Incubo fallimenti per le imprese
Bergamo, si teme il raddoppio

Nei primi sei mesi del 2021 ipotizzabili 350 a fronte di oltre 700 istanze al Tribunale di Bergamo. Produzione in frenata e consumi di energia giù del 12%.

Di primo acchito può sembrare un paradosso. Le istanze di fallimento al Tribunale di Bergamo, nei primi sei mesi dell’anno, vale a dire in piena emergenza sanitaria, sono diminuite. Erano 366 nel primo semestre 2019, sono scese a 173 nello stesso periodo del 2020. Idem per le dichiarazioni di fallimento: 164 nella prima metà del 2019, 95 nel primo semestre 2020. E, pur muovendosi su cifre molto più contenute, i concordati preventivi presentati nello stesso periodo del 2019 sono stati 20 a fronte dei 15 al 30 giugno di quest’anno.

Un quadro «distorto»
Da qui a dire che siamo nella norma, se non in una situazione addirittura meno peggiore, ce ne passa. Tanto che Laura De Simone, presidente della sezione fallimenti del Tribunale, non esita ad affermare che «nel 2021 si teme il raddoppio delle procedure concorsuali, di cui i fallimenti rappresentano oltre il 50%». Il punto è che il quadro attuale risulta distorto dalle misure a sostegno delle imprese messe in campo dal governo, con un effetto «dilatatore» i cui esiti si inizieranno a vedere presumibilmente l’anno prossimo.

Anche se qualcosa già si intravede, se, come dice De Simone, «i dati sono in timida ripresa, se si considera che al 18 agosto 2019 le istanze di fallimento erano state 383 e al 18 agosto 2020 sono 206 (33 in più da fine giugno, ndr)». Questo «nonostante l’improcedibilità delle istanze dal 9 marzo al 30 giugno e nonostante le sospensioni degli obblighi di pagamenti che necessariamente impediscono ai creditori di procedere nei confronti dei loro debitori».

«Servono aiuti per ripartire»
Che il panorama non sia idilliaco, emerge anche dal fatto che «c’è una riduzione del margine operativo lordo in una forbice che va dal 30 al 40% e a ulteriore conferma si registra un calo del consumo di energia elettrica da parte delle nostre aziende che arriva a toccare il meno 12%», come rimarca la presidente provinciale dell’Ordine dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili, Simona Bonomelli. Che non ha dubbi: «Continuo a sostenere che piccoli bonus non servono a rilanciare le imprese: sono aiuti per la sopravvivenza, non per la ripartenza».

Le misure per chi è in crisi
Sono tre i principali interventi di Palazzo Chigi rivolti alle aziende in crisi, fino al 31 dicembre. «La sterilizzazione di alcune disposizioni di diritto societario», come «la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione», ricorda la giudice De Simone. E ancora: «La creazione per le imprese in concordato o per quelle che abbiano imboccato la via dell’accordo di ristrutturazione del debito di proroghe utili a rielaborare la proposta ai creditori o a rivedere la strategia per uscire dalla crisi». Per finire con «moratorie forfettizzate e generalizzate nei pagamenti anche in relazione agli obblighi correlati all’esecuzione di procedure concorsuali».

Accelerazione già dopo l’estate
Una volta, però, calato il sipario sulla legislazione emergenziale a colpi di decreti legge, «le imprese in difficoltà si troveranno ad affrontare indebitamenti insostenibili aggravati dal Covid», sottolinea De Simone. E «se fosse confermata la previsione di un rischio di default pari al doppio dell’attuale, nel primo semestre 2021 si potrebbero immaginare oltre 700 istanze di fallimento, che condurranno a più di 300-350 fallimenti». In una situazione di grande incertezza, «quel che sembra certo è che già dopo l’estate avremo un’impennata del numero di procedure direttamente proporzionale all’aumento delle imprese in difficoltà», evidenzia De Simone.

Bonomelli, in quanto referente del cluster Made in Italy «Meccanica» del Consiglio nazionale, rileva che «per le aziende metalmeccaniche il problema della liquidità si presenta maggiormente acuito, in particolare per il mancato incasso dai propri clienti, per l’immobilità del sistema bancario e la burocrazia, che resta l’unica a sopravvivere anche ai virus». E tra le proposte che il cluster avanza ci sono «la diminuzione del costo dell’energia, la riduzione della contribuzione dei dipendenti a carico dell’impresa, la completa detassazione del costo per il nuovo personale assunto (per sei mesi-un anno se a tempo indeterminato, per un mese se a tempo determinato da almeno sei mesi), finanziamenti a 20 anni con preammortamento di due-tre anni a tasso tra 0 e 1%, con garanzia delle strutture di categoria o statali». In generale, secondo Bonomelli, sarebbe importante ripartire con una forte iniezione di ricerca e sviluppo «creando nuovi canali di vendita e una nuova digitalizzazione dei processi produttivi».

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