Boost, chiesto il concordato in bianco. E la produzione di agende continua

La domanda presentata venerdì 6 agosto al Tribunale di Bergamo, dopo un tentativo di ristrutturazione non andato in porto. Il presidente Carrara: è lo strumento più idoneo per tutelare attività e dipendenti. Lunedì assemblea sindacale.

Le voci che si rincorrono ormai da tempo sulla bocca di sindacalisti e lavoratori, hanno trovato un fondamento. Il concordato preventivo non è più solo un’ipotesi: è diventato realtà nel momento in cui il presidente Marzio Carrara ha comunicato ai rappresentanti sindacali di Fistel-Cisl e Slc-Cgil che la Boost di San Paolo d’Argon ieri ha depositato la domanda al Tribunale di Bergamo. È l’inizio di un percorso e, come ogni nuova via che si intraprende, non mancano le incognite. Tanto che, assicura Paolo Turani, segretario generale della Slc-Cgil di Bergamo, il suo telefono ha squillato per tutto il pomeriggio, tante erano le persone - in primis i dipendenti - in attesa di conoscere i dettagli. Ed è il motivo per cui lunedì è convocata un’assemblea dei lavoratori (dalle 13,30 alle 14,30) nel magazzino dello stabilimento di Cenate Sotto, l’altra sede bergamasca del gruppo. Non è certo indifferente il fatto che si tratti di un concordato in continuità aziendale: significa che l’attività prosegue e che Boost si impegna a presentare un piano concordatario. La realtà nata nel 2018 dall’unione di Lediberg e Arti Grafiche Johnson, continuerà a realizzare prodotti editoriali, agende, diari e taccuini. Un aspetto positivo, pur in una situazione delicata e complessa, per i circa mille addetti che si dividono tra il sito produttivo di San Paolo d’Argon, quello di Cenate e lo stabilimento marchigiano di Tolentino.

Il finanziamento mancato

Le informazioni date all’incontro sindacale di ieri sono poi state condivise con la stampa dall’azienda stessa. Che, prendendo in considerazione l’ultimo anno, spiega che «a seguito dei drammatici effetti che la pandemia ha avuto sul business della società, che stava implementando un ambizioso percorso di ristrutturazione, il Consiglio di amministrazione si è tempestivamente attivato per ottenere i finanziamenti garantiti dallo Stato ai sensi del decreto Liquidità». Ma, precisa Carrara, azionista di maggioranza e presidente del Cda, «all’ultimo miglio, uno dei due istituti coinvolti ha deciso di non proseguire con l’iter deliberativo del finanziamento».

E così «il Consiglio di amministrazione ha individuato nel concordato preventivo con continuità aziendale lo strumento più idoneo per ristrutturare la società tutelandone il business, i suoi dipendenti, i suoi stakeholders e i clienti che, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi, hanno comunque scelto di mantenere rapporti commerciali con la società dimostrando, una volta di più, l’unicità e la strategicità della Boost nel panorama mondiale di riferimento».

Uno studio legale internazionale

Nel giro di una settimana, dopo mesi di incertezze, i vari tasselli hanno trovato l’incastro. Prima (mercoledì) è stato comunicato ai lavoratori che la busta paga di giugno - non ancora corrisposta - sarebbe stata saldata e poi - ieri - la richiesta di concordato preventivo in bianco (ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, legge fallimentare). E non è secondario che l’azienda abbia scelto come studio legale una realtà internazionale, con una sede a Milano, come Gianni & Origoni, specializzato nel diritto d’impresa. Questi due fatti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro fanno presupporre che un’iniezione di liquidità ci sia stata.

Accolti i prepensionamenti

Nel frattempo, il piano di riorganizzazione firmato alla Boost a inizio anno, prevede in tutto 205 prepensionamenti nell’arco di due anni: dal 1o febbraio 2021 al 1o febbraio 2023. La maggior parte delle uscite (142) si concentra proprio nella sede principale. Altre 28 interessano lo stabilimento di Cenate Sotto e 34 quello di Tolentino. La riorganizzazione è accompagnata da una cassa integrazione straordinaria a rotazione della durata di 24 mesi. Ed è di questi giorni la comunicazione dell’Inps che le domande di prepensionamento riferite ad accordi sindacali stipulati entro il 31 gennaio sono accolte.

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