Le parole del Giubileo: «Speranza», concetto necessario per ricomporre un clima di fiducia

IL GIUBLEO. L’obiettivo lo aveva indicato tre anni fa nella «Lettera» a mons. Rino Fisichella, al quale aveva appena affidato l’organizzazione del Giubileo.

Erano parole impegnative che ora vanno alla prova non solo nella diligenza e nella premura della Chiesa cattolica a tutte le latitudini. Bergoglio ha costruito il Giubileo numero 25 della storia della Chiesa attorno alla «speranza», un concetto più che una singola parola, che richiama il futuro e una ricomposizione su basi nuove di un clima di fiducia, di una rinascita di cui da più parti si sente l’urgenza per affrontare sfide drammatiche, dalla pace ad una diversa organizzazione dell’economia globale.

Il Giubileo, speranza e fiducia

Nella Lettera Francesco scriveva: «Il prossimo Giubileo dovrà favorire molto la ricomposizione di un clima di speranza e di fiducia». Nel 2022 il mondo usciva a fatica dalla pandemia, che aveva stravolto molti paradigmi e portato in superficie paure e incertezze, reso molti più fragili e alcuni più arroganti. Francesco aveva insistito più volte sulla necessità di trarre insegnamento dal dramma, di uscirne migliori, con un più profondo senso di fratellanza, consapevole tuttavia che non sarebbe stato facile. La pandemia ha provocato molti naufragi ed è mancata una riflessione profonda sulla catastrofe e sulla sua memoria. Tutto è stato sveltamente dimenticato, compreso quel senso di provvisorietà a cui il virus aveva inchiodato persone e istituzioni a livello globale. Occorreva rilanciare la riflessione sul futuro. E Bergoglio ha deciso di scommettere sulla speranza, sottolineandone nella Lettera del ’22 e poi nella Bolla di indizione del Giubileo il significato laico di dimensione personale e collettiva in grado di ridare slancio alle comunità, ai popoli, alle Nazioni e naturalmente anche alla Chiesa.

Giubileo e il senso del cammino

Nessuno ha vissuto bene la pandemia e occorrevano nuove relazioni. Il titolo del Giubileo «Pellegrini di speranza» evoca di nuovo lo stile di Francesco, il senso del cammino, i processi da costruire, la convinzione che nulla possa essere definitivo e definito nel mondo se la sua storia procede secondo il Vangelo. La speranza è un concetto di moto, perché sono i legami che si creano a generarla. La speranza non può mai deludere perché non ha perimetro, ma è affidata alla creatività degli uomini e al loro coraggio. Il direttore di «Aggiornamenti Sociali», la rivista dei Gesuiti di Milano, Giuseppe Riggio, nell’editoriale del numero pubblicato pochi giorni fa in vista del Giubileo, invita a leggere la speranza non come «ottimismo ingenuo» e «generico», ma come una «tensione» che tiene conto delle incertezze e dei legami fragili di oggi. Insomma non semplificando la realtà, ma indagandone le inquietudini profonde. È un’impresa da fare collettivamente, tutti insieme, Chiesa e istituzioni, laici e credenti. E bene ha fatto il direttore di «Aggiornamenti sociali» a ricordare le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso in Parlamento per il giuramento del suo primo mandato del 2015, quando nessuna pandemia era in vista, dedicate alla speranza, concetto laico, necessario, disse Mattarella, per «ridare al Paese un orizzonte di speranza», cioè un modo per «ricostruire quei legami che tengono insieme una società».

Giubileo, occasione per riflettere

Bergoglio fa esattamente lo stesso ragionamento e il Giubileo è l’occasione per riflettere sulla necessità di cambiare legami che oggi non tengono più insieme il mondo. Troppi sono ai margini, tenuti lì dal rifiuto di molti di vederli, dal rifiuto di osservare i guasti prodotti dai legami nefasti intrecciati nell’economia, nella politica e, spesso, anche nella Chiesa. Il percorso di avvicinamento al Giubileo nelle parole e nelle azioni di Francesco, ultimo il viaggio in Corsica, è stata invece una sollecitazione a cominciare ad occuparsi finalmente di speranza, in chiave personale e collettiva, a pensare possa esistere altro oltre al bene individuale di chi, nonostante e contro tutti, comunque ce la fa.

Francesco invita con il Giubileo a misurare possibilità e idee, elaborazioni e azioni, per un altro orizzonte. Non vuole un Giubileo concepito come teoria di grandi eventi, anche se essi saranno inevitabili, ma un Giubileo che metta alla prova l’umanità sul futuro, che faccia tesoro dei drammi del passato, dei legami drammatici e ingiusti che hanno portato al rancore tra popoli e individui. Vuole un Giubileo che aiuti a guardare al futuro senza pessimismo e scetticismo e ad andare incontro alle persone senza un braccio legato dietro alla schiena, un Giubileo, ha scritto nella Lettera di tre anni fa, definito da «dimensione spirituale» e «carità operosa».

Nella Bolla di indizione c’è tutto, un programma da osservare giorno per giorno nei pensieri e nelle azioni. Rileggerlo prima di varcare la Porta Santa, fisicamente a Roma o nascostamente nel proprio cuore, è il miglior modo per essere «Pellegrini di speranza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA