Cronaca / Valle Seriana
Domenica 24 Maggio 2020
Test per tutta la valle bocciati
I sindaci :«Diteci perchè?»
Il sindaco Bertocchi (Alzano): ci avrebbero dato un quadro completo. Anche Nembro stoppato sui pungidito gratis: «Grave errore».
Il 2 per cento è troppo poco. Lo rimarcano i sindaci della bassa Valle Seriana, Alzano e Nembro in testa, che tornano sul tema test sierologici, considerati «di fondamentale importanza per almeno tre motivi - sostiene il sindaco di Alzano, Camillo Bertocchi -: accertare la reale diffusione del virus nella popolazione; identificare l’infezione in individui asintomatici o con sintomatologia lieve o moderata (anche ovviamente mediante utilizzo di tamponi rinofaringei per i soggetti risultati positivi ai test); definire il reale tasso di letalità dell’infezione virale rispetto al numero di contagiati».
Per questo, il primo cittadino della città dei fratelli Paglia chiede «di ampliare l’indagine in tutta la Valle Seriana». Indagine che invece Ats Bergamo ha dichiarato conclusa: partita il 23 aprile proprio da questa zona, ha raggiunto altri centri della provincia chiudendosi il 18 maggio dopo aver somministrato in tutto 11 mila test. La proposta che giunge da Alzano è stata quindi bocciata una settimana fa, anche in videocall dal direttore generale di Ats, Massimo Giupponi, che di fronte ai 18 sindaci dell’Ambito della bassa valle ha detto chiusa la sperimentazione.
Le tre ipotesi
«A questo punto chiedo di capire - prosegue Bertocchi - quali sono i motivi che impediscono di fare un’indagine di questo tipo: se di natura scientifica, se di natura tecnica o se di natura economica, anche per capire se come Amministrazioni comunali possiamo essere utili a superare eventuali difficoltà». Anche perché, aggiunge, se il problema fosse economico, saprebbe a quali porte bussare: «Siamo stati colpiti in modo talmente pesante da questa epidemia - aggiunge - che ci possiamo mettere noi del nostro, insieme ad alcuni imprenditori che ci aiuterebbero a coprire le spese».
Più o meno lo stesso leit motive che ricorre nelle parole del collega Claudio Cancelli di Nembro, anch’egli stoppato sul fronte test. Risale alla metà di marzo la proposta inviata sul tavolo di Ats e Regione di avviare come Comune un’indagine epidemiologica completa sulla popolazione di Nembro con il supporto del Centro medico Sant’Agostino, che in paese ha un suo poliambulatorio. «Dopo mesi di attesa, il Comitato etico che ha la sua sede al Papa Giovanni XXIII ci ha bloccati - spiega Cancelli -, adducendo il fatto che somministrare i test a tutta la popolazione sarebbe stato costoso - quando invece avremmo coperto noi e il Centro medico tutti i costi - e si sarebbe sovrapposto all’indagine di Regione Lombardia, cosa non corretta perché nel nostro caso avremmo somministrato test rapidi pungidito, niente a che vedere con il prelievo venoso. Calcolando inoltre che è stato testato solamente poco più del 2 per cento della popolazione, direi che, più che sovrapposizione, noi avremmo dato un quadro completo della situazione».
Se ci si mette poi la delibera regionale che dispone di mettersi in quarantena se il test dà esito positivo, ciò fino al successivo tampone cui sottoporsi e relativa comunicazione dell’esito, «va da sè che non si riesce a coprire l’intera popolazione se non con tempi enormi, è ingestibile».
«Ricerca utile alla scienza»
L’errore più grave, secondo Cancelli, «è che Regione Lombardia non abbia proceduto sulla linea dei test rapidi che possono dare una fotografia epidemiologica molto importante, sia per capire quanto si è diffuso il contagio, ma anche in che classi di popolazione. Inoltre- aggiunge - si stanno scoprendo cose impreviste rispetto al fatto che i giovani sviluppino o meno gli anticorpi: ci sono elementi che non conosciamo e un’indagine epidemiologica su tutti ci avrebbe dato una bella fotografia, verificabile anche tra sei mesi con un’indagine a campione. Significa rinunciare a una ricerca utile alla scienza e alla salute pubblica, anche per poter poi fare un tracciamento delle persone».
Invece, aggiunge Cancelli, la situazione è un’altra: «C’è gente che ha fatto il 26 aprile il test e ricevuto l’esito il 9 maggio: 14 giorni per sapere se si è positivi o meno e intanto si è rimasti in giro. Se si è positivi, passano in tutto 35 giorni per sapere, fatto il tampone, se si è contagiosi. Faccio fatica a capire come si possano fare le cose così».
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