Vita da scienziato al Cern di Ginevra. E un contratto di lavoro da sogno

LA STORIA . Giuseppe Mazzola, una laurea in ingegneria nucleare e la candidatura a ricercatore avanzata quasi per caso: «L’idea è proseguire con un dottorato di altri tre anni».

Mentre ascolto Giuseppe parlare di ioni, protoni e materia oscura, mi vengono in mente i protagonisti della serie Tv «The Big Bang Theory», ciò che mi sembra l’unico punto di incontro con il suo mondo. Giuseppe, che non è un «nerd», la conosce, però non l’ha mai seguita. Eppure il suo lavoro al Cern di Ginevra, e la comunità di giovani ricercatori provenienti da svariate latitudini, in qualche modo ricordano gli scienziati di «The Big Bang Theory», che per quoziente intellettivo e per la particolare natura del loro lavoro formano un gruppo a sé, con passioni condivise come il cibo thai, i fumetti e «Star Trek».

giovane bergamasco, nell’apprendere da un amico che aveva fatto un’esperienza di «Fellowship» (simile al contratto da ricercatore in Italia) al Cern, si è detto: «Perché non provare a candidarmi anch’io?». «Di posizioni aperte ce n’erano - racconta - e mi sono proposto senza poi pensarci più troppo».

Una passione non comune

Giuseppe assicura che quando è a cena con la sua ragazza Teresa - spagnola, ingegnere, lavora al Cern, dove si occupa di disegno meccanico per la strumentazione che misura il fascio di particelle - non parla di lavoro. Ma parla in inglese, che è la lingua utilizzata all’interno del centro, per quanto si trovi in territorio svizzero. Che cosa ha portato Giuseppe Mazzola, a soli 25 anni (oggi ne ha 27), da Bonate Sopra a Ginevra è, in primis, una passione non comune per la scienza, in secundis, come spesso avviene, il caso. Già, perché il giovane bergamasco, nell’apprendere da un amico che aveva fatto un’esperienza di «Fellowship» (simile al contratto da ricercatore in Italia) al Cern, si è detto: «Perché non provare a candidarmi anch’io?». «Di posizioni aperte ce n’erano - racconta - e mi sono proposto senza poi pensarci più troppo».

La sua giornata tipo al Cern, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, consiste in otto ore di lavoro - Giuseppe ha un contratto di tre anni da ricercatore e uno stipendio impensabile nel nostro Paese - davanti al Pc. Suddivisi in vari gruppi, i ricercatori lavorano a diversi esperimenti. Mazzola si trova in un gruppo di una trentina di persone

E invece la risposta arriva e Giuseppe è chiamato a sostenere una serie di «interview»: quattro colloqui, i primi due quando è ancora un laureando. Il bambino che sognava di diventare cuoco, negli anni si è sempre più appassionato di matematica e di materie scientifiche, che lo hanno portato, da adolescente, a iscriversi al liceo scientifico «Maironi da Ponte» di Presezzo, poi alla facoltà di Ingegneria fisica del Politecnico di Milano dove ha conseguito la laurea triennale e infine alla facoltà di Ingegneria nucleare dove ha ottenuto la laurea magistrale.

«Quando mi hanno comunicato che ero stato preso - dice - sono corso a casa per dirlo ai miei, ma mio padre era al lavoro e ho aspettato che rientrasse per condividere la notizia con entrambi». Non una parola a riguardo con la madre per tutto il pomeriggio (cosa che a pochi sarebbe riuscita) e la soddisfazione di vedere l’orgoglio sul volto dei genitori, anche se poi è subentrata la preoccupazione all’idea che andasse all’estero. Del resto Giuseppe già da un anno aveva lasciato Bonate per Pavia, dove si trova il Cnao, ovvero il Centro nazionale di adroterapia oncologica: qui ha messo a punto la laurea magistrale. Il Centro è uno dei sei al mondo - e l’unico in Italia - che utilizza gli ioni carbonio, ovvero le particelle più potenti per il trattamento dei tumori resistenti alla tradizionale radioterapia o non operabili. La tecnologia alla base è la stessa che c’è al Cern: un sincrotrone, vale a dire un anello di 25 metri di diametro e 80 metri di circonferenza collocato in un bunker di 1.600 metri quadrati, al cui interno nascono i fasci di particelle necessari per effettuare le sedute di adroterapia. Dobbiamo immaginare Giuseppe davanti a un computer intento nella simulazione per la modellazione di una nuova sala di trattamento nel rispetto dei criteri di protezione dall’esposizione alle radiazioni sia per gli operatori, sia per il pubblico. Una sala che, ad oggi, è in fase di realizzazione.

