Con il decreto Ristori aiuti alle partite Iva
Contributi in due tempi, ecco cosa sapere

È entrato in vigore il decreto Ristori (d.l. 137 del 28 ottobre 2020) che coinvolgerà 462 mila aziende per 53 codici Ateco, ovvero le combinazioni alfanumeriche che identificano l’attività economica.

Si tratta di un aiuto per le partite Iva, colpite dalle nuove restrizioni messe a punto dal governo per contenere l’attuale ondata di contagi da coronavirus. E «almeno sulla carta – spiega Simona Bonomelli, presidente dell’Ordine dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili di Bergamo – la procedura per chiedere gli indennizzi sembrerebbe più semplice».

Lo spartiacque di agosto

Le imprese che avevano già presentato la domanda entro agosto di quest’anno in base al decreto Rilancio, infatti, beneficeranno direttamente (senza bisogno quindi di fare richiesta) del nuovo ristoro attraverso l’accredito dell’importo sul proprio conto corrente, da parte dell’Agenzia delle entrate, entro il 15 novembre.

Tempi più lunghi - entro il 15 dicembre - sono previsti invece per chi per la prima volta dovrà fare domanda, comprese le imprese con un volume di affari che supera i 5 milioni di euro, visto che in questo decreto non ci sono limiti di fatturato. «Ma considerato quello che è successo gli scorsi mesi – commenta Bonomelli - non azzarderei ipotesi di date che regolarmente non vengono rispettate».

Per questi ultimi l’istanza andrà inviata on line e il criterio sarà lo stesso: dovranno dimostrare che il fatturato dell’aprile del 2020 sia risultato meno del 66% di quello di aprile del 2019, salvo che la partita Iva sia stata attivata dopo il gennaio 2019.

A proposito di partita Iva, per evitare che gli aiuti finiscano a chi non ne ha diritto, è stata indicata la giornata del 25 ottobre come data spartiacque: non potrà accedere al contributo chi l’avrà attivata dopo o cessata prima.

Chi ha diritto ai ristori

Sono 2,4 i miliardi di euro messi a disposizione dal decreto Ristori e andranno suddivisi tra quattro categorie con un contributo proporzionale. La prima categoria prevede il 100% di quanto già ricevuto con il decreto Rilancio e si rivolge alle attività meno danneggiate come i taxi e il trasporto mediante noleggio; la seconda categoria avrà diritto al riconoscimento del 150% e vi rientrano, ad esempio, i bar senza cucina, le gelaterie e le pasticcerie, gli alberghi e i villaggi turistici; nella terza categoria con rimborso al 200% sono comprese le attività costrette a chiudere alle 18, come i ristoranti, o costrette a chiudere del tutto come palestre e piscine, cinema e teatri, fiere; l’ultima categoria, che gode di un ristoro del 400%, riguarda le imprese chiuse ancora prima che entrasse in vigore questo decreto, quindi sale da ballo e discoteche.

Si stima che l’importo rimborsato alle singole attività economiche, e relativo al mese in cui sarà in vigore il decreto, sarà compreso tra un minimo di 1.000 euro e un massimo di 150 mila euro.

I punti critici

Le criticità però non sono poche e lo sottolinea la presidente dei commercialisti: «Ancora una volta rimangono esclusi da queste misure di sostegno i professionisti come la nostra categoria, che è in prima linea nell’emergenza e che, ad esempio, ha dovuto sostenere investimenti per le nuove soluzioni informatiche.

Ma bonus “una tantum” a parte, siamo stati completamente dimenticati», puntualizza Bonomelli, che aggiunge: «Posto poi che la questione salute è prioritaria, faccio comunque fatica a condividere le scelte del decreto. Ci sono imprese che, per adeguarsi alle norme, in questi mesi hanno investito molto per garantire la sicurezza adeguata. Forse sarebbe stato meglio verificare l’attivazione di questi protocolli piuttosto che optare per soluzioni generalizzate. Un’attività non può essere più o meno rischiosa a secondo delle fasce orarie».

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