Economia / Bergamo Città
Lunedì 13 Gennaio 2025
Bonus mamme confermato, si estende alle lavoratrici autonome. I sindacati: bene, ma non basta
LA MISURA. Diventa strutturale la decontribuzione riservata alle dipendenti a tempo indeterminato, e ora anche alle autonome, con almeno due figli e reddito fino a 40mila euro annui. «Va erogato anche alle precarie ed è necessario potenziare i servizi per l’infanzia».
Bene, ma non basta. Con l’approvazione della legge di bilancio è diventata strutturale la decontribuzione in favore delle lavoratrici madri con due o più figli: una misura riservata alle dipendenti a tempo indeterminato e ora anche a quelle autonome, con reddito sino a 40mila euro annui, e che si traduce in un «esonero» contributivo fino a un massimo di 3mila euro annui; tra le tipologie di lavoratrici escluse ci sono le dipendenti a tempo determinato e le apprendiste.
Cosa prevede la misura
Più nello specifico, la misura è riservata alle lavoratrici con almeno due figli e spetta fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo; dal 2027, per le lavoratrici madri di almeno tre figli si applicherà sino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo. Per rendere strutturale questa misura, che per il 2024 era stata introdotta come «sperimentazione», con la nuova legge di bilancio il governo ha stanziato un budget di 300 milioni di euro annui; nel 2024, secondo le stime, a questo «bonus» aveva diritto circa il 6% delle donne occupate.
«Infanzia, potenziare i servizi»
Dai sindacati il giudizio è duplice: ogni aiuto per favorire occupazione femminile e conciliazione vita-lavoro è positivo, ma l’intervento non appare certo decisivo per invertire una rotta che perdura da troppo. «Che ci sia un intervento a favore delle lavoratrici è positivo, e una decontribuzione può essere utile – premette Marco Toscano, segretario generale della Cgil Bergamo –. Ma restano due nodi: il primo è legato al perimetro delle possibili beneficiarie, che non è sufficientemente ampio, il secondo riguarda la visione strategica. I provvedimenti più efficaci per le famiglie riguardano le strutture per l’infanzia: è da lì, attraverso maggiori risorse che garantiscano una capillarità delle strutture, che passa il sostegno a natalità, famiglie e lavoratrici. Sarebbe importante un potenziamento degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, così da non costringere i genitori, e in particolari le madri, alla scelta tra rimanere a casa per accudire i figli o continuare a lavorare». In tema di risorse e servizi, tra l’altro, «i tagli annunciati per i comuni – rileva Toscano – rischiano di pesare anche sulle strutture per l’infanzia, e in generale andranno a colpire le fasce più deboli della popolazione».
«Sono i servizi sul territorio che permettono la conciliazione vita-lavoro, questo deve essere l’impegno di tutti»
Per Francesco Corna, segretario generale della Cisl Bergamo, «in linea generale il fatto che si vada a incrementare il sostegno alla famiglia è positivo. Le risorse però non sono sufficienti, ne servirebbero di più, anche se va detto che almeno si coglie un’inversione di tendenza: l’investimento su famiglia e natalità deve essere l’obiettivo primario di un Paese come l’Italia, con dati di natalità tra i peggiori al mondo». Anche Corna concorda sull’importanza di garantire servizi e strutture: «Sono i servizi sul territorio che permettono la conciliazione vita-lavoro, questo deve essere l’impegno di tutti. In una fase di scarsità di risorse, quelle poche che ci sono devono essere orientate sul futuro, cioè sui giovani».
«Normativa discriminatoria»
La conferma della contribuzione «è sicuramente un segnale, ma andrebbe fatto di più», ragiona Pasquale Papaianni, coordinatore territoriale della Uil Bergamo. Soprattutto, per la Uil, il nodo è rappresentato dalla platea delle lavoratrici che possono beneficiarne: «Abbiamo avviato dei ricorsi perché la normativa appare discriminatoria a causa dell’esclusione delle lavoratrici a tempo determinato – spiega Papaianni –, e alcuni tribunali lombardi hanno rimesso la questione alla Corte costituzionale per un vaglio. Non possono esserci lavoratrici di serie A e lavoratrici di serie B: la decontribuzione va estesa anche alle lavoratrici a tempo determinato, soprattutto in quei contesti dove la precarietà è ancora forte».
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