Esperimenti al Pc

La sua giornata tipo al Cern, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, consiste in otto ore di lavoro - Giuseppe ha un contratto di tre anni da ricercatore e uno stipendio impensabile nel nostro Paese - davanti al Pc. Suddivisi in vari gruppi, i ricercatori lavorano a diversi esperimenti. Mazzola si trova in un gruppo di una trentina di persone - gli italiani che lavorano con lui non sono molti - che si occupa di simulazioni computazionali necessarie per la progettazione e la verifica di dispositivi, ad esempio target e dump, essenziali per futuri esperimenti al Cern.

La materia non è facilmente masticabile per i non addetti ai lavori e Giuseppe offre questa spiegazione: «I target sono materiali su cui si focalizza il fascio di particelle per generarne di nuove e “oscure”. La loro progettazione richiede una scelta precisa dei materiali e delle configurazioni per massimizzare la produzione desiderata e, al tempo stesso, gestire in modo sicuro ed efficiente l’energia del fascio, proteggendo l’apparato sperimentale e il personale da possibili esposizioni a radiazioni». E ancora: «Attraverso l’utilizzo di software sofisticati necessari per modellare e ottimizzare questi componenti critici, le simulazioni permettono di prevedere il comportamento delle particelle e dei materiali, riducendo la necessità di costosi esperimenti preliminari».

In sostanza, «questo lavoro non solo avanza la conoscenza scientifica - dice il giovane ricercatore bergamasco -ma migliora anche l’efficienza e la sicurezza degli esperimenti, accelerando il progresso della fisica delle particelle e avvicinandosi a possibili nuove scoperte, come la materia oscura». E al tempo stesso «le tecniche sviluppate per queste simulazioni possono trovare applicazioni in altri campi della scienza e dell’ingegneria, dimostrando l’interdisciplinarità e l’ampia rilevanza di queste ricerche».

«Questo lavoro non solo avanza la conoscenza scientifica - dice il giovane ricercatore bergamasco -ma migliora anche l’efficienza e la sicurezza degli esperimenti, accelerando il progresso della fisica delle particelle e avvicinandosi a possibili nuove scoperte, come la materia oscura»

Nella squadra di basket

Tornando a questioni più terrene, il salto dal Belpaese alla patria del cioccolato «è stato ok», per dirla con Giuseppe, molto parco di parole. Anche perché «c’erano già persone che conoscevo». L’ambiente, assicura Giuseppe, «è molto giovanile e informale». In più ha avuto modo di continuare a praticare il suo sport preferito, ovvero il basket (gioca a pallacanestro da quando aveva nove anni), entrando a far parte del Cern Basketball Club. Gli splendidi paesaggi svizzeri ben si adattano a passeggiate immerse nel verde - o nella neve, a seconda della stagione - e a corse in bicicletta. «Uscendo dalle città si incontra molto verde: ci sono piccoli paesi di montagna molto distanti tra loro, con poche case. Sono luoghi molto tranquilli, che a volte si possono raggiungere solo con il treno, perché le strade sono poco praticabili».

Come per ogni «expat», ciò che manca a Giuseppe è l’ambiente, gli amici, ma «non ci soffro drammaticamente». E, da buon italiano, a volte gli manca il gustarsi una pizza: «In Svizzera si trovano anche pizze buone, ma una buona “Margherita” al ristorante costa intorno ai 22 euro».

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