Caro vita, il carrello tricolore serve a poco. E i risparmi delle famiglie calano ancora

PREZZI ALLE STELLE. I consumatori: «Operazione di facciata, nel paniere prodotti che spesso andavano già in sconto». E intanto sui conti correnti dei bergamaschi ci sono 2,3 miliardi di euro in meno: pesano inflazione e aumento dei mutui variabili.

«Ancora più convenienza», una «spesa completa» a «prezzi vantaggiosi». Lo annunciano i cartelloni pubblicitari all’imbocco dei supermercati, rilanciando il nuovo «carrello tricolore». Alla prova dei fatti, però, il «patto anti-inflazione» sembra rischiare di trasformarsi in un trimestre di caccia al tesoro. E una volta trovato, questo tesoro non brilla poi troppo. Non che ci si aspettasse una svolta salvifica, ma qualcosa in più forse sì. Basta destreggiarsi tra le corsie di un paio dei principali market della città. I clienti certo non s’affannano a svuotare gli scaffali dai prodotti «a prezzi bloccati», anche perché quei prodotti non sono proprio tra i più gettonati: in generale le grandi catene hanno incluso solo una gamma ristretta di prodotti (diverse decine, ma a fronte di un’offerta commerciale quasi sterminata), peraltro quelli a proprio marchio e dunque già di per sé i più convenienti (o, come punzecchia qualche cliente, «che spesso sono già scontati»). «Serve il lanternino», ride amaramente una pensionata in cerca della pasta a prezzo scontato, dopo aver fatto passare tutti i marchi più noti per poi trovare quello col «carrello tricolore». Ma soprattutto, si chiede un’altra cliente: «Come faccio a sapere quanto risparmio, visto che non c’è il prezzo vecchio?».

Partito ufficialmente l’1 ottobre, il «trimestre anti-inflazione» durerà sino a fine anno: in questo periodo, spiega il governo, «le imprese aderenti promuoveranno una selezione di articoli a prezzi contenuti mediante modalità flessibili». Inizialmente in tutta la Bergamasca era segnalata l’adesione di 303 attività commerciali, ora il nuovo elenco è salito a quota 385; ci sono anche alcuni dei supermercati più noti, come Esselunga, Coop, Conad, Il Gigante, Iper e così via, ma pure le farmacie (la lista completa è sul sito www.mimit.gov.it).

«Operazione di facciata»

«Un’operazione di facciata», la definisce Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo. «Ma è l’impressione che avevamo avuto sin dall’inizio, confermata poi dai fatti – aggiunge Busi –: il risparmio è irrisorio, non tutti i negozi hanno aderito, e quelli che hanno aderito hanno scelto anche dei prodotti che periodicamente già scontavano. Insomma, cambia poco o niente. Nelle premesse l’operazione poteva essere positiva, a fronte del costo della spesa che sale ormai senza freni: nella realtà, invece, si è rivelata un flop autocelebrativo. Peraltro le associazioni dei consumatori non sono state coinvolte nell’operazione, e rimane il nodo dei controlli». «E potrebbe esserci addirittura un paradosso – segnala Christian Perria, presidente di Federconsumatori Bergamo –. L’iniziativa prevede che i prezzi siano bloccati per tre mesi: bene, ma se il prezzo di una materia prima, per esempio il latte, dovesse scendere nel corso di questo trimestre, i prezzi rimarranno comunque più alti? È difficile che succeda, visto che l’inflazione continua a correre, ma anche questo è un aspetto che sembra essere stato tralasciato. È venuta a galla la sconfortante realtà che prospettavamo: al di là delle buone intenzioni e dell’ottimismo, c’è poca concretezza».

Risparmi delle famiglie: -1,4 miliardi

La situazione per le famiglie e i consumatori resta critica, ieri lo hanno fotografato anche i nuovi dati dell’Istat: tra aprile e giugno il reddito disponibile delle famiglie è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,2%; cala anche la propensione al risparmio e il potere d’acquisto. E mentre tutto cresce, i conti correnti dei cittadini appunto si alleggeriscono. Anche in Bergamasca, basta scorrere gli ultimi dati della Banca d’Italia: al 31 dicembre 2022 sui conti bancari della provincia di Bergamo (imprese, famiglie, amministrazioni pubbliche) erano depositati 37 miliardi e 969 milioni di euro, scesi a 35 miliardi e 666 milioni di euro a fine luglio 2023 (2 miliardi e 303 milioni di euro in meno). Calano soprattutto i risparmi delle «famiglie consumatrici» (le famiglie che non hanno imprese familiari): dai 24 miliardi e 339 milioni di euro di fine 2022 si è scesi ai 22 miliardi e 922 milioni di euro di fine luglio 2023, con un calo di un miliardo e 417 milioni di euro. «L’inflazione e il costo della vita picchiano duro. Aggiungiamoci anche l’aumento dei mutui, in particolare quelli a tasso variabile. Tutto ciò ha generato un abbattimento dei depositi bancari – osserva Carlo Piarulli, bergamasco alla guida del dipartimento Credito di Adiconsum nazionale –. Un altro indicatore della difficile fase delle famiglie è la diminuzione della richiesta di nuovo credito al consumo proprio per via dell’aumento dei tassi. Dall’altro lato, gli italiani hanno ridotto la propria propensione al risparmio. Di per sé non è negativo, perché potrebbe significare anche la scelta di fare investimenti: in realtà, in questa fase il risparmio si riduce soprattutto perché la vita costa di più».

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