I redditi crescono per oltre 19 miliardi, ma l’inflazione pesa

L’ANALISI. Un aumento dei redditi pari a 19,1 miliardi di euro è l’impatto positivo creato nelle tasche dei lavoratori italiani dai rinnovi contrattuali dell’ultimo biennio. Un segnale positivo che però non consente un recupero dei redditi.

Redditi falcidiati dall’inflazione, ma - nonostante il drenaggio fatto dal fisco - che consentono di dare una spinta ai consumi di 5,5 miliardi di euro nel solo 2024. Ad accendere un faro sull’impatto degli ultimi rinnovi contrattuali è una indagine realizzata dal Cer per la Confesercenti: un check up che serve per comprende l’impatto che i rinnovi possono avere sulla spesa delle famiglie. «Una riforma del fisco che detassi gli aumenti retributivi - suggerisce lo studio - consentirebbe di generare ben 4 miliardi di consumi in più e avere un impatto positivo sul Pil di 2,4 miliardi».

I dati fiscali

Del resto proprio gli ultimi dati fiscali mostrano proprio come il miglioramento dell’occupazione e i primi segnali di aumento hanno consentito di avere maggior gettito: suono angelico per le orecchie di chi ora si accinge a mettere a punto la manovra. I rinnovi, però, non hanno toccato tutte le categorie. L’ultima rilevazione dell’Istat, ad esempio, calcola che a fine giugno ci sono ancora 34 grandi contratti (di quelli monitorati) che sono in attesa di rinnovo, per un totale di 4,7 milioni di lavoratori. Nel secondo trimestre dell’anno sono stati rinnovati tre accordi, tra i quali la distribuzione moderna organizzata e i pubblici esercizi, mentre ne sono scaduti alcuni come quello dei tessili e del trasporto merci su strada. La nuova stagione si profila sicuramente calda, soprattutto sul fronte dei lavoratori pubblici, che attendono di vedere gli importi che il governo apposterà nella legge di bilancio. Il primo test riguarda proprio il contratto dei ministeriali, che vede al momento contrapposti Aran da una parte e sindacati dall’altra, che riguarda molti lavoratori e solitamente rappresenta un apripista per gli altri contratti pubblici.

Per gli autori della ricerca si tratta di una crescita del 2,4% rispetto all’andamento

Aumenti e caro prezzi

Per quanto riguarda i ministeri sono in corso le trattative tra Aran e i sindacati Gli aumenti che sono scattati, va detto, risultano essere più ampi rispetto agli anni passati, certamente per recuperare la perdita di potere d’acquisto delle famiglie provocata dalla fiammata inflazionistica del biennio 2022-2023.Ma comunque non recuperano l’inflazione degli ultimi due anni. I 19,1 miliardi di aumenti - spiegano i ricercatori del Cer - rappresentano il 2,4% in più rispetto all’andamento inerziale e portano a 879 miliardi a fine 2024 la massa complessiva dei redditi da lavoro dipendente.

L’impatto sulla spesa, però, è depotenziato non solo dal peso del fisco - che, insieme ai contributi sociali, assorbirà 7,1 miliardi di euro - ma anche dalla necessità di ricostituire le riserve erose dagli italiani per far fronte all’aumento dei prezzi.

L’ incremento totale procapite dei redditi è del 7,4% rispetto al 2022. Per i redditi unitari significa un aumento lordo nel biennio di 3.300 euro che consente un recupero non totale dell’aumento dei prezzi. L’impatto sulla spesa, però, è depotenziato non solo dal peso del fisco - che, insieme ai contributi sociali, assorbirà 7,1 miliardi di euro - ma anche dalla necessità di ricostituire le riserve erose dagli italiani per far fronte all’aumento dei prezzi.

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