«Servono allerte rapide, meno corsi d’acqua coperti, più aree verdi»

LA CRISI CLIMATICA. Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr e docente di fisica del clima all’Università di Roma Tre, ha coniato un’espressione molto efficace, «L’equazione dei disastri», titolo di un suo libro (Codice Edizioni, 2020): connette il riscaldamento globale con il dissesto del territorio, mettendo in relazione la pericolosità degli eventi meteo-climatici, la vulnerabilità dell’Italia e l’esposizione nostra, delle nostre case e dei nostri beni.

Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr e docente di fisica del clima all’Università di Roma Tre, ha coniato un’espressione molto efficace, «L’equazione dei disastri», titolo di un suo libro (Codice Edizioni, 2020): connette il riscaldamento globale con il dissesto del territorio, mettendo in relazione la pericolosità degli eventi meteo-climatici, la vulnerabilità dell’Italia e l’esposizione nostra, delle nostre case e dei nostri beni.

«Il riscaldamento globale in atto è di origine antropica»

Su eco.bergamo, il supplemento di ambiente, ecologia e green economy in edicola domenica 6 ottobre gratis con L’Eco, si può leggere un’ampia intervista al professor Pasini, cortesemente concessa a chi scrive. «Il riscaldamento globale in atto è di origine antropica», ci spiega. «Aver scoperto che le cause sono umane non è una sciagura ma una buona notizia, perché, se fossero state naturali, non avremmo potuto far altro che difenderci. Così, invece, sappiamo che possiamo cambiare le nostre azioni per incidere sulle cause e, alla fine, sugli effetti indesiderati. Un influsso esterno forza il sistema a cambiare tutto insieme: l’anidride carbonica accumulata bruciando carbone, petrolio, gas naturale e deforestando. Siamo sicuri che questa anidride carbonica sia di origine antropica perché c’è un’impronta digitale: contiene molto carbonio-12 proveniente dalle piante fossili, estratto dalla combustione di carbone, petrolio e gas naturale».

«Il Mediterraneo è un punto critico per il riscaldamento globale»

«Il Mediterraneo, poi, è un “hotspot”, un punto critico per il riscaldamento globale», continua il professor Pasini. «Qui non aumenta solo la temperatura media ma gli eventi estremi , in particolare le ondate di calore. Un tempo eravamo abituati al mite anticiclone delle Azzorre, che ci proteggeva per tutta l’estate fino a Ferragosto, quando cominciavano i temporali. Ora arrivano gli anticicloni africani che, molto più forti, portano molto più caldo e siccità. Quando si ritirano e correnti fresche si introducono, si registra un contrasto termico molto forte con l’aria calda e umida preesistente e con il suolo e il mare molto caldi. Si creano così queste precipitazioni violente, anche alluvioni lampo che scaricano 200 millimetri in pochissimo tempo». Come abbiamo visto il 9 settembre a Bergamo e provincia, flagellate da un evento estremo particolarmente pesante, fortunatamente senza vittime, con picchi di intensità della pioggia tra i 203 e i 232 millimetri orari. «Questo è il fattore meteo-climatico dell’equazione», avverte il professor Pasini. «Poi ci sono la vulnerabilità del territorio e l’esposizione nostra e dei nostri beni. Le valli alpine sono vulnerabili perché estremamente strette e con fiumi a regime torrentizio: se le estati sono secche e poi piove un po’ di più, si riempiono fortemente in un’ora, due ore. Dobbiamo stare molto attenti perché le precipitazioni violente sfornano alluvioni lampo, che portano con sé tutto, detriti, alberi, smottamenti verso valle nel giro di poco tempo».

Allerte rapide, meno corsi d’acqua coperti, più aree verdi

Come ci si può difendere? Le priorità, come ci ricorda Antonello Pasini nell’intervista, sono almeno tre. Allerte rapide che giungano velocemente ai cittadini tramite sms e whatsapp. Non ricoprire più di asfalto e cemento i corsi d’acqua, come purtroppo è avvenuto durante l’urbanizzazione impetuosa del Dopoguerra: fiumi e torrenti, come si è visto anche a Bergamo, tendono, prima o poi, a riprendersi i propri spazi, a maggior ragione in un’era di piogge violente sempre più probabili. Ampliare le aree verdi, dove la metà della pioggia è assorbita, a differenza delle zone impermeabilizzate: un monito per ogni nuovo progetto di urbanizzazione, perché è tempo di rinaturalizzare e non più di sviluppo urbano intensivo, reso ancor più insensato dalla crisi demografica.

Approfondisci l'argomento con l’intervista sul supplemento di Ecologia e Green Economy, in edicola domenica 6 ottobre: gratis con «L’Eco»

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