Antitrust, via libera all’offerta su Ubi
Intesa dovrà però cedere 532 filiali

La presidente Moratti: impatto maggiore per la nostra banca che dovrà passare a Bper 501 sportelli. Massiah: Bergamo uno dei territori in cui ci sono più sovrapposizioni. È evidente che verranno chiesti interventi.

Attesa nella seconda metà di luglio, la delibera dell’Antitrust sull’Ops (Offerta pubblica di scambio) di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, è arrivata ieri. E il via libera è condizionato alla «cessione di oltre 500 sportelli», che si affianca ad «alcune misure di carattere strutturale per risolvere le preoccupazioni emerse in corso d’istruttoria riguardo ai possibili effetti anticoncorrenziali» derivanti dall’operazione. Se in un primo momento Intesa aveva sottoscritto un accordo vincolante con Bper (era il 17 febbraio) in cui si impegnava a cedere tra le 400 e le 500 filiali «previamente controllate da Ubi», come riporta il provvedimento dell’Agcm, proprio per superare le obiezioni di quest’ultima, a metà giugno l’istituto di credito guidato da Carlo Messina ha portato a 532 gli sportelli da cedere.

E ieri mattina, la presidente di Ubi, Letizia Moratti, in un incontro nella sede milanese di via Fratelli Gabba riservato alla stampa locale, ha precisato che, nel caso in cui la fusione tra i due istituti di credito andasse in porto, l’accordo tra Intesa e Bper prevede «la cessione di 501 sportelli Ubi e di 31 di Intesa a Bper», per un totale di 532 filiali. Lo spaccato sui numeri si può desumere anche dal Documento di registrazione depositato da Intesa presso la Consob il 26 giugno, in cui è scritto che per «ottimizzare la presenza sul territorio», sono state incluse nel ramo d’azienda oggetto di cessione a Bper «anche selezionate filiali di Intesa (31) per un totale di circa 1,5 miliardi di impieghi lordi e circa 2,2 miliardi di raccolta diretta».

Il nodo «corridoio»

Nel caso, poi, in cui «non siano stati ceduti tutti o alcuni degli sportelli di Ubi, rileva ancora l’Antitrust, Intesa «dovrà cedere propri sportelli idonei a produrre, nei mercati interessati, effetti almeno equivalenti a quelli derivanti dalla cessione degli sportelli Ubi». Condizione, questa, che potrebbe verificarsi nel caso in cui non dovesse essere raggiunta la maggioranza assoluta, ma quella relativa, ritrovandosi nel cosiddetto «corridoio», con l’acquisizione da parte di Intesa di una quota compresa tra il 50% più un’azione e il 66,7% del capitale sociale di Ubi. Al di sopra del 66,7%, Intesa avrà invece la possibilità di controllare l’assemblea straordinaria.

Sempre nelle 67 pagine del provvedimento dell’Antitrust, si legge che «non sono emerse evidenze» sulla «reale possibilità di Ubi di costituire un terzo polo bancario, diventando il soggetto aggregatore di medie realtà bancarie italiane quali ad esempio Bper, Mps, Bpm», dato che gli elementi si limitano a «mere ipotesi di lavoro relative a fasi molto preliminari di progetti di aggregazione di Ubi con altri operatori, non condivise o presentate né a livello di Cda, né di assemblea».

L’impatto sulla Lombardia

In riferimento alla cessione di filiali di Ubi e Intesa a Bper, oltre il 70% delle masse sono relative a clientela delle regioni settentrionali (Lombardia e Piemonte in testa), quindi «calcolando impieghi e raccolta, circa il 54% delle nostre masse passerebbero a Bper insieme a circa un milione di clienti e oltre 10 mila dipendenti», ha affermato Moratti nel faccia a faccia di ieri con i giornalisti. La raccolta diretta è stimata a 29,3 miliardi e i crediti netti verso clienti a 26,2 miliardi. In caso di successo dell’Ops, territori come Bergamo, Brescia, Pavia, Varese e Cuneo, dove Ubi è particolarmente radicata, potrebbero diventare zone di presenza dominante Bper.

Moratti non esita a dire che «più che un accordo di integrazione tra Intesa e Ubi, è un progetto che prevede una frammentazione del patrimonio Ubi relativo a clienti e dipendenti». Da ricordare che l’impatto nella nostra provincia in caso di aggregazione si aggira intorno al 37,2% delle quote di mercato. Il peso di Ubi in Bergamasca è evidente: si contano 128 sportelli tra filiali, mini sportelli e centri imprese e circa 3 mila dipendenti a livello di gruppo. Come ha ricordato ieri Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi, «Bergamo è una delle piazze su cui evidentemente si chiedono degli interventi».

Shopping entro l’anno

Se il 29 luglio si rivelasse un «Independence Day», per dirla con le parole di Massiah, con le adesioni degli azionisti di Ubi all’Ops di Intesa sotto il 50%, da parte di Ubi non è escluso lo shopping nei confronti di altri istituti. «Il Cda ha dato mandato al consigliere delegato di finalizzare la fattibilità di un’operazione industriale entro la fine dell’anno».

Tema diverso quello dell’erogazione di credito in caso di operazione riuscita: «Nelle più recenti acquisizioni - ha detto Moratti - Intesa nei confronti delle banche venete, Ubi nei confronti delle tre banche acquisite e la fusione del Banco di Milano con Verona, c’è stata una diminuzione di fidi, che è ciò a cui portano le concentrazioni».

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