A Bergamo buste paga più basse di 3 mila euro rispetto alla Lombardia

Il report.Nel 2021 retribuzione media di 24.388 euro contro gli oltre 27 mila euro registrati a livello regionale. Nei contratti a termine le donne ancor più penalizzate.

Più alti della media nazionale, ma più bassi - e non di poco - della media lombarda. Bergamo, in quanto a stipendi, non eccelle e anzi sconta una differenza di quasi 3 mila euro rispetto alla media regionale. Nel 2021, la retribuzione media annua di chi lavora nella nostra provincia si è attestata a 24.388 euro, almeno stando ai dati contenuti nel Rapporto sul lavoro dipendente raccolti dall’Osservatorio provinciale del mercato del lavoro. La media lombarda supera i 27 mila euro, mentre quella italiana si ferma a circa 22 mila euro.

Vero è che dal 2008 a oggi - ovvero in 14 anni - le buste paga dei bergamaschi sono cresciute di quasi tre mila euro (2.891 per la precisione), sempre prendendo in considerazione i valori medi. E, guardando i dati, balza all’occhio la retromarcia registrata nel 2020 e molto probabilmente legata alla crisi da pandemia. Nel 2019 i salari medi toccavano quota 24.534 euro, mentre nel 2020 scendevano a 22.855 euro (meno 6,84%), ma già l’anno scorso è iniziata la risalita.

Rispetto alle varie tipologie di contratto, sono i lavoratori stagionali a percepire gli stipendi più bassi, con una media di 6.158 euro nel 2021, quando nel 2008 si collocava a 8.898 euro. Chi invece è inquadrato con un contratto part-time full year (lavora cioè tutto l’anno), ha visto una crescita costante della sua retribuzione, che l’anno scorso ha raggiunto i 15.194 euro. Il tema è sempre lo stesso: chi ha rapporti di lavoro stabili è meglio retribuito rispetto a chi vive una condizione di precarietà.

«Penso che la nostra provincia, con eccellenze manifatturiere importanti e con risultati economici significativi nel 2021 e 2022, debba riflettere e agire in modo serio sul fatto che i salari dei lavoratori bergamaschi siano più bassi della media lombarda», afferma Danilo Mazzola, segretario della Cisl di Bergamo. E sottolinea come «sia necessaria una politica retributiva che sostenga il potere d’acquisto dei salari e che parta in primis dai rinnovi dei contratti nazionali scaduti, con tempi decisamente più brevi rispetto agli attuali e in linea con l’inflazione di oggi». Inoltre «servono politiche fiscali che favoriscano i redditi più bassi attraverso la continuazione del percorso tracciato, che vede una riduzione fiscale sui lavoratori dipendenti al di sotto dei 35 mila euro e l’abbattimento dell’Iva sui beni di largo consumo a vantaggio delle famiglie più fragili». Orazio Amboni dell’ufficio studi della Cgil di Bergamo sposta il discorso sul «gap» tra Bergamo e Milano: «Milano, rispetto alla nostra provincia, vanta un terziario molto più avanzato e quindi il divario in termini di stipendio è dovuto al fatto che nel capoluogo c’è più gente che lavora nel terziario».

Il divario tra uomini e donne

C’è poi una questione di genere: «Le lavoratrici bergamasche percepiscono mediamente 18 mila euro lordi annui - rileva Mazzola - a differenza della media lombarda di oltre 21 mila euro». In generale, c’è da dire che «sulle retribuzioni delle donne incide molto la presenza di orari ridotti, come part-time per conciliare i tempi di vita e lavoro». «Nel medio-lungo periodo (2008-2021) - puntualizza Amboni - la retribuzione dei lavoratori a tempo indeterminato e tempo pieno (full time, full year) è in continua crescita sia per i maschi sia per le femmine, che però hanno una retribuzione media notevolmente inferiore. In netta discesa, invece, le linee nel grafico della retribuzione media dei dipendenti a tempo determinato, dove le donne hanno una retribuzione che, seppur in ripresa nel 2021, è inferiore del 27,5% rispetto a quella degli uomini. Parti invertite per i lavori part-time, dove la retribuzione delle lavoratrici è superiore dell’8,5% a quella maschile».

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