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Giovedì 24 Ottobre 2024
«ChorusLife è nata per dare emozioni. La tecnologia al servizio delle persone»
L’INTERVISTA. L’architetto Di Pasquale ha «firmato» il progetto del cavalier Bosatelli: «La bellezza dell’incontro e dello stare insieme è stato il filo conduttore», tra piazze con archi danzanti e l’Arena con la facciata «viva».
Piazze con archi danzanti, un’Arena con la facciata che vibra, la completa pedonalizzazione interna. Tutto in ChorusLife parla della bellezza dello stare insieme, di una «vita corale», nomen omen. Quell’impronta che il cavaliere Domenico Bosatelli ha voluto dare sin dall’inizio alla sua «creatura», interpretata dall’architetto Joseph Di Pasquale, firma sia del masterplan urbanistico sia delle singole realizzazioni della super rigenerazione da 400milioni di euro sui 70mila metri quadri dell’ex Ote . «Sarà uno spazio emozionante», assicura Di Pasquale che consegna alla città un «pezzo di vita».
Architetto , come ha conosciuto il cavalier Bosatelli e come è nata la collaborazione per ChorusLife?
«L’ho conosciuto da ragazzo, negli Anni ’90 ho seguito alcuni interventi industriali per Gewiss.
Poi sono stato in Cina per lavoro diversi anni e ci siamo persi di vista. Rientrato in Italia, il 3
dicembre 2014 l’ho chiamato per gli auguri di buon compleanno e mi ha detto: “Vieni a trovarmi che ho una cosa che possiamo fare insieme”. Da lì abbiamo iniziato a parlare di ChorusLife. L’ho sempre stimato come grande imprenditore, e lui ha intuito il mio talento».
Condivide la definizione di «visionario» che viene spesso associata al cavalier Bosatelli e quindi a ChorusLIfe?
«È una definizione pertinente, perché il cavalier Bosatelli ha sempre avuto una visione che andava molto al di là della sua attività imprenditoriale. Per lui fare impresa era un’attività sociale per contribuire al benessere e al progresso della comunità, del territorio. ChorusLife ha dentro proprio questa idea di socialità, dello stare insieme, di una vita corale. C’è un’immagine che ha accompagnato tutto l’iter».
Quale?
«Il cavalier Bosatelli era solito ricordare il giorno in cui, alla fine della seconda guerra mondiale, era andato in bici da Bergamo a Milano e si era ritrovato in piazza Duomo con tanta altra gente, tutti insieme, felici, senza differenze. Questo spirito ha accompagnato tutto il progetto e resta nei muri che sono stati costruiti. Questa positività si percepisce soprattutto nelle piazze di ChorusLife, caratterizzate da archi che sembrano danzare».
Che centralità hanno le piazze nell’«esperienza emozionale» di ChorusLife?
«Quando ho disegnato il masterplan ho avuto come obiettivo fondamentale il disegno dello spazio vuoto prima dei volumi costruiti. Come ha scritto Edith Stein ne “Il problema dell’empatia” per generare delle relazioni bisogna innanzitutto “fare spazio”. Così le piazze sono state poste al centro del lotto, per “fare spazio”, per favorire l’incontro e le relazioni, e tutti gli edifici sono stati costruiti sul perimetro».
Le piazze hanno di solito archi, portici. Che identità hanno le piazze di ChorusLife?
«Abbiamo voluto dare una forte identità architettonica alle piazze, con una rilettura contemporanea dell’archetipo dell’arco classico. Questo “portico del XXI secolo” è stato realizzato con una tecnologia digitale super all’avanguardia, grazie a una cassaforma che si modifica digitalmente, una tecnologia unica al mondo, che si fa a Bergamo ed è stata applicata qui per la prima volta».
Anche l’Arena di ChorusLife è concepita come una grande piazza coperta, che può arrivare fino a 6.500 posti.
