Il pubblico impiego piace ai giovani: in dieci anni raddoppiati gli under 35

LAVORO. Nella Bergamasca erano 4.252 nel 2014, diventati 8.453 nel 2023 (+98,8%). Trainano sanità e scuola. I sindacati: «Settore più attrattivo dopo il Pnrr, anche grazie alla trasformazione tecnologica e alla digitalizzazione».

Nell’immaginario comune aleggia ancora una tinta di grigio ad ammantare gli uffici, mentre sullo sfondo di questa tela si stagliano faldoni e scartoffie. Insomma, non un mondo per giovani. In realtà, i dati vanno a smontare i pregiudizi: la pubblica amministrazione è tornata uno sbocco interessante anche per i giovani. O meglio: dopo anni di flessione, ecco che il settore pubblico ha visto un’iniezione di nuove leve. E così, in Bergamasca nel giro di un decennio sono sostanzialmente raddoppiati i giovani dipendenti pubblici.

Nel 2014 in Bergamasca i dipendenti pubblici erano 41.191, e quelli con un’età fino ai 34 anni erano 4.252, il 10,3% del totale; erano tempi di spending review, di cinghie che si stringevano, di ricambio difficile

Inversione di tendenza

Certo gli ostacoli non mancano, a partire dal nodo salariale e dalla concorrenza – economica, ma anche legata a innovazione e prospettive di carriera – del privato. Però le cifre consegnano quest’inversione di tendenza, come emerge dal recente aggiornamento della banca dati dell’Inps. Nel 2014 in Bergamasca i dipendenti pubblici erano 41.191, e quelli con un’età fino ai 34 anni erano 4.252, il 10,3% del totale; erano tempi di spending review, di cinghie che si stringevano, di ricambio difficile. Ma cos’è successo, da allora e sino a oggi? Un deciso balzo: nel 2023 – stando agli ultimi dati disponibili – i dipendenti pubblici in provincia di Bergamo sono saliti a 45.370 (4.179 in più del 2014), ma soprattutto quelli con un’età fino ai 34 anni sono diventati 8.453 (4.201 in più, +98,8%: praticamente un raddoppio in valori assoluti), rappresentando ora il 18,6% della forza lavoro della pubblica amministrazione orobica.

Svolte e nodi

Si tratta di una crescita in parte lineare, visto che già nel 2019 gli under 35 erano arrivati a 5.730 unità, ma la dinamica è stata sicuramente accelerata nel post-Covid grazie a un’infornata di assunzioni soprattutto in sanità e a un rilancio occupazionale in alcuni settori legati al Pnrr, oltre al classico fattore legato alla sicurezza di quel posto di lavoro. Tutto rose e fiori? «La maggior parte delle assunzioni recenti è avvenuta nella sanità – conferma Giorgio Locatelli, segretario generale della Fp-Cgil di Bergamo –. La sanità pubblica ha tra l’altro delle condizioni più attrattive del privato, in particolare per gli infermieri. Anche le funzioni centrali (come le ramificazioni dei ministeri, ma anche Agenzie delle Entrate, Inps e altri enti analoghi, ndr) hanno fatto assunzioni importanti, ma puntando molto su telelavoro o smart working. In altri ambiti, invece, il privato ancora fatica». Questo perché, a eccezione della sanità, «le professioni più scolarizzate trovano poco sbocco nel pubblico impiego – ragiona Locatelli –: il nodo principale è quello degli stipendi, più competitivi nel privato, mentre nel pubblico c’è una minor valorizzazione che si associa a grandi responsabilità». Come per le figure tecniche degli enti locali (ingegneri, architetti), sempre più cercate ma sempre meno trovate.

«È positivo il nuovo interesse dei giovani, pur differenziato a seconda dei settori, ma i dipendenti pubblici italiani sono i peggio pagati d’Europa».

«Nel settore pubblico – rileva Francesco Corna, segretario generale della Cisl Bergamo – c’è una buona contrattazione: l’ultimo rinnovo contrattuale delle funzioni centrali, firmato solo dalla Cisl, ha portato a un recupero del potere d’acquisto che ha permesso di far fronte a parte dell’inflazione e, guardando alle statistiche, in media in Italia gli stipendi del pubblico sono lievemente superiori a quelli del privato. Per i giovani c’è una maggiore attrattività rispetto al passato, ma dovrà essere così soprattutto per il futuro: la pubblica amministrazione è pesantemente interessata da una digitalizzazione e trasformazione tecnologica importantissima, anche legata ai fondi del Pnrr: servono nuove professionalità, quelle per cui i giovani sono più preparati». «Dopo l’epoca del Decreto Brunetta, qualcosa sembra cambiato – commenta Pasquale Papaianni, coordinatore territoriale della Uil Bergamo e alla guida anche della categoria della scuola –. È positivo il nuovo interesse dei giovani, pur differenziato a seconda dei settori, ma i dipendenti pubblici italiani sono i peggio pagati d’Europa».

L’identikit

Resta però la frattura territoriale, dovuta agli stipendi uniformi in tutto il Paese nonostante le differenti velocità dei territori. «Gli ultimi rinnovi non garantiscono un recupero dell’inflazione, ma anzi si continua a perdere potere d’acquisto – è la posizione di Locatelli -. Il costo della vita del Nord disincentiva ormai i lavoratori del Sud». «Molti lavoratori pubblici hanno il problema della casa – aggiunge Corna – servono serie politiche su questo tema». «I lavoratori pubblici non possono essere i nuovi poveri – rimarca Papaianni –. È necessario un piano abitativo serio, coniugato a politiche per la famiglia».

I numeri

La fotografia più recente dell’Inps consente di tracciare un quadro sui giovani nella pubblica amministrazione bergamasca, partendo dalla stabilità contrattuale: degli 8.453 dipendenti pubblici orobici fino ai 34 anni, 4.676 sono a tempo indeterminato e 3.777 a tempo determinato; in altri termini, il 55,3% ha già il posto fisso, nel 2014 capitava solo al 49,8% dei giovani dipendenti pubblici. Scorre poi la panoramica dei settori più rappresentati: 4.397 lavorano nella scuola, 1.945 in sanità, 1.044 sono nelle forze dell’ordine (comprese forze armate e vigili del fuoco), 842 negli enti locali, poi numeri residuali negli altri ambiti (giustizia, università, altri enti).

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