Economia / Bergamo Città
Venerdì 21 Agosto 2020
Aziende tra dubbi e certezze
sul nuovo blocco dei licenziamenti
Il principio generale si può riassumere in questi termini: anche se l’azienda decide di non fare ricorso agli ammortizzatori sociali e di non richiedere la decontribuzione, non può licenziare. Almeno fino al 31 dicembre di quest’anno. Ma la casistica non si esaurisce qui, tutt’altro. Attraverso alcuni casi limite, è possibile ricostruire ciò che prevede il decreto Agosto riguardo al blocco dei licenziamenti.
Cominciamo col dire chi ne è escluso. «Il divieto di licenziare decade in caso di cessazione definitiva dell’attività d’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società o al fallimento quando non sia previsto l’esercizio provvisorio», spiega Mirco Rota della Fiom-Cgil nazionale, che ha analizzato la normativa per il sindacato. Anche in caso di cambio d’appalto è possibile procedere con i licenziamenti.
Poi c’è un caso destinato - prevedibilmente - ad aprire discussioni all’interno del sindacato, perché «i licenziamenti sono possibili a fronte di un accordo collettivo firmato da azienda e organizzazioni sindacali, che preveda incentivi all’esodo esclusivamente per i lavoratori che aderiscono all’intesa», continua Rota. E qui si inserisce una novità: i lavoratori interessati possono poi fare richiesta di Naspi, l’indennità di disoccupazione.
Dal 13 luglio 18 settimane di Cig
Ora: il presupposto è che, con l’ultimo decreto varato dal governo Conte, un’azienda abbia a disposizione 18 settimane di cassa integrazione Covid (ordinaria o in deroga), purché sia richiesta, anche retroattivamente, dal 13 luglio al 31 dicembre 2020 (possono accedere alla Cig anche le aziende che non sono state penalizzate dall’emergenza sanitaria). Ipotizziamo che un’impresa presenti domanda di cassa per 18 settimane dal 13 luglio: «In questo caso avrebbe l’eventuale possibilità di licenziare a partire dal 16 novembre, in anticipo, cioè, rispetto alla scadenza di fine anno, avendo utilizzato tutti gli ammortizzatori a disposizione», sottolinea il sindacalista della Fiom.
Ipotesi numero due: «L’azienda a cui, con il decreto Cura Italia, sia già stata autorizzata la cassa dal 1o settembre al 31 ottobre, con altre nove settimane ha la possibilità di arrivare al 31 dicembre», afferma Rota, e può, nell’eventualità di una riduzione dell’organico, licenziare dal 1o gennaio 2021. Terzo caso: se un’impresa prevede un calo di commesse in autunno, presentando domanda di cassa il 28 agosto, sarebbe coperta fino al 31 dicembre, con licenziamenti possibili dal 1o gennaio.
L’esonero contributivo
Non è detto, però, che tutti siano interessati a fare richiesta di cassa. Il decreto Agosto offre allora la possibilità di richiedere l’esonero contributivo, a patto che l’azienda abbia fruito degli ammortizzatori sociali previsti dal Cura Italia nei mesi di maggio e giugno 2020. In questo caso, ricorda Rota, «è riconosciuto l’esonero del versamento dei contributi previdenziali a suo carico per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre di quest’anno».
L’esonero, ad esclusione dei premi e contributi Inail, è previsto nel limite del doppio delle ore di cassa integrazione utilizzata a maggio e giugno riparametrato su base mensile. «Piccola» nota dolente, nel decreto Agosto si precisa che il via libera a questa misura è subordinato all’ok della Commissione europea.
Stop anche agli individuali
Tirando le somme, niente licenziamenti per le imprese che non abbiano interamente fruito degli ammortizzatori sociali o dell’esonero contributivo. Infatti non possono avviare procedure di licenziamento collettivo (legge 223/1991) e rimangono sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020. Indipendentemente dal numero dei dipendenti, poi, l’azienda non ha facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (legge 604/1966), cioè non può procedere ai licenziamenti individuali; allo stesso modo rimangono sospese le procedure di licenziamento individuale già avviate. Complessivamente, il giudizio che Rota dà al decreto è che «garantisce la continuità degli ammortizzatori Covid insieme alla generale salvaguardia dei posti di lavoro».
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