Bergamo senza confini / Valle Seriana
Domenica 04 Luglio 2021
«Qui Liverpool: alla scuola d’inglese
ero uno stagista, adesso il manager»
«In Inghilterra si premia il merito» racconta Simone Amaglio, il 28enne di Rovetta, da 5 anni in Gran Bretagna. Sta per ultimare un master finanziato dal governo. Un desiderio costante di viaggiare e di esplorare. Spinto da questo, Simone Amaglio ha intrapreso la prima esperienza all’estero, nel 2013,con un Erasmus in Spagna, e da lì non si è più fermato. Dal 2016 si è infatti stabilito a Liverpool, dove lavora come manager presso una scuola di inglese della città.
«Affascinato dall’esperienza Erasmus di mia sorella quando ero ragazzino – commenta il giovane, che ha ottenuto la laurea triennale in Scienze linguistiche –, ho sempre immaginato me stesso in un altro Paese e la nostra valle mi è sempre stata un po’ stretta. Inoltre sono sempre stato incuriosito dal “diverso” a livello linguistico e culturale. Dopo l’esperienza Erasmus in Spagna, al secondo anno di triennale, ho fatto tutto il terzo anno in Gran Bretagna, lavorando come stagista in una scuola di inglese e in un hotel per pagarmi le spese. Finita la triennale, mi sono trasferito in Spagna a lavorare in un bar nella città dove avevo trascorso il mio Erasmus. Sono poi tornato a vivere in Gran Bretagna, dal settembre 2016, quando ho deciso di iscrivermi a un master alla “Liverpool John Moores University”».
«Nonostante il pessimo clima e la scarsa tradizione culinaria – prosegue il 28enne – l’Inghilterra rimane un ottimo Paese dove potersi avventurare a livello lavorativo. Qui vige la meritocrazia e finchè dimostri di lavorare duro e avere le capacità di fare bene vieni premiato. L’ho visto e provato in prima persona. La decisione di tornare nel Regno Unito è stata dovuta alla consapevolezza di aver potuto trovare facilmente un lavoro, venire retribuito bene qualunque fosse stato il lavoro e poter studiare al master finanziato da un prestito offerto dal governo inglese. Sorprendentemente, dopo un paio di mesi, ho trovato lavoro in una scuola di inglese come receptionist e da lì, grazie a quel sistema meritocratico che esiste qui, sono ora uno dei manager della scuola. Il mio ruolo, e quello del mio team, è di organizzare vacanze studio per studenti singoli o gruppi, assicurandoci che vivano l’esperienza migliore possibile. Ci prendiamo cura dello studente dal momento che mette piede in Gran Bretagna sino al momento in cui sale sull’aereo per tornare a casa. A scuola ho avuto l’opportunità di conoscere ragazzi da tutto il mondo e di sentire le loro storie, progetti e sogni e condividere le mie avventure con loro».
Nel frattempo, nella testa del rovettese, frullano nuovi progetti. «Il 4 settembre saranno cinque anni che vivo a Liverpool – confessa –, città che ormai è diventata casa. Nonostante sia innamorato di questo posto, mi sono trasferito a Las Palmas, a Gran Canaria, per scappare dal lockdown inglese; lì ho lavorato in smart working per nove mesi. Ora l’esperienza è da poco finita e sono rientrato a Liverpool per motivi di lavoro, e di crescita personale e professionale. L’Italia non è un’opzione al momento, principalmente per una questione personale non tanto lavorativa. Mi piace vivere all’estero e vivere da expat, essere il “diverso”».
Le differenze tra la città che ha dato i natali ai Beatles e il paesino dell’Alta Valle Seriana sono sicuramente parecchie.
«Considerando il mio paesello di origine – sottolinea Simone Amaglio – le differenze sono molte. La città non è una metropoli enorme eppure offre tutto ciò di cui ho bisogno, a Rovetta invece ti senti spesso limitato e vincolato dalla mancanza di servizi a disposizione. La questione cibo è una delle domande più frequenti quando si torna in Italia: trovate prodotti italiani? riuscite a mangiare bene? Ovviamente ci si adatta a ciò che il luogo offre e posso garantire che la scelta è varia e ottima. Si trova qualsiasi tipo di cucina, cosa che a Rovetta ovviamente non è possibile. Nei momenti in cui ti manca quel piatto bergamasco che non mangi da mesi posso solo contare su due cose: o il box di cibo inviato da casa - grazie mamma - o le mie capacità culinarie. A casa nostra offriamo il migliore, e probabilmente unico, brasato con polenta di Liverpool. Nel tempo libero mi affido a ciò che la città ha da offrire in tema di intrattenimento: un’immensa scelta di pub, cocktail bar, speak-easy bar. In assoluto la migliore vita notturna dell’Inghilterra. Durante le giornate soleggiate si passa il tempo nei parchi della città o se, il termometro lo permette si va in spiaggia, a soli 20 minuti di treno dal centro. Ciò che mi manca di casa è il fatto di avere le montagne letteralmente a due passi. Amo andare in montagna e fare snowboard, di conseguenza si soffre la mancanza di piste da sci o vette da scalare a portata di mano».
«Ciò che invece apprezzo in assoluto di più di Liverpool è l’apertura mentale che esiste qui e la forte identità della città – spiega –. L’accento è tremendo e ci si mette un bel po’ a ingranare con gli autoctoni a livello linguistico, ma una volta che si inizia a capirsi, risultano essere delle persone squisite, molto più amichevoli che nel Sud dell’Inghilterra. Liverpool è una città di cultura, musica e calcio e una volta qui è facile percepire che è molto di più che una qualsiasi città. A partire dai primi anni del duemila la città è stata trasformata a livello urbanistico. Dopo la nomina di capitale della cultura europea nel 2008, il centro città ha cambiato volto completamente. Se passeggi per il centro ti sembra di essere in una qualsiasi capitale europea, molto moderna e con pochi richiami alla tradizione inglese. Al contrario la periferia rimane molto legata agli standard britannici. Da città portuale qual è, Liverpool ha sempre goduto di una fama non troppo positiva e la trasformazione iniziata negli ultimi vent’anni è un chiaro segno di volerle dare una nuova immagine».
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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