Crisi grano e mais: Bergamo recupera 1.500 ettari incolti

La decisione L’Ue sblocca terreni a riposo per attenuare il blocco della produzione ucraina causato dal conflitto. Giavazzi (Confagricoltura): passo avanti, ma non risolve.

Cambio di rotta dell’Unione Europea sui terreni incolti. Saranno tra 1.200 e i 1.500 gli ettari in provincia di Bergamo che verranno presto avviati a coltivazione. La guerra in corso ha evidenziato la debolezza e la dipendenza dell’Ue sull’approvvigionamento energetico e alimentare. La produzione ucraina incide per il 10% sul mercato mondiale del grano, il 15% sul mais e arriva al 50% per gli oli vegetali. La decisione della Ue di mettere a coltura per il 2022 le superfici finora a riposo determina un incremento di 4 milioni di ettari a livello europeo, 200mila ettari per l’Italia, 11mila per la Lombardia e una stima tra i 1.200 e 1.500 ettari per la provincia di Bergamo.

«Le risposte dall’Europa sono il minimo che possono concederci - commenta Renato Giavazzi, presidente di Confagricoltura Bergamo -. Già lo scorso marzo avevamo chiesto lo sblocco delle superfici a riposo per la campagna agricola in corso, per consentire l’incremento del potenziale produttivo dell’agricoltura europea e contribuire ad evitare una crisi alimentare globale. La situazione, complessa e difficile, ha fatto innalzare fin da subito i prezzi delle commodity agricole dando sfogo anche a speculazioni - prosegue Giavazzi -. Il tutto ha prodotto un incremento dei costi dei mangimi per il bestiame a cui si è aggiunto l’incremento di costo dell’energia che hanno azzerato le marginalità delle nostre imprese».

Brivio (Coldiretti) «Fattore positivo, ma restiamo ancora costretti a importare materie prime»

Lo sblocco delle superfici agricole «rappresenta un piccolo passo che tampona una situazione contingente ma non risolve il problema dell’approvvigionamento alimentare - aggiunge Renato Giavazzi -. Le nostre richieste all’Ue erano orientate ad una visione più lungimirante in previsione della riforma della Pac che partirà dal 2023 e che prevede ancora il set-aside e le aree Efa non consentendo lo sfruttamento di tutto il potenziale produttivo nazionale». In sostanza, una politica agricola europea con una visione di lungo periodo avrebbe permesso di risolvere definitivamente la dipendenza atavica dell’Italia dall’importazione di mais, soia e frumento da altri Paesi, un incremento del potenziale produttivo «che poteva essere sviluppato con il recupero dei terreni abbandonati ed incolti che ammontano a circa 1 milione di ettari - conclude Giavazzi -. Bene quindi l’iniziativa Ue di consentire la deroga al riposo per quest’ anno, male invece non aver considerato una revisione della nuova Pac indirizzata ad un incremento della produzione e della produttività comunque con tecniche sostenibili».

Una politica agricola europea con una visione di lungo periodo avrebbe permesso di risolvere definitivamente la dipendenza atavica dell’Italia dall’importazione di mais, soia e frumento da altri Paesi.

Anche Coldiretti Bergamo plaude a tutte le iniziative volte a ridurre la dipendenza dall’estero «da dove arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del bestiame, il 35% del grano duro per la produzione di pasta e il 64% del grano tenero per la panificazione - fa presente il presidente Alberto Brivio -. Il fatto di recuperare altra superficie coltivabile è sicuramente positivo, ma sono diverse le variabili che non ci permettono di essere autosufficienti. L’Italia infatti è oggi costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti per anni agli agricoltori, che si trovano costretti a ridurre la produzione. Oggi ci si accorge che è stato un grave errore lasciare campo libero a quelle industrie che per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale - conclude Brivio - approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale».

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