Corsa a ostacoli per spedire le merci: danni per 20 milioni
In Bergamasca Colombo (spedizionieri): il lavoro frena. «La situazione dei porti si sta normalizzando ma ora manca la merce da spedire, la guerra blocca le filiere».
Angelo Colombo entra nel consiglio direttivo nazionale di Fedespedi, la Federazione delle imprese di spedizioni internazionali, appena nominato dall’assemblea generale che ha eletto Alessandro Pitto presidente per il triennio 2022-2025. Per Colombo il nuovo incarico si aggiunge a quello di revisore dei conti in Confetra (Confederazione Trasporti) e alla presidenza di Asco Bergamo, l’associazione che dal 1975 raggruppa spedizionieri, corrieri e autotrasportatori della provincia.
Pesa il caro carburante
È un momento nero per la categoria, che nella Bergamasca conta un’ottantina di aziende per un migliaio di addetti e un volume d’affari di 700 milioni di euro. Negli ultimi due anni, tra gli effetti del Covid e la guerra in Ucraina, gli spedizionieri hanno dovuto vedersela con ritardi nelle spedizioni internazionali, costi dei noli marittimi alle stelle, blocchi di porti importanti come quelli cinesi di Yantian, Ningbo e, più di recente, Shanghai.
Il settore è in difficoltà su più fronti. I trasporti su gomma risentono dei rialzi del carburante, «basti pensare che petrolio Brent due mesi fa arrivava già a 95 dollari al barile e adesso ha superato i 110 dollari - sottolinea Colombo, che è presidente del consiglio d’amministrazione della Zaninoni di Bagnatica - mentre i costi dei trasporti marittimi sono quintuplicati negli ultimi 24 mesi. In più, con la guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e le difficoltà dei porti l’approvvigionamento di materie prime e semilavorati soprattutto per la siderurgia è fermo e fonti alternative, come l’India o l’Estremo Oriente e il Sud America, hanno costi ben superiori a quelli ai quali eravamo abituati prima».
Per gli spedizionieri tutto questo significa meno lavoro e fatturati statici o addirittura in ribasso. «Ora il problema si è ribaltato - continua Colombo -. Anche se i prezzi dei noli sono ancora molto alti, la situazione nei porti si sta normalizzando e gli ordini sono tornati, ma il vero dramma è che mancano i materiali da spedire, con conseguenze su tutta la filiera. E la guerra in Ucraina sta facendo anche peggio: negli ultimi quattro mesi soltanto nella Bergamasca la nostra categoria ha registrato perdite di fatturato complessive per 20 milioni di euro».
A Odessa si scaricano le navi
Con il porto di Odessa in stallo, le spedizioni sono bloccate. «La mia azienda ha diverse centinaia di tonnellate di prodotti siderurgici impossibili da imbarcare - racconta Colombo -. Ora i produttori ucraini stanno cercando di svuotare i container per spostare la merce via terra nei porti romeni in modo da farli arrivare in Italia per mare. Questo è un espediente momentaneo, bisognerà invece pensare a una soluzione strutturale, perché non sappiamo quanto ancora durerà questa guerra».
L’aereo solo per merci leggere
Trovare alternative non è semplice. La via aerea è concepibile solo per alcune tipologie di prodotti, come l’alta tecnologia con basso peso e volume, i prodotti farmaceutici, la moda, «altrimenti i costi sono insostenibili - conclude Colombo - ma mentre per la pandemia il governo ci ha aiutato con gli ammortizzatori sociali, stavolta nulla è stato fatto, a parte i tagli alle accise sui carburanti».
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