Economia / Bergamo Città
Domenica 03 Ottobre 2021
Camion e bus, in provincia di Bergamo mancano 610 autisti
Non si trovano addetti, c’è un gap culturale. Proposta Fai: ripristinare il capomacchina esperto che affianca i più giovani. Si rischia un rialzo dei prezzi.
All’appello mancano 610 autisti. Questo è il dato che emerge chiaro per la Bergamasca dalle rilevazioni Excelsior di Unioncamere sulle previsioni di assunzione delle imprese. L’altro valore inequivocabile è espresso da due percentuali: solo il 2,9% delle società dichiara di avere problemi nel reperimento per la mancata preparazione del personale, mentre ben il 35,2% spiega che il problema è proprio la carenza di candidati. Nonostante la domanda, in un territorio come quello bergamasco dove la disoccupazione viaggia su percentuali molto basse, la concorrenza non è solo fra azienda e azienda, fra trasporto di merci o persone come in questo caso, diventa una questione di opportunità fra professioni. Un problema reale, che diventa anche culturale, visto lo scarso appeal che attualmente riscuote la professione.
In ogni caso la carenza di 610 autisti è dato su cui riflettere soprattutto per le aziende. Doriano Bendotti segretario provinciale Fai (Federazione autotrasportatori italiani), è lapidario sulla conseguenze a cui questa situazione porterà: «Sarà la legge della domanda e offerta a regolare il tutto: con minore disponibilità di autisti, aumenteranno le tariffe del trasporto che i committenti dovranno rigirare sul costo dei loro prodotti e alla fine sarà il consumatore finale a pagare. Bisogna intervenire subito e anticipare l’innescarsi di questo fenomeno».
Il mondo degli autisti si divide sostanzialmente in due categorie: quelli che operano nel trasporto merci e chi si occupa del trasporto persone. Un divario che è netto solo a parole. Infatti, durante i recenti stop a cui sono stati soggetti soprattutto i bus turistici o chi fa servizio scolastico, molti autisti in cassa integrazione hanno preso le loro patenti e si sono rivolti alle aziende del trasporto merci, all’opposto oberate di lavoro e richieste. Una diaspora recuperata solo in parte con la ripresa dell’attività, come spiega Diego Astori, responsabile operatività di Zani Viaggi: «Al momento cerchiamo ancora una decina di persone sulle linee, mentre per il servizio noleggio con conducente, la ricerca è costante». Per Astori i problemi della categoria risiedono molto in come la professione è cambiata: «Quella della patente è una questione concreta, una volta si faceva durante il militare e avevi una professione in mano, oggi stiamo studiando un modo per pagare le patenti e riuscire, al contempo a tutelarci con in un lasso di tempo di lavoro che ripaghi l’investimento».
Dall’altro lato della strada Matteo Testa, direttore risorse umane di Italtrans spiega: «Ci sono questioni che riguardano la formazione - oggi agli autisti sono richieste competenze complesse, guidano mezzi altamente tecnologici e sono impegnati su più versanti, anche in rapporto ai clienti – e soprattutto i tempi di lavoro. Noi continuiamo a investire nel personale viaggiante e cerchiamo iniziative efficaci per creare attrattiva intorno alla figura degli autisti, per superare vecchi stereotipi e sottolineare come si tratti di autentici professionisti della strada».
Rendere la professione più «attraente» è dunque una delle strade possibili da percorrere. Ne è convinto anche Giuseppe Cristinelli, presidente Fai di Bergamo che lancia la proposta: «Ripristiniamo la figura del camionista “capomacchina” al fianco dei giovani sulla stessa vettura». La ricetta di Cristinelli per superare la mancanza di autisti e il mancato ricambio generazionale del settore, ripesca dal passato una pratica ormai caduta in disuso: «Negli anni ’60 sui mezzi pesanti viaggiavano due conducenti, il capomacchina esperto e un collega più giovane e inesperto, entrambi alla guida, uno a formare, l’altro ad apprendere».
La proposta di Cristinelli potrebbe concretizzarsi solo con aiuti statali: «Ai giovani aspiranti autisti andrebbero uno stipendio adeguato ottenuto attraverso una decontribuzione, affinché per l’impresa i costi si alleggeriscano. Infine si può trasformare il tempo trascorso in cabina, accanto al capomacchina, in ore da considerarsi valide per l’ottenimento della patente e della Cqc».
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