Cibo, gli italiani tra i più spreconi d’Europa. Ma ora si punta a una svolta contro l’inflazione e il caro bollette

Il report. Buttare meno cibo: sembra una delle sfide più importanti anche per il nuovo ministero della Sovranità alimentare che nasce dalla trasformazione del ministero delle Politiche agricole.

Una sfida che però non è solo economica: lo spreco alimentare incide infatti in modo sensibile sull’inquinamento a causa dell’emissione di gas serra. Ma c’è di più: secondo il World FoodWaste Report gettare cibo nella spazzatura non è solo questione alimentare e ambientale ma anche uno spreco di energia. Quella «nascosta» nel cibo gettato nelle case italiane, secondo calcoli attualizzati al 2022, vale 6,4 miliardi, ed era 4 miliardi di euro nel 2021.

nell’Ue sono stati sprecati circa 127 chilogrammi di cibo per abitante. Le famiglie hanno generato il 55% degli sprechi alimentari, pari a 70 kg per abitante. Il restante 45% è costituito da rifiuti generati nella filiera alimentare

L’Italia in questa «classifica» europea appare tra i paesi più «spreconi» e quindi più inquinanti: nel 2020, il primo anno della pandemia di Covid, - spiega Eurostat dopo l’ultimo monitoraggio - nell’Ue sono stati sprecati circa 127 chilogrammi di cibo per abitante. Le famiglie hanno generato il 55% degli sprechi alimentari, pari a 70 kg per abitante. Il restante 45% è costituito da rifiuti generati nella filiera alimentare.

L’Italia in questo caso fa peggio della media Ue-26: i chili di cibo che vanno a finire nella pattumiera sono 146 (107 quelli delle famiglie). Al top dello spreco Cipro con quasi 400 kg, ma solo 70 per ogni abitante.

«La lotta allo spreco alimentare dei consumatori - spiega Eurostat - rimane una sfida sia nell’Ue che a livello mondiale. Lo spreco alimentare domestico rappresenta quasi il doppio degli sprechi alimentari derivanti dai settori della produzione primaria e della fabbricazione di prodotti alimentari e bevande (14 kg e 23 kg per abitante; 11% e 18%, rispettivamente), settori in cui esistono strategie per ridurre rifiuti alimentari, ad esempio con l’uso di parti di scarto come sottoprodotti».

Ristoranti e servizi di ristorazione rappresentano 12 kg di rifiuti alimentari a persona (9%), mentre la vendita al dettaglio e altre distribuzioni di cibo era il settore con la minor quantità di rifiuti alimentari (9 kg; 7%); tuttavia, l’impatto dei lockdown da covid su questi due settori è ancora in fase di analisi.

Ma, ironia della sorte, una mano all’ambiente la potrebbe dare l’inflazione: più di un italiano su 3 (35%) - secondo una recente analisi della Coldiretti su dati Coop sui comportamenti nei prossimi 6-12 mesi - taglierà gli sprechi nei prossimi mesi, adottando a casa soluzioni per salvare il cibo e recuperare quello che resta a tavola, con una svolta green spinta dall’inflazione e dai rincari di gas e bollette

«L’aumento dei prezzi e le preoccupazioni per la nostra impronta ambientale ci rendono tutti consapevoli della necessità di utilizzare le risorse che abbiamo in modo efficiente, riducendo al minimo gli sprechi. Un modo semplice sarebbe aumentare la consapevolezza sulla quantità annuale di rifiuti alimentari che produciamo. I rifiuti alimentari in particolare hanno un elevato impatto ambientale e climatico, in quanto costituiscono un’ulteriore fonte di emissioni di gas serra».

Ma, ironia della sorte, una mano all’ambiente la potrebbe dare l’inflazione: più di un italiano su 3 (35%) - secondo una recente analisi della Coldiretti su dati Coop sui comportamenti nei prossimi 6-12 mesi - taglierà gli sprechi nei prossimi mesi, adottando a casa soluzioni per salvare il cibo e recuperare quello che resta a tavola, con una svolta green spinta dall’inflazione e dai rincari di gas e bollette.

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