«Ci sono tante arene nel mondo, ma questa ha diverse caratteristiche peculiari che la rendono unica. Combina infatti la tipologia dell’anfiteatro romano (applicata al primo livello, con una visione a 360°) e quella del teatro greco (al secondo livello, con una visione di 180°). È così adatta a eventi sportivi ma anche a spettacoli, mantenendo comunque sempre lo spettatore molto vicino al palcoscenico. Lo spazio, inoltre, è totalmente flessibile, automatizzato, riconfigurabile e tecnologicamente all’avanguardia».
Altra caratteristica dell’Arena che non passa inosservata è la facciata.
«L’Arena ha due facce: una verso la città, su via Serassi, sobria e composta, in modo da non essere imponente verso l’abitato vicino. E poi c’è la “faccia” interna, morbida e sorprendente, con la curvatura che segue le piazze interne».
Questa «faccia» l’ha definita un «organismo vivo». Cosa intende?
«È una delle facciate dinamiche più grandi al mondo (è lunga 200 metri e alta 15,ndr), composta da migliaia di tesserine di alluminio che si muovono e vibrano col vento, disegnando con i loro riflessi onde sempre diverse sulla facciata. Lo specifico sistema di ancoraggio e di fissaggio è un mio brevetto, è stato testato nella galleria del vento del Politecnico di Milano ed è stato utilizzato per la prima volta proprio a ChorusLife».
L’idea di socialità inclusiva, intergenerazionale e senza barriere va a braccetto con la tecnologia in ChorusLife. Come si tengono insieme questi due aspetti?
«La tecnologia non deve mai essere un fine ma sempre un mezzo per densificare e facilitare le relazioni. In ChorusLife la tecnologia è al servizio del miglioramento delle relazioni tra le persone. Gli spazi pubblici, ad esempio, sono completamente pedonalizzati, senza strade interne. Un elemento che recupera la dimensione dell’incontro caratteristica dei centri storici. Promuoviamo un comportamento virtuoso, l’andare a piedi, senza imporlo, visto che comunque ci sono dei parcheggi sotterranei dove poter arrivare in auto».
A proposito di tecnologia, ChorusLife è considerato il primo vero smart e digital district in Italia. Cosa significa?
«È la prima volta che la tecnologia Bim (building information modelling) viene applicata dall’inizio alla fine e in modo così esteso a un intero pezzo di città. È stato cioè impiegata una modellazione digitale per tutta la progettazione, prima della costruzione reale. C’è poi tutta la parte di gestione delle risorse e della produzione dell’energia che punta all’autosufficienza, un altro aspetto di grande innovazione e sostenibilità».
La gestazione di ChorusLife, dal primo schizzo agli ultimi ritocchi di questi giorni, è durata nove anni. Ci sono stati dei momenti in cui si è chiesto “chi me l’ha fatto fare”?
«No, perché si mette in conto che più sono grandi i progetti più sono grandi gli imprevisti che possono capitare. Abbiamo però tenuto duro e i risultati sono qui da vedere. I momenti più critici sono stati legati al Covid - il cantiere era appena partito e si è dovuto bloccare, ma in quel periodo abbiamo lavorato molto sul “pensiero” - e poi ci sono state le guerre, che hanno fatto aumentare i costi dei materiali. Ma superati questi ostacoli, c’è stata una forte accelerazione. La realizzazione vera e propria è durata quattro anni, un record, nonostante quello che è accaduto nel mentre. Bisogna riconoscere il grande merito di Fabio Bosatelli, che ha dato continuità e completezza alla visione del padre».
E qual è stato il momento più bello di questa «avventura»?
«È stato bello vedere ChorusLife costruita, anche oggi (ieri, ndr) ero a vedere l’Arena. Ma il momento più bello deve ancora venire e sarà quello in cui ChorusLife si riempirà di tante persone che l’abiteranno, la vivranno e la sentiranno come un pezzo importante della loro città».
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