i risparmi e devono pagare il conto salato presentato dall’inflazione.
Questa la fotografia distonica del secondo trimestre del 2022 scattata dai dati dell’Istat in due sue note, una su conti delle pubbliche amministrazioni, reddito delle famiglie e investimenti, l’altra sulle stime trimestrali del Pil. I numeri diffusi dall’Istituto di Statistica raccontano due mondi: uno delle ragionerie e dei bilanci, l’altro è quello reale dei supermercati, dei bar e delle bollette da pagare.
Ma andiamo con ordine. «Il governo uscente lascia un’eredità solida» commenta Renato Brunetta. Ed esattamente, certifica l’Istat, nel secondo trimestre dell’anno (aprile-giugno 2022) il deficit sul Pil è sceso al 3,1% dal 7,6%. Se non ci fossero da pagare gli interessi sui titoli di Stato, il terzo trimestre sarebbe stato in surplus con un incidenza positiva dell’1,6% sul Pil. «Fatto che non succedeva da due anni» ricorda il ministro della Pubblica Amministrazione uscente.
Gran parte del miracolo è dovuto però al particolare momento che il Paese viveva fra aprile e giugno del 2022, con la crisi Ucraina ancora ai primi video, i venti di guerra oscurati dall’ottimismo della ripresa delle attività economiche e l’estate in arrivo. L’inflazione e il prezzo della benzina già mordevano e ci si faceva scrupoli sui gradi dell’aria condizionata. Situazione passeggera, dicevano gli esperti mentre le famiglie pensavano all’ombrellone che le aspettava in riva al mare.
Così gli italiani hanno messo mano ai risparmi, parte dei quali fatti durante il periodo delle «chiusure» da Covid. Fra aprile e giugno la propensione al risparmio (cioè quanto del reddito viene accantonato) è scesa di 2,3 punti percentuale arrivando a 9,3%. Ci dice l’Istat. Ed è’ quindi in parte grazie ai risparmi che fra aprile e giugno i consumi sono saliti del 4,1% rendendo possibile un +5% del Pil e contribuendo all’aumento delle entrate fiscali. Nello stesso trimestre la pressione fiscale, è salita al 42,4% con aumento di 0,3 punti percentuali. «Inflazione e crescita del gettito dell’Iva (+18%)” sono all’origine del forte aumento delle entrate fra gennaio e agosto. Ci dice il Mef Insomma «Nonostante l’impatto negativo dell’aumento dei prezzi - commenta l’Istituto di Statistica - il potere d’acquisto delle famiglie è sceso solo lievemente (-0,1%)» non tanto cioè da compromettere i consumi. Questo vale per aprile-giugno scorso.
Ma fino a quanto i risparmi e la cinghia stretta degli italiani potranno sostenere l’economia e i conti del Paese, ammortizzando gli effetti dell’inflazione sui consumi? «Tre sono le grandi emergenze che il nuovo governo si troverà ad affrontare da subito, anche in raccordo con l’Europa: fronteggiare l’emergenza energetica, contenere l’inflazione e contrastare il pericolo recessione», attacca il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli che paventa per ottobre un’inflazione al 9%, la chiusura di 120 Pmi con la perdita di 370.000 posti di lavoro nella prima metà del 2023.
«Davanti a noi ci sono mesi complicati, inflazione altissima, probabile recessione, aumento incredibile dei prezzi dell’energia» dice il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra che vede a rischio «un milione di posti di lavoro e la sopravvivenza di migliaia e migliaia di aziende». Da tutti corpi intermedi di chiede al nuovo Governo “interventi strutturali» prima della legge di bilancio. Il Codacons chiede di «abbattere prezzi e tariffe in modo stabile e duraturo». «Agganciare gli stipendi all’inflazione programmata» chiede l’Unione Consumatori. «Energy recovery fund», fissazione di un tetto al prezzo del gas e revisione dei meccanismi e delle regole di formazione del prezzo dell’elettricità» è la ricetta infine Confcommercio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA