Allerta «lingua blu»: allevatori bloccati in alpeggio, per 60 giorni non ci si muove

Allerta Blue tongue . Locatelli: situazione grave, poche le informazioni. Solo in Valle Brembana e Valle Imagna ci sono circa 50 pascoli «attivi».

Tanti dubbi e poche certezze. Il giorno dopo le contromisure prese da Ats Bergamo per contrastare il diffondersi di focolai di «Blue tongue» (lingua blu) - con lo stop ufficiale a tutte le fiere zootecniche della bergamasca e le annunciate prescrizioni dei blocchi alle movimentazioni di bovini, ovini e caprini – tra gli addetti ai lavori della zootecnia di montagna l’incertezza regna sovrana. Un settore importante nella bergamasca, sia da un punto di vista economico che sociale, che conta circa 380 aziende che allevano bovine da latte e circa 95 di caprini.

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La preoccupazione maggiore è quella riguarda il divieto di spostamento degli animali entro un raggio di 20 chilometri da dove è segnalato un focolaio di lingua blu. La normativa prevede infatti che le misure di «contenimento», come stabilito dal servizio veterinario di Ats Bergamo, cessino dopo 60 giorni dalla notizia di capi colpiti dal virus che colpisce i ruminanti, ma non pericoloso per l’uomo. Sicuri, per il consumo, anche carne latte e tutti i prodotti derivati. Formaggi in primis.

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Visto che la notizia del focolaio nel lecchese è del 26 agosto, nella migliore delle ipotesi gli allevatori dovranno restare in alpeggio ancora due mesi. «Adesso la situazione è grave –conferma Franco Locatelli, presidente dell’associazione manifestazioni agricole di Serina – perché se servono 60 giorni dall’ultimo caso per la fine delle misure, significa che per l’intero periodo in cui vengono applicate le regole di contenimento è tutto chiuso. Come si fa a non essere preoccupati se ti dicono a 20 km dal focolaio non puoi muoverti e noi evidentemente rientriamo nel raggio di quello lecchese?» . «Chi è salito alpeggio a giugno dovrebbero rientrare ora: cosa deve fare?» chiede Locatelli dando voce alle preoccupazioni di tanti agricoltori. «E chi deve ancora restare su cosa farà poi? Inoltre dovrebbero fare i vaccini, ma i vaccini ci sono? Nessuno ci fornisce risposte e noi non sappiamo cosa consigliare agli allevatori». Non ci resta che rimanere vicino alle aziende» conclude

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«È ancora una notizia fresca – commenta Giacomo Paganoni di Branzi –. Io sono qui in alpeggio solo con i miei animali e per adesso non ho intenzione di scendere. Visto che abbiamo capito cosa fare sto qui in attesa di sapere qualcosa di più».

Bloccati negli alpeggi

Tra i problemi principali degli alpeggiatori, quello di dover rispettare i 60 giorni di presenza degli animali sui pascoli in quota per poter ricevere i contributi regionali. Non tutti hanno già raggiunto questo numero di giornate anche a causa del maltempo di inizio estate. Quindi, anche l’idea di provare ì comunque a scendere - la movimentazione può avvenire solo previa autorizzazione di Ats che valuta caso per caso -, prima che vi siano casi accertati di Blue tongue in Bergamasca che facciano scattare prescrizioni ancora più restringenti, non per tutti è fattibile.

«Stiamo iniziando a chiamare le aziende e preoccupazione per la regola dei 60 giorni obbligatori per prendere il contributo regionale ce l’hanno tutti – spiega Matteo Rognoni, responsabile di zona Zogno, Valle Brembana e Imagna di Coldiretti Bergamo –. Visto il clima di incertezza, consigliamo di fare i giorni di alpeggio previsti dai bandi e poi valutare. Sempre che abbiano erba sufficiente. Se, invece, il pascolo è ormai esaurito consigliamo di chiedere l’autorizzazione all’Ats a tornare».

In Valle Brembana e Valle Imagna ci sono circa 50 alpeggi. «Si tratta di parecchie aziende - aggiunge Rognoni - Dopo la pandemia, la guerra in Ucraina, gli aumenti dei costi di energia e delle materie prime, la siccità e poi la troppa pioggia, ora ci si mette pure la Blue tongue. Negli ultimi anni si fa sempre più fatica».

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