Lo stop dei trasporti eccezionali: fermi oltre 60 mezzi, 200 bobine non consegnate

La protesta ferma oltre 60 mezzi pesanti in provincia: siderurgia penalizzata. Senza un accordo sui carichi si rischia che l’agitazione vada avanti a oltranza.

Sconta già i primi effetti il fermo dei mezzi pesanti che si occupano di trasporti eccezionali. La riforma del codice della strada ha introdotto alcune modifiche giudicate penalizzanti per tutto il comparto, ma che rischiano di coinvolgere un gran numero di imprese committenti. A farne le spese è in particolare l’industria siderurgica, che negli ultimi anni aveva predisposto trasporti eccezionali con particolari mezzi, in grado di caricare diversi coils, le enormi bobine in ferro e acciaio utilizzate dall’industria e dall’edilizia.

Calcolando che in Italia ci sono oltre 600 mezzi speciali dedicati a questa tipologia di trasporto, dei quali il 10% opera tramite aziende bergamasche (una sessantina), lo stop di un giorno comporta la mancata consegna in provincia di 200 bobine. Il nuovo testo prevede innanzitutto il limite massimo di 86 tonnellate lorde trasportate per ogni camion, contro le 108 precedentemente concesse. Il carico deve inoltre essere costituito da un unico oggetto indivisibile, indipendentemente dal peso. Le associazioni di categoria sono pronte a sedersi intorno ad un tavolo per cercare la soluzione per rimettere in strada gli autoarticolati. Se non dovessero arrivare novità nelle prossime ore, il blocco dei mezzi rischia insomma di andare avanti ad oltranza, di fatto finché non si otterrà un chiarimento da parte del governo.

I coils vengono utilizzati dalla gran parte delle aziende in tutti i settori industriali, nelle costruzioni e per le opere di carpenteria. Senza prodotto da lavorare r ischiano di fermarsi le linee produttive, proprio in un momento particolarmente favorevole, caratterizzato dalla ripartenza di tutta l’economia.

La sezione bergamasca della Federazione italiana autotrasportatori ha chiesto un intervento urgente per poter riaccendere i motori dei camion e ripartire con le consegne. I problemi non riguardano solo il settore dei trasporti, ma il rischio concreto è il fermo delle acciaierie, che producono la materia prima indispensabile per la ripresa. «Siamo disponibili a sederci ad un tavolo di confronto per trovare una soluzione – è la posizione della Fai -. Naturalmente mettiamo la sicurezza al primo posto, ma senza dimenticare gli sforzi e gli investimenti importanti che hanno fatto le imprese per acquistare mezzi dedicati al trasporto di un determinato tonnellaggio, che oggi non possono essere più utilizzati» .

Senza accordo, anche oggi i mezzi eccezionali rimarranno spenti. «Purtroppo non abbiamo ricevuto notizia – commenta Fausto Nicoli della Nicoli Trasporti di Albino, che conta 250 mezzi con 500 semirimorchi e 15 autoarticolati speciali studiati per trasportare contemporaneamente più bobine -. Non si capisce la ratio della norma, in particolare per quanto riguarda la prescrizione di trasportare al massimo un pezzo. Invece di 600 camion ne dovremmo mettere su strada almeno 1.800, con evidenti difficoltà nel reperire mezzi e autisti, ma senza dimenticare l’aspetto della sostenibilità e dell’impatto ambientale».

Concetti condivisi anche da Paolo Doneda, vicepresidente della sezione bergamasca della Federazione nazionale autotrasporti e imprenditore nel settore dei trasporti con l’azienda «G. Oggionni srl». «Anche noi ci occupiamo di trasporti eccezionali e rimaniamo in attesa di novità – commenta Doneda -. Con il passare delle ore si stanno accumulando le commesse e la situazione sta diventando veramente urgente e quasi emergenziale. Dopo aver fermato i camion abbiamo gli autisti in ferie: dobbiamo sederci urgentemente attorno a un tavolo».

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