«Artigianato, valore da tramandare: serve manodopera»

La Giornata. La categoria riunita per San Giuseppe. Il problema demografico preoccupa il settore: «Attrarre le nuove generazioni, per una ripresa».

I figli e la trasmissione dei valori sono stati al centro della seconda edizione della «Giornata del valore artigiano», iniziativa ideata nel 2022 da Confartigianato con l’obiettivo di mettere in risalto lo spirito artigiano e il suo ruolo economico, sociale e culturale. Proprio il 19 marzo, quando si ricorda San Giuseppe Artigiano, la categoria si è ritrovata all’ex monastero di Astino per un momento di confronto sia interno sia con le altre realtà italiane in collegamento streaming. Ne è emerso un dialogo che ha affrontato diversi temi al centro dell’evoluzione della categoria e uno in particolare, quello legato ai figli, inteso sia come i «nostri» che partono e non tornano, sia come quelli degli «altri» che ancora fatichiamo a riconoscere come risorsa. A unire questo pensiero due parole: immigrazione e manodopera.

Mancano artigiani

Mancano artigiani, le nuove generazioni non si appassionano a queste professioni, le grandi aziende hanno delocalizzato denigrando il «saper fare italiano» e la trasmissione dei saperi rischia di perdersi mentre, a qualche chilometro dai confini geografici del Made in Italy, c’è chi

chiede di entrare e lavorare. «Vogliamo essere costruttori di futuro», ricorda il presidente di Confartigianato nazionale Marco Granelli e su questo sembra, in parte, rispondergli il sociologo ed economista Mauro Magatti, docente dell’Università Cattolica di Milano, che sostiene: «Finita la stagione della crescita costante ora viviamo tanti choc, uno stato di incertezza e cambiamenti che ci costringono a passare dall’idea di crescita a quella di sviluppo e - aggiunge - oltre a formazione e investimenti serve capire che il problema demografico è una questione importante e la realtà dei fatti deve aiutare a superare l’ideologia».

Mancano artigiani, le nuove generazioni non si appassionano a queste professioni, le grandi aziende hanno delocalizzato denigrando il «saper fare italiano» e la trasmissione dei saperi rischia di perdersi mentre, a qualche chilometro dai confini geografici del Made in Italy, c’è chi chiede di entrare e lavorare.

Riprende l’argomento, questa volta trattando l’emigrazione dei talenti italiani verso l’estero, anche Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia e presidente regionale dell’associazione che ricorda: «All’estero i giovani trovano qualcosa di più attrattivo e non tornano, ma al contempo vediamo qualche esempio di figli che riprende in mano l’azienda del padre o del nonno, mostrandoci che questa ripresa è possibile se riusciamo a comunicarla e incentivarla».

«Le altre culture presenti sul territorio stanno già imparando il nostro lavoro e anche il bergamasco – conclude il presidente di Confartigianato Bergamo Giacinto Giambellini –. E se adesso un gruppo come Fendi decide di rientrare in Italia dopo trent’anni di delocalizzazione, significa che ha capito che certe cose non le trova all’estero».

«Le altre culture presenti sul territorio stanno già imparando il nostro lavoro e anche il bergamasco – conclude il presidente di Confartigianato Bergamo Giacinto Giambellini –. E se adesso un gruppo come Fendi decide di rientrare in Italia dopo trent’anni di delocalizzazione, significa che ha capito che certe cose non le trova all’estero». Da una parte, quindi, la giornata è stato il momento per ribadire delle peculiarità, per sottolineare la capacità creativa e l’esperienza manuale di una categoria che è uno dei simboli dell’Italia che produce; dall’altra ha ripetuto, senza darsi una vera risposta, che senza nuovi apprendisti disposti a imparare, i maestri artigiani sono destinati a estinguersi e su questo punto occorre intervenire. Un problema che fino a qualche anno fa era relegato a nicchie di lavoro artigiano ora è diffuso in ogni ambito della categoria e, senza soluzione, rischia di diventare una voragine di conoscenza perduta. Una questione che è prima di tutto sociale e legata al territorio con cui però, ricorda Giambellini, «gli artigiani sono legati a doppio filo», mostrando come la mancata risoluzione di grandi questioni non faccia altro che innescare altri problemi.

«Il valore del lavoro»

Di fondo c’è quella cultura del lavoro di cui, forse, i padri non sanno più parlare ai figli come sottolinea don Cristiano Re, delegato vescovile all’ambito della vita sociale, nel celebrare Messa dedicata alla giornata: «Occorre riportare l’idea stessa di valore alla sua dimensione originaria e chiedersi “cosa vale”. Così nel lavoro dobbiamo chiederci “con” e “per chi” lo facciamo, oltre al principio economico e allo status sociale. È ciò che i nostri padri ci hanno trasmesso, ma che i nostri figli non conoscono più e che richiede una grossa opera culturale». La mattinata è proseguita con lo scambio di esperienze dalle sedi di Confartigianato di Udine e Ancona, sottolineando, ancora una volta, l’orgoglio di condivisione di una categoria che vuole sentirsi protagonista della storia produttiva del Paese.

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