Rsa, sempre più richieste «Pesano rincari e solitudine»

TERZA ETA’. Al 31 agosto 4.011 domande, anche se la platea reale è più ridotta. Manzoni: «Segnale di bisogni ineludibili». Maffeis: «Difficile soddisfarli».

Convivere con la solitudine, sentirne il peso, rischiare di farsi schiacciare da quella fatica. Nella «partita» dell’invecchiamento, è anche questa la sfida da affrontare. Sempre più, gli anziani vivono infatti una condizione di solitudine che mette a rischio la loro quotidianità, limitandone l’autonomia. E con la «rivoluzione» della famiglia – i nuclei che si «restringono», le difficoltà a conciliare il lavoro e la cura familiare – emerge una richiesta oggi più forte: entrare in Rsa, per trovare lì quell’assistenza (e quella socialità) che in casa non può più essere garantita.

È questo il profilo che accomuna la nuova utenza delle case di riposo. Alla base di questa tendenza che si scorge anche in Bergamasca c’è anche «il cambiamento dei modelli familiari – riflette Barbara Manzoni, presidente dell’Associazione San Giuseppe, la realtà che aggrega le strutture d’ispirazione cattolica -: i figli degli anziani lavorano, anche le donne, e con i nuclei familiari sempre più “ristretti” la persona anziana molto spesso vive una solitudine che porta a fare valutazioni diverse rispetto ad alcuni anni fa». Il tempo della cura domiciliare per gli anziani è messo in crisi dalla società che cambia: «Questa è una tendenza che osserviamo sempre più: la richiesta d’ingresso in Rsa ora proviene anche da persone anziane ancora in buone condizioni di salute, ma che faticano a convivere con la solitudine. Il tema non è più solo clinico, ma anche psicologico. Si aggiungano le preoccupazioni per gestire la casa, il costo della vita che cresce, le bollette sempre più care, i rincari della spesa. In Rsa si trova invece più socialità, un’assistenza continua anche dal punto di vista sanitario, mentre la popolazione deve affrontare spesso la carenza di medici di base».

La domanda per le Rsa rimane elevata

D’altronde, la «domanda» di Rsa in Bergamasca resta elevata. Sono 6.355 posti accreditati nelle 67 case di riposo della Bergamasca, praticamente tutte sature. Altre persone, parecchie, sono in coda: i dati pubblicati sul sito dell’Ats di Bergamo segnalano 4.011 persone in lista d’attesa, anche se la platea reale è più ridotta (nelle domande sono conteggiate anche quelle presentate da persone nel frattempo decedute), pur con un progressivo aumento rispetto al passato. Al di là dei numeri, la questione di fondo resta: «Le liste d’attesa sono oggettivamente molto lunghe – riconosce Manzoni -, ed è il segnale di un bisogno ineludibile, quello dell’assistenza per gli anziani. La richiesta chiama in causa anche altri fattori, come l’aumento delle cronicità». L’espansione recente delle liste d’attesa poggia anche su un fattore in sé positivo: «Quest’estate si sono registrati molti meno decessi, probabilmente anche per via del caldo meno intenso, e dunque il turnover è ridotto – ragiona Cesare Maffeis, presidente dell’Acrb, l’Associazione case di riposo bergamasche che raggruppa le Rsa laiche -. La questione delle liste d’attesa in ingresso è però pesante, le richieste vivono un aumento significativo: la necessità dei posti letto è sempre in aumento e riusciamo sempre meno a soddisfare le esigenze».

Post-Covid e nuovi bisogni

Il pesante vissuto della pandemia è alle spalle. Di quella stagione drammatica s’è superato anche lo «stigma» appiccicato addosso alle Rsa: «Le case di riposo sono state messe nel mirino, hanno vissuto una discriminazione spietata – riflette Barbara Manzoni -. Nessuno si è però preoccupato di contare, oltre ai morti, anche quante persone sono state salvate dai medici e dagli infermieri nelle Rsa, e non si è tenuta in considerazione la vicinanza umana offerta nei momenti più drammatici. Quella fase è stata superata e anche le famiglie hanno continuato a esprimere un bisogno legato all’avanzare delle cronicità: l’assistenza che può dare una casa di riposo resta fondamentale». Sullo sfondo resta appunto la questione di come far fronte all’invecchiamento della popolazione. Anche le soluzioni alternative alle Rsa vedono un aumento dei costi, è il caso dei rincari delle badanti: «Molti anziani restano diffidenti rispetto all’essere assistiti da una badante, una delle barriere più significative è quella della lingua», osserva Manzoni.

Il futuro: ancora più «domanda»

In futuro sarà sempre di più così. Basta far di calcolo, ragionando sui dati e sulle proiezioni demografiche dell’Istat. Oggi in Bergamasca sono poco meno di 74mila i cittadini ultraottantenni (il target di riferimento delle Rsa), e nel 2031 saranno a quasi 85mila (11mila in più di oggi): aumenterà fisiologicamente la quota di anziani che vivono da soli e a cui dare risposte. «La domanda sarà sempre più alta, per più motivi – ragiona Maffeis -: la rete familiare è sempre più ridotta e in difficoltà, e al tempo stesso c’è un forte incremento delle casistiche di demenza che rendono faticosa, sia emotivamente sia economicamente, la gestione domiciliare dell’anziano. Servirebbero più posti, ma per avere più posti servirebbero più risorse». «Per aumentare gli accreditamenti (i posti letto per cui la Regione stanzia un contributo economico abbassando le rette, ndr), servirebbero più risorse regionali – concorda Manzoni -. È una questione di scelte politiche».

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