Paolo, chef tra gli stellati in giro per il mondo

LA STORIA. Paolo Cortinovis, a 32 anni executive chef . La passione nata grazie alle pietanze delle nonna. Poi le tappe a Bilbao, tra le Alpi francesi e a New York.

Dietro i fornelli, e che fornelli, in giro per il mondo. Potremmo riassumere così la storia, fino a oggi, di Paolo Cortinovis, giovane bergamasco che ha intrapreso una carriera che lo ha portato a scoprire il mondo, con una passione che ha radici profonde nella sua infanzia e che lo ha spinto a esplorare la cucina a livelli stellati. Nato il 19 luglio 1992 a Bergamo, Paolo è cresciuto in una famiglia in cui il cibo non è solo nutrimento, ma un simbolo di amore e convivialità, trasmesso dalla figura della nonna Marisa, chef di origini umbre e napoletane. «Ricordo ancora quando, da piccolo, mi trovavo davanti alla spianatoia, un grande tagliere di legno coperto da polenta condita con un ragù di carne alla napoletana cotto per ore e ore. Il ragù era una preparazione ricca e saporita, fatta con pomodoro e tagli di carne di maiale e di vitello, come costine, salsicce, arista e involtini, a completare il tutto, c’era sua maestà il Parmigiano Reggiano. Questo ricordo non è legato a un piatto lussuoso o ingredienti costosi, ma ad un’idea: quella della condivisione. Spesso, a tavola dalla nonna, non si conoscevano nemmeno tutti i commensali. Era tutto una scoperta, ma la certezza era di gustare sapori che riempivano il cuore e la pancia», racconta Paolo.

A Padova a «Le Calandre»

Questo ricordo, legato a un piatto rustico ma ricco di significato, è stato l’inizio di una passione che avrebbe preso forma nel corso degli anni. Dopo aver frequentato l’Ipssar Alfredo Sonzogni di Nembro, Paolo si è diplomato nel 2011 e ha deciso di seguire il suo cuore: la cucina. I suoi primi passi professionali lo hanno visto lavorare come aiuto chef nei ristoranti bergamaschi, ma la sua curiosità lo ha poi spinto a cercare esperienze più stimolanti in ristoranti più rinomati, allontanandosi dalla sua città natale. La sua carriera è decollata quando, nel 2015, approda a Le Calandre di Massimiliano Alajmo, ristorante tre stelle Michelin a Padova, dove la sua formazione culinaria prende una piega innovativa grazie all’insegnamento del «concetto di cucina bambinesca». «Alajmo mi ha insegnato che la cucina può essere anche un gioco, un luogo dove la creatività e la tecnica si fondono per suscitare emozioni. Il cibo diventa un linguaggio, un modo per trasmettere qualcosa di profondo, qualcosa che va oltre il semplice nutrirsi», afferma Paolo.

L’ospitalità alla Brughiera

«Ho trascorso anche tre anni fondamentali all’Osteria Della Brughiera di Stefano Arrigoni, a Villa d’Almè. Stefano, con il suo grande charme e la sua capacità di far sentire gli ospiti a casa, mi ha trasmesso un profondo amore per la cultura gastronomica, l’arte e il bello. Questo luogo ha completato il mio percorso formativo e rappresenta senza dubbio uno dei capitoli più belli della mia vita. È stato infatti, non solo un periodo di crescita professionale, ma anche personale: è qui che ho conosciuto la mia splendida compagna, Beatrice Arrigoni». Nel 2018, il suo percorso lo ha poi portato a Senigallia, al ristorante La Madonnina del Pescatore, dove ha lavorato con Moreno Cedroni, chef due stelle Michelin. Qui, Paolo approfondisce la sua conoscenza del pesce, del salume di pesce e della tradizione gastronomica che caratterizza la cucina marchigiana. «Il pesce era la base di molti piatti, ma il lavoro che ci mettevamo, la cura nei dettagli, faceva la differenza. Il mare non era solo un ingrediente, ma un mondo intero da scoprire», spiega Paolo. L’esperienza marchigiana ha arricchito il suo bagaglio tecnico, ma è stata anche un incontro con il lato più emotivo e intimo della cucina.

