Economia / Bergamo Città
Mercoledì 19 Febbraio 2020
Intesa-Ubi, imprenditori combattuti:
«Dà valore». «Ci penalizza»
Prudenza, qualche apprezzamento sul valore azionario che cresce, ma anche preoccupazione per un’ulteriore perdita d’identità tra banca e territorio. Il mondo economico e associativo bergamasco reagisce in ordine sparso all’offerta d’acquisto di Intesa su Ubi.
Non c’è posizione univoca, le poche notizie arrivate di colpo hanno creato incertezza, sbigottimento. L’impressione è che ci vorrà tempo per assorbire questo che resta un terremoto finanziario per quel che Popolare Bergamo prima, e Ubi poi, hanno rappresentato per il territorio.
Commento in chiaroscuro quello del presidente di Confindustria Bergamo Stefano Scaglia: «L’operazione è importante e ha del valore per il sistema-paese riconoscendo le competenze di Ubi, però è fatale che il nostro territorio perderà di centralità all’interno di un istituto con interessi molto più vasti . Ubi è stato tra i protagonisti della crescita del nostro territorio: vederla al centro di questa operazione significa comunque che resta all’interno di uno sviluppo e di una crescita e non ai margini».
Tra i più tranchant il presidente di Ascom Bergamo Giovanni Zambonelli: «È una pessima notizia per l’economia bergamasca, perché rischiamo di perdere uno dei moltiplicatori di ricchezza del territorio. Sotto l’aspetto finanziario Ubi, nonostante le dimensioni che ha acquisto, si è sempre impegnata a mantenere un rapporto e una relazione con la clientela storica e del territorio che probabilmente verrà meno con un passaggio ad un gruppo di grandi dimensioni».
Più cauto, eppure pungente, il presidente di Confartigianato Bergamo Giacinto Giambellini: «Occorre capire se si tratta di una mera operazione finanziaria o sarà in grado di dare sviluppo a un sistema bancario che attualmente latita, a livello di aiuti e sostegno al territorio».
Guarda allo scenario complessivo il presidente di Confimi-Apindustria Bergamo Paolo Agnelli: «Prima la Bce ha auspicato un’ulteriore aggregazione tra banche, poi, evidentemente informata nei giorni scorsi, ha “benedetto” il progetto di Intesa. Per me l’accorpamento tra banche in presenza di utili stratosferici, non è un bel vedere: si sa già che l’operazione creerà molti esuberi. E va anche un po’ contro la libertà di mercato, dal momento che per un’impresa è meglio avere più concorrenza nel credito. Per quanto riguarda l’identità legata a Bergamo, non cambia molto: Ubi non era già più la Popolare di Bergamo di una volta».
Per il presidente di Confcooperative Bergamo Giuseppe Guerini si tratta invece di «un’ottima notizia, certamente per risparmiatori e azionisti, ma in fondo anche per il territorio se riusciamo a sollevare un po’ lo sguardo oltre il campanile; perchè dimostra che Ubi è una banca solida, interessante e che ha saputo generare valore. Certo, è un operazione che può presentare criticità se pensiamo alle banche come agenzie di sviluppo locale, ma ormai quella partita e quella funzione, era già da tempo abbandonata, e il sistema economico Italiano, lombardo e bergamasco ha sempre più bisogno di interlocutori bancari che sappiano giocare sui mercati internazionali. Quindi da questo punto idi vista ben venga la fusione».
Per un imprenditore di lungo corso come Roberto Sestini, «dal punto di vista industriale l’operazione è valida, perché permette a Ubi di diventare una banca internazionale. Da un punto di vista del territorio, è un peccato, ma avevamo già un po’ perso quell’identità stretta di un tempo. Piuttosto ora bisognerà capire cosa succede nella struttura della banca: a Bergamo si smonta tutto? Rimangono solo uffici periferici o verrà data la dignità che merita a Bergamo?».
Sentimenti contrastanti anche da parte del presidente della Cdo Bergamo Alberto Capitanio: «Da un lato c’è soddisfazione per l’aggregazione che fa nascere il settimo gruppo bancario d’Europa. Sul fronte affidamenti ci vede invece preoccupati perchè Ubi e Intesa sono i partner bancari di tantissime imprese nostre associate ed è risaputo che a fusione fatta, la somma degli attuali affidamenti difficilmente sarà uguale o superiore ad oggi».
Su L’Eco di Bergamo del 19 febbraio quattro pagine con i dettagli dell’operazione e i commenti di Emilio Zanetti, le istituzioni, i rappresentanti dei lavoratori e i piccoli azionisti.
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