Nasce la prima Casa della condivisione
Unica in Bergamasca, relazioni al centro

Il complesso di palazzine, disposte a corte, sorgerà in un’area di via Guerrazzi al Villaggio degli Sposi. D’Ovidio: «Ampi spazi comuni come ambulatorio, living-room per eventi, cucina di comunità, lavanderia e stireria»

Per fare di ogni luogo il posto migliore dove abitare. Ribaltando il concetto tradizionale che prevede prima la costruzione dell’immobile e poi la ricerca di chi lo acquista, la Cooperativa edilizia Abitare Condividere (nata da un’idea di due note realtà di Bergamo: «E’.one abitare generativo» e «Cooperativa sociale Namastè»), ha sviluppato un nuovo modo di progettare i luoghi abitativi, partendo appunto dalle persone.

«Una nuova filosofia dell’abitare – spiega Antonio D’Ovidio, presidente della Cooperativa Abitare Condividere – che mette al centro la dimensione sociale e relazionale tra gli abitanti, e si pone come antidoto alla logica abitativa che si è sviluppata negli ultimi quarant’anni, che, nella maggior parte dei casi, ha favorito una sorta di autoisolamento all’interno delle proprie quattro mura, dando maggior valore alla bellezza estetica, ad un’apparente comodità funzionale, al mito della proprietà in quanto possesso, rispetto al relazionarsi con gli altri. Sino a fine anno ci occuperemo dell’aggregazione delle domande, ovvero di raccogliere le adesioni di chi sposerà il nostro metodo di lavoro, che prevede il coinvolgimenti attivo degli abitanti nella stesura del progetto, ascoltando le esigenze dei residenti del quartiere».

Il nuovo progetto (denominato GeneraVivo), una novità per la Bergamasca e uno dei rari casi in tutta Italia, comincerà a prendere forma nella primavera del prossimo anno in via Guerrazzi, al Villaggio degli Sposi, all’interno di un’area di circa 11.800 metri quadrati, quando si aprirà il cantiere che realizzerà (tutto in edilizia convenzionata) quattro edifici di standing elevato disposti a corte, con quattro piani fuori terra e un piano interrato destinato a box, cantine e locali di servizio. «L’emergenza sanitaria ha posticipato il programma iniziale – prosegue D’Ovidio – ma il completamento dei lavori per la realizzazione delle 56 unità immobiliari complessive (di varie tipologie: bilocali, trilocali quadrilocali) è previsto per l’autunno del 2022. Oltre alla piazzetta, pensata per favorire l’incontro tra le persone, e a un ampio parco, sono previsti circa 550 mq di spazi comuni coperti che, pur di proprietà degli acquirenti, saranno a disposizione di tutti i residenti del Villaggio degli Sposi.

Luoghi da condividere per la realizzazione delle attività comunitarie e di progetti e/o servizi in grado di andare incontro ai bisogni degli abitanti stessi. GeneraVivo sarà un luogo aperto e accogliente, con spazi comuni a disposizione del quartiere». In base alle indicazioni raccolte sinora tra i residenti del quartiere (comprese quelle di don Patrizio Moioli, parroco del Villaggio), è data per certa la realizzazione di un ambulatorio medico infermieristico e di un grande living-room per l’organizzazione di eventi. Ma ci potrà essere spazio, ad esempio, anche per una cucina di comunità, uno spazio gioco per bambini, una lavanderia e stireria comune, un deposito per gli acquisti collettivi, uno spazio per favorire il co-working. Le aree comuni pensate dalla cooperativa vogliono rappresentare anche un sorta di «ponte» verso il quartiere del Villaggio degli Sposi, quindi un’opportunità e un punto di incontro anche per chi vive il quartiere e nel quartiere. «Un altro carattere distintivo del progetto – osserva il presidente D’Ovidio –, è la capacità di accogliere e accompagnare chi si trova in condizioni di vulnerabilità e di maggior bisogno. In tal senso desidero sottolineare che all’interno del complesso abitativo è previsto un sistema di accoglienza gestito direttamente dalla Cooperativa Namastè, suddiviso in due aree d’intervento.

Da un lato, case (bilocali) indipendenti per persone anziane, e sullo stesso piano, camere per studenti universitari (la sede di via Caniana è a due chilometri): pur avendo spazi personalizzati, i giovani coabiteranno in alcuni momenti con le persone anziane al fine di generare legami e azioni di cura reciproci; dall’altro lato, in case per l’accoglienza di persone in stato di vulnerabilità anche in un’ottica di transitorietà (es: padri/madri separati, persone con disabilità, genitori con figli ricoverati)». Abitare e condividere, appunto.

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