Nel frattempo, l’ambizione di esplorare orizzonti sempre più vasti ha spinto Paolo a intraprendere un’altra avventura a livello internazionale. Nel 2017 ha lasciato l’Italia per recarsi a Bilbao, dove è entrato a far parte della brigata del ristorante Azurmendi, tre stelle Michelin, guidato da Eneko Atxa. Qui la cucina basca, con la sua attenzione per gli ingredienti locali e la sua innovazione, diventa la sua nuova scuola. «Azurmendi è stato un punto di riferimento: ho imparato a lavorare con precisione e con una disciplina che non avevo mai sperimentato prima. La cucina basca è forte della sua identità, ma sa anche guardare al futuro», racconta Paolo. In Spagna, Paolo è entrato in contatto con una brigata internazionale, dove la diversità culturale diventa una risorsa preziosa. «Eravamo in 40 cuochi, provenienti da ogni parte del mondo. Questa diversità è diventata una delle mie fortune, perché mi ha insegnato a lavorare in un ambiente dove ogni giorno si apprende qualcosa di nuovo, non solo dal punto di vista tecnico ma anche umano», aggiunge.

Guardando al futuro, Paolo non ha ancora preso una decisione definitiva. La sua carriera potrebbe portarlo a tornare a lavorare all’estero, ma il suo cuore è anche in Italia, dove è rientrato da poco dopo aver appena concluso un’esperienza da Executive Chef a Ibiza per il ristorante Amalur

Sulle Alpi francesi nel 2019

Nel 2019, una nuova tappa della sua carriera lo ha portato a Courchevel, sulle Alpi francesi, per lavorare con Yannick Alléno, chef pluristellato e maestro della cucina francese. A Courchevel, Paolo approfondisce le tecniche legate alle salse espresse, un aspetto fondamentale della cucina francese. «In Francia ho capito che la cucina è un’arte che si costruisce su piccole cose, su tecniche che sembrano invisibili, ma che sono fondamentali per creare piatti perfetti. È una cucina che si concentra meno sui primi piatti, come avviene in Italia, e molto più sui piatti principali, le proteine e i vegetali», osserva Paolo. Nel 2023, Paolo si è poi trasferito a New York, una città che ha rappresentato una sfida enorme ma anche una fonte di opportunità. «New York è una città che non dorme mai. È un luogo dove tutto è possibile, dove anche le idee più folli possono diventare realtà. Iniziare da zero in una città così dinamica è difficile, ma ogni giorno è una nuova possibilità», afferma Paolo. A New York, Paolo ha lavorato al ristorante Aska, con due stelle Michelin, dove il suo approccio alla cucina scandinava e alle sue tecniche lo ha arricchito ulteriormente. «La cucina scandinava mi ha insegnato a guardare il cibo con occhi diversi. L’uso dei prodotti locali, il rispetto per le stagioni e la creatività nella preparazione sono stati aspetti fondamentali che mi hanno ispirato», racconta.

Nonostante l’impegno lavorativo, Paolo non ha mai dimenticato le sue radici italiane. Ogni viaggio all’estero, ogni tappa della sua carriera è stata anche un’occasione per riflettere su ciò che rende unica la cucina italiana e sul valore delle tradizioni. «In Italia c’è un legame indissolubile tra la cucina e la famiglia. Ogni piatto racconta una storia, ogni ingrediente ha un significato profondo. Mi manca quella connessione emotiva con il cibo che solo l’Italia sa offrire», ammette. Guardando al futuro, Paolo non ha ancora preso una decisione definitiva. La sua carriera potrebbe portarlo a tornare a lavorare all’estero, ma il suo cuore è anche in Italia, dove è rientrato da poco dopo aver appena concluso un’esperienza da Executive Chef a Ibiza per il ristorante Amalur. «Il mio obiettivo è quello di trovare un progetto che unisca cibo, bellezza e convivialità. Voglio far arrivare a tutti il messaggio che la cucina può essere un mezzo per emozionare e raccontare storie», conclude Paolo.

Bergamo senza confini

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA