Cala la fiducia delle imprese e dei consumatori: l’inflazione supera le retribuzioni di 5 punti

PROSPETTIVE ECONOMICHE. Ottobre è il terzo mese consecutivo di calo della fiducia per le imprese che ha toccato i minimi dell’aprile 2021, mentre per i consumatori è il quarto mese di calo consecutivo, il peggiore da giugno, con un tonfo dell’indice di quasi quattro punti (dal 105,4 di settembre a 101,6 di ottobre).

Se non ci fossero gli indici dell’Istat, a provare il pessimismo generale basterebbero le stime di Federalberghi per il ponte di Ognissanti che certificano più di 3,35 milioni di persone in partenza in meno rispetto al ponte dell’anno scorso. Gli effetti incontrollabili e imprevedibili di due guerre a poche migliaia di chilometri, si sono in fretta sostituiti all» uforia post Covid; mentre gli effetti benefici dei mille cantieri che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha aperto e aprirà per il momento non si vedono. Prova è il crollo del fatturato dell’industria di agosto che segna un -5% tendenziale (dopo il -1,6% di luglio), dato che precipita ancora (-5,7%) se si guarda al fatturato realizzato sul mercato interno.

L’economia del Paese segna il passo

Il mercato interno ormai da tempo è meno dinamico di quello estero. Il fatturato delle industrie manifatturiere - spina dorsale del Pil - segnano una flessione sia in valore sia in volume (rispettivamente, -5% e -5,5%). Ma non è l’unico dato negativo che emerge dall’Istat: le retribuzioni sono costantemente e pesantemente sotto i livelli dell’inflazione. «Nonostante la decelerazione dell’inflazione, nei primi nove mesi dell’anno la distanza tra la dinamica dei prezzi (IPCA) e quella delle retribuzioni contrattuali supera ancora i cinque punti percentuali», ha sottolineato l’Istat nel suo commento alla nota trimestrale sui contratti e le retribuzioni.

Lavoro e stipendi

Nei primi nove mesi del 2023, la retribuzione oraria media è stata solo del 2,6% più elevata di quella registrata nello stesso periodo del 2022. Ma non tutti i lavoratori dipendenti hanno ancora avuto rinnovato il loro contratto di lavoro. La maggioranza (il 54%) resta in attesa del rinnovo e continua a percepire retribuzioni che non sono mai state adeguate all’impennata monstre dell’inflazione che giusto un anno fa sfiorava il +12%. In questa situazione si trovano 6,7 milioni di dipendenti. Fra coloro che hanno avuto un aumento nelle retribuzioni, non tutti hanno avuto lo stesso trattamento, «I settori che presentano gli aumenti di retribuzione tendenziali più elevati sono: attività dei vigili del fuoco (+11,3%), settore metalmeccanico (+6,2%) e servizio sanitario nazionale (+5,9%); l’incremento è nullo per farmacie private e per pubblici esercizi e alberghi», ci ricorda l’Istat. Ma, dati alla mano, fra i lavoratori dipendenti nessuno è riuscito ad allineare realmente la propria capacità di spesa all’inflazione. «Adeguare tutte le retribuzioni all’ inflazione. Serve la scala mobile», esorta allora l’Unione Nazionale Consumatori.

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