«Affitti brevi, bene la stretta alle keybox ma difficili i controlli sui check-in»

LA CIRCOLARE DEL GOVERNO. Le «scatolette» per l’accettazione da remoto sempre più diffuse anche a Bergamo. Sanchez e Amaddeo: in presenza accoglienza migliore. Prestini: norma giusta, dura l’applicazione.

Qua e là per la città i «lucchettoni» hanno fatto capolino da tempo, seppur non siano ancora così numerosi. Si scorgono soprattutto in Città Alta, ed è una fisiologica correlazione matematica, visto che gli affitti brevi turistici proliferano soprattutto nel centro storico. Ora per le «keybox» – quelle «scatolette» affisse ai muri, munite di un codice e che contengono un mazzo di chiavi, utilizzate per entrare nelle case vacanza – arriva una stretta. O meglio: con una circolare, il ministero dell’Interno ha richiamato a una più stringente osservanza delle norme già vigenti. Soprattutto con un passaggio: «In definitiva – si legge nel documento – si ritiene di poter affermare che eventuali procedure di check-in “da remoto” non possano ritenersi satisfattive degli adempimenti di cui all’articolo 109 Tulps (il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ndr) cui sono tenuti i gestori delle strutture ricettive». Le keybox vengono utilizzate per fare il check-in da remoto, appunto, senza contatto tra il proprietario dell’appartamento e il turista che vi entra: il cliente riceve un codice, lo digita, ritira le chiavi e inizia il soggiorno. Serve invece che il proprietario incontri di persona il cliente.

«Le keybox sono abbastanza utilizzate anche a Bergamo, pur senza stime precise sulla diffusione – ragiona Christophe Sanchez, amministratore delegato di Visit Bergamo –. Dal punto di vista turistico e della qualità dell’accoglienza, una normativa più puntuale è un beneficio: il turista che viene ricevuto dal proprietario della struttura ha un’accoglienza migliore, c’è più attenzione alla persona, ed è anche una miglior tutela per i condomini in cui sono ubicati gli appartamenti. Al tempo stesso, bisogna trovare delle modalità che rendano possibile quest’attività ricettiva».

Da Firenze a Venezia, le keybox si vedono a ogni angolo: «In quelle città il fenomeno è forte, a Bergamo meno, ma proprio per questo occorre ragionare in prospettiva – rileva Roberto Amaddeo, consigliere comunale e provinciale, delegato al Turismo dell’ente di via Tasso –. Questa decisione va nella direzione giusta: non è per andare contro a qualcuno o favorire altri, è per cercare di stabilire regole comuni, valorizzare il ruolo delle persone nell’accoglienza e rendere professionale questo mestiere».

Per Paolo Prestini, presidente di Aigo Confesercenti Bergamo, associazione dei gestori della ricettività diffusa, «se questa stretta serve come deterrente per l’abusivismo e per un fattore estetico, ben venga. Questa buona idea però rischia di scontrarsi con la realtà dei fatti: è una norma giusta ma di difficile applicazione, perché richiederebbe dei controlli non così semplici da garantire con capillarità».

Questione di numeri: InsideAirbnb, piattaforma indipendente che estrae i dati da Airbnb, conta in Bergamasca circa 3.500 annunci di camere o appartamenti in affitto breve. Ma quali sono i compiti in capo dei proprietari? In fase di check-in, entro le 24 ore successive all’arrivo del cliente (o entro 6 ore se il soggiorno ha una durata inferiore alle 24 ore) il gestore della struttura deve comunicare alla questura, tramite un portale web, le generalità dell’ospite, inserendo una serie di dati anagrafici e gli estremi del documento d’identità. Tra gli «host» – i proprietari degli appartamenti messi in affitto breve turistico – da settimane si rincorrono invece dubbi e perplessità. Ad esempio: come garantire il check-in di persona a tutti i clienti, considerando la varietà di orari a cui arrivano i turisti dall’estero? Intanto cominciano ad affacciarsi nuovi rischi: anche a Bergamo i proprietari stanno raccogliendo segnalazioni di clienti che prenotano un appartamento in affitto turistico e poi lo subaffittano, con tutti i problemi (anche seri) che ne conseguono.

A proposito di incombenze burocratiche: dal 1° gennaio 2025 entrerà in vigore l’obbligo di «Cin», il Codice identificativo nazionale da esporre all’esterno degli edifici che ospitano strutture ricettive. Secondo i dati del ministero del Turismo, a oggi in Bergamasca sono stati rilasciati 2.811 Cin a fronte di 3.659 strutture registrate. Tre su quattro (il 76,82%) sono già in regola, la restante parte ha meno di un mese per farlo.

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