Cronaca
Venerdì 12 Ottobre 2018
Bossetti, conclusa l’udienza
Attesa per il verdetto, arriverà stasera
La battaglia processuale è giunta all’ultimo atto. L’udienza si è conclusa intorno alle 18 e la corte si è ritirata in camera di consiglio. Ora c’è attesa per il verdetto che comunque arriverà entro venerdì.
La Suprema Corte riesamina il caso del muratore di Mapello e i suoi avvocati, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, in un ricorso di 600 pagine, chiedono che l’ultima sentenza al carcere a vita sia annullata.
Ore 18 - Si è conclusa l’udienza. Ora la Corte si è ritirata in camera di consiglio annunciando che darà lettura del verdetto appena conclusi i lavori, non hanno anticipato l’orario ma hanno detto chiaramente che la decisione non verrà rimandata a domani.
Ore 15 - Si è concluso l’intervento del sostituto procuratore generale Mariella De Masellis. Una lunga requisitoria, durata circa due ore.Il procuratore ha chiuso, con la voce rotta dalla commozione, chiedendo la conferma della condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, «che senza alcun ragionevole dubbio ha aggredito Yara e l’ha lasciata morire sola in un campo».
Massimo Bossetti è finito in carcere il 16 giugno 2014, dopo che le analisi biologiche hanno stabilito la piena corrispondenza tra il suo Dna e quello estratto dalla traccia biologica trovata sugli indumenti di Yara Gambirasio. A questo risultato gli inquirenti sono arrivati dopo più di tre anni di indagini, da quando il Dna di “Ignoto 1” è stato isolato nei laboratori dei Ris di Parma. Il lavoro congiunto di polizia e carabinieri, coordinati dal pm Letizia Ruggeri, ha portato all’individuazione del presunto padre dell’assassino, Giuseppe Benedetto Guerinoni, di Gorno, autista di pullman, però deceduto nel 1999. A lungo si è cercata la madre, fino a individuarla all’interno di un elenco di 532 nomi, in buona parte donne emigrate dalla Val Seriana all’Isola Bergamasca, a cui era stato prelevato un campione salivare per il test del Dna. Quella donna si chiamava Ester Arzuffi, la madre di Massimo Bossetti, morta nell’aprile di quest’anno, a 71 anni, a causa di una malattia. Un finto test dell’etilometro permise ai carabinieri di acquisire un campione salivare di Bossetti, che, analizzato, diede la conferma della corrispondenza con Ignoto 1 e fece scattare il fermo.
In questa timeline vi proponiamo tutte le tappe del caso dalla scomparsa di Yara fino al processo d’appello.
GLI AVVOCATI - «In Cassazione più che ragionare sulla colpevolezza o meno di Massimo Bossetti – sottolinea uno dei suoi legali, Claudio Salvagni – si deve stabilire se la sentenza è logica e ottenuta secondo le regole processuali, oppure no. La nostra risposta sul punto è un secco no. La sentenza di condanna nei confronti di Bossetti non è logica e non rispetta le regole, perché non è mai stato concesso all’imputato di difendersi nella sostanza. Abbiamo chiesto una perizia sul Dna e non ci è stata concessa. Non solo: già nell’aprile del 2015, in sede di udienza preliminare, avevamo chiesto l’incidente probatorio. Se fosse stato concesso, avremmo scelto di essere giudicati con rito abbreviato, sia in caso di conferma delle analisi del Ris, sia che queste fossero state smentite. A luglio 2015 tutto poteva essere finito, invece si è scelto di non fare chiarezza».
Secondo Salvagni la prova del Dna non sarebbe affatto «certa» e «inconfutabile», come la definisce la Corte d’appello nella sentenza in cui conferma l’ergastolo per il muratore di Mapello. «Le analisi del Dna mitocondriale, anziché confermare, contraddicono i risultati delle analisi genetiche. O ci spiegano il motivo, oppure siamo di fronte a una contraddizione insormontabile. Siamo inoltre convinti che le analisi siano state svolte senza rispettare le best practice approvate dalla comunità scientifica internazionale. Basti pensare all’utilizzo di kit scaduti per le analisi». Per la difesa, la sentenza di condanna di Bossetti andrebbe annullata: «Un annullamento con rinvio, se i reperti ci sono ed è possibile compiere nuove analisi genetiche. O addirittura un annullamento senza rinvio, se è vero, come dice la sentenza d’appello, che il materiale biologico per le analisi è finito. Come nel caso del delitto Kercher: la sentenza di Cassazione che ha assolto Amanda e Raffaele potrebbe essere tranquillamente trasferita nel caso Bossetti, basterebbe cambiare la prima pagina».
Di avviso totalmente opposto sono i legali della famiglia Gambirasio, parte civile nel processo: «Il caso Meredith – osserva l’avvocato Andrea Pezzotta, che con il collega Enrico Pelillo assiste i genitori di Yara – è completamente diverso: c’era solo una piccola traccia di Dna attribuita a Raffaele Sollecito su un gancetto del reggiseno della vittima, ma in quantità talmente esigua da impedire ripetizioni delle analisi, oltre al fatto che c’erano molti dubbi su come il reperto fosse stato conservato, al punto da inficiare la validità del risultato dei test. Nel caso di Bossetti, invece, ben 71 analisi su 104 confermano la presenza del suo Dna sugli indumenti della vittima».
Riguardo agli argomenti che la difesa dell’imputato sottoporrà agli ermellini, Pezzotta è tranchant: «Si tratta della riproposizione di istanze già portate all’attenzione dei giudici nella fase cautelare, oltre che in primo e secondo grado. In tutti i casi, da tutti i giudici, sono state sempre respinte. Insisteremo affinché vengano respinte anche questa volta, in via definitiva